Vittorio Sgarbi rischia grosso. All’orizzonte per lui non c’è altra via d’uscita che il passo indietro, la questione da decidere è soltanto quando. La situazione del sottosegretario si fa sempre più cupa: in un solo anno di governo è riuscito a trascinare l’esecutivo in uno scandalo per consulenze parallele alla sua attività di sottosegretario e in una lunga serie di gaffe sessiste e inappropriatezze di vario tipo. Infine, per ultimo, la storia che ha mandato in onda Report su un quadro da lui esposto a Lucca, che però sarebbe un rubato.

La vicenda sarebbe poi precipitata in un’indagine a suo carico per furto di beni culturali rivelata dal Fatto quotidiano, anche se il sottosegretario sostiene di non aver ancora ricevuto un avviso di garanzia. Non sarà però l’apertura di un fascicolo a carico di Sgarbi a fare la differenza. I precedenti nel partito della premier sono infatti troppi perché il sottosegretario possa essere convinto alle dimissioni per motivi etici: Sgarbi non esiterebbe a evocare i numerosi indagati meloniani, che di fronte a un suo addio dovrebbero dimettersi il giorno successivo. «A quel punto, cacciare Santanchè sarebbe solo l’inizio» spiega un deputato del partito della presidente.

Attesa

Fratelli d’Italia per il momento non ha quindi intenzione di liberarsi del critico d’arte: «Farebbe paradossalmente più rumore mandarlo via oggi» dice un parlamentare di FdI. Il resto lo ha fatto il Movimento 5 stelle presentando una mozione di revoca del sottosegretario alla Camera: «Il modo migliore per blindare Sgarbi» commenta un deputato. Anche i dissidi con Forza Italia dopo la pubblicazione degli audio di Andrea Giambruno, ex compagno della premier, sembrano ormai alle spalle, anche se il mezzo per un’eventuale ritorsione non sarebbe comunque Sgarbi, spiegano dal partito: «Vittorio non è un uomo di Forza Italia, né di Mediaset, né un amico della famiglia Berlusconi. Non è quello il modo di fargli male, ammesso che ce ne sia volontà». Insomma, per il momento nulla si muove, ma a palazzo Chigi aspettano i prossimi mesi, consapevoli che avranno presto tutti gli elementi necessari per cacciare il sottosegretario dal suo incarico.

A prescindere dagli sviluppi dell’indagine giudiziaria, il punto di svolta sarà il pronunciamento dell’antitrust sul caso degli introiti paralleli alla sua attività di sottosegretario resi noti con lettera anonima al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano inviata a fine ottobre. La decisione dovrebbe arrivare tra febbraio e marzo e a quel punto Meloni deciderà il da farsi: prima di allora il ministro non muoverà un dito, nonostante tra lui e Sgarbi non sia mai corso buon sangue. La vicenda delle consulenze ha devastato un rapporto già incrinato: Sangiuliano ha sempre sofferto l’imposizione del critico d’arte al suo ministero e da quando il ministro ha inoltrato le segnalazioni della lettera anonima all’authority i due si evitano e non si parlano nemmeno più. Sangiuliano dunque scalpita per liberarsi finalmente della spina nel fianco che Sgarbi ha rappresentato per lui in questo primo anno di governo ma aspetterà le indicazioni della premier prima di agire.

Le speranze di Forza Italia

Ma l’ex direttore del Tg2 non è l’unico che non sentirebbe la mancanza del sottosegretario. Anche dalle parti di Forza Italia l’idea di avere una nuova poltrona da assegnare a un nome più affidabile della compagine azzurra invece di dover subire le peripezie dell’umorale Sgarbi non dispiacerebbe affatto. Il critico d’arte non è infatti stato eletto nelle liste di FI – era candidato con Noi moderati, ma ha mancato il ritorno in parlamento – ed è finito nel sottogoverno «in quota sé stesso» scherza un parlamentare. «Ora che è morto Berlusconi padre, nessuno lo protegge più, né nel partito né nella famiglia. Il suo destino è segnato» aggiunge una fonte familiare con la vicenda. Insomma, Forza Italia non si straccerà le vesti per proteggerlo, e una volta che l’antitrust si sarà pronunciata – dalle parti del ministero della Cultura sospettano già che il giudizio non sarà favorevole a Sgarbi – non ci saranno più ostacoli alla sua rimozione.

Resta soltanto da verificare la tempistica. Meloni potrebbe scegliere di intervenire direttamente dopo la decisione dell’authority oppure rimandare per non alterare gli equilibri della maggioranza nel governo. L’altra soluzione sarebbe aspettare le elezioni europee: dopo il voto si preannuncia già un rimpasto di governo, e quella di Sgarbi «è una delle teste che cadrà per certo» si sussurra nei corridoi della sede di FdI in via della Scrofa.

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