Uno stallo lungo due anni per dei centri di ricerca, pensati come un’eccellenza, ma che al momento sono degli oggetti misteriosi. Il biotecnopolo di Siena (btp) e il centro antipandemico (cnap), istituiti nel 2021, non hanno ancora avviato la loro attività, nonostante possano contare sul gotha della ricerca, come il premio Nobel per la fisica, Giorgio Parisi, che è uno dei consiglieri, e Rino Rappuoli, in prima linea nel campo della ricerca degli anticorpi monoclonali, indicato come direttore scientifico. Il bilancio è al momento magro: non è partito il reclutamento del personale, non sono stati lanciati i progetti e l’unico bando concluso, lo scorso 5 ottobre, è quello per l’affidamento del servizio di tesoreria.

E dire che al ministro della Salute, Orazio Schillaci, dovrebbe interessare, eccome, spingere sul progetto. A metterci una toppa è la collega, la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, all’opera per un cambio dello statuto e provare a dare la scossa. Anche perché non si può altro perdere altro tempo. In ballo c’è un corposo stanziamento a disposizione: in totale sono 376 milioni di euro, di cui 340 milioni solo per il centro antipandemico. Passato il Covid, insomma, l’innovazione sanitaria è finita in secondo piano. Un’evoluzione che non sorprende: è in linea con una destra, da Fratelli d’Italia alla Lega, che ha sempre vissuto con insofferenza i tempi della pandemia.

Resistenze incrociate

Già ad aprile la ministra Bernini aveva parlato di un possibile sblocco della vicenda. Le resistenze al progetto sono state numerose, soprattutto per interessi politici locali, e non solo. Le ricadute positive sul territorio senese porteranno benefici in termini di occupazione e di crescita. Per la destra non è il massimo. Si parla di una regione, la Toscana, attesa nel 2025 da elezioni delicate. La sindaca della città, Nicoletta Fabio (centrodestra), ha infatti chiesto un maggiore coinvolgimento, facendo capire che le cose non piacevano così come erano, trovando la sponda di alcune realtà aziendali locali.

Il biotecnopolo di Siena e il centro antipandemico sono stati fondati con l’obiettivo, super partes, di diventare un hub per la ricerca, lo sviluppo e la produzione di vaccini e per la cura di future epidemie e pandemie. L’Italia, nelle intenzioni del governo Draghi, avrebbe dovuto compiere un salto per non essere costretta a seguire sempre gli altri paesi sull’innovazione sanitaria. L’esperienza dei colossi farmaceutici internazionali, che hanno dettato legge sui vaccini anti-Covid, aveva insegnato la necessità di investire sulla ricerca. In caso di arrivo di nuovi virus, servono degli organismi all’avanguardia. Nel comitato scientifico sono stati inseriti dei luminari delle loro materie, a cominciare dal presidente del consiglio superiore della Sanità, Franco Locatelli, uno dei volti più noti durante le ondate di Covid, all’attuale presidente dell’Aifa, Giorgio Palù, oltre agli incarich i dati a Parisi e Rappuoli.

Ma molti di questi profili non sono proprio nelle grazie di Palazzo Chigi, nonostante tra i fondatori dei due centri ci siano il ministero dell’Università e della ricerca, il dicastero della Salute, insieme al Mef e al ministero delle Imprese e del made in Italy. Il progetto è stato travagliato per vari problemi: ha subito un rallentamento a causa della crisi di governo, che ha portato alla caduta di Draghi, e delle successive elezioni. L’insediamento dell’esecutivo di Meloni non ha portato accelerazioni. Anzi, è trascorso oltre un anno. Così, molto a rilento, è stato così votato il presidente, il chirurgo Marco Montorsi, che però non ha potuto fare granché in assenza degli strumenti normativi per rendere esecutivi i centri e senza avere una struttura operativa sotto di sé.

Due anni di stop

Il risultato? «Dopo due anni dall'istituzione della fondazione e del centro antipandemico non c'è ancora traccia dei regolamenti, dei piani operativi e di quant'altro serve per avviare concretamente le attività», denuncia un’interrogazione a Bernini e Schillaci, presentata dal deputato del Pd, Marco Furfaro.

«Il Pd chiede di sbloccare al più presto la realizzazione del progetto», dice il parlamentare dem a Domani. Una spinta affinché non resti tutto lettera morta.Il nuovo statuto è, secondo quanto si apprende, comunque in fase di avanzata stesura negli uffici del ministero dell'Università. Dovrebbe essere completato nei prossimi giorni, la bozza è già pronta. La nuova governance prevederà la figura di un direttore amministrativo, decisiva per sbloccare l’impasse. Del resto, già la ministra Bernini aveva anticipato le intenzioni: «Stiamo cambiando lo statuto per renderlo più adeguato alle esigenze dei territori in modo da creare un contatto tra locale e internazionale, integrandolo con personalità di alto livello».

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