«In modo sostanzialmente unanime, pur nella differenza delle prospettive di ciascun continente, tutte le Assemblee continentali invitano a prestare attenzione all’esperienza, allo status e al ruolo delle donne». È questo uno dei passaggi chiave presenti nell’Instrumentum laboris, il documento che farà da base alla discussione della fase finale della XVI assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi, questa almeno la definizione ufficiale.

Perché, va sottolineato, Francesco ha già rinnovato l’istituto sinodale per dare vita a una chiesa più collegiale, capace di discutere e prendere decisioni dopo un processo assembleare condiviso che comprende laici, diaconi, sacerdoti.

E sotto questo profilo va ricordato come, lo scorso aprile, il papa abbia aperto la fase finale del sinodo, quella in cui si prendono le decisioni, alla partecipazione e al voto di 70 “non vescovi” (laici e laiche, preti, diaconi), di cui almeno il 50 per cento donne, cui vanno aggiunti «cinque religiose e cinque religiosi appartenenti a istituti di vita consacrata, eletti dalle rispettive organizzazioni che rappresentano le Superiore Generali e i Superiori Generali. In quanto membri hanno diritto di voto».

Insomma, le condizioni per una discussione ampia e approfondita ci sono, tanto che il papa per evitare che tutto si riducesse a una contrapposizione fra  riformatori e tradizionalisti da giocarsi il prossimo ottobre a Roma, ha deciso di dividere la parte finale dell’assise in due sessioni: la prima appunto che si svolgerà il prossimo autunno, la seconda nell’ottobre del 2024; la speranza è che prolungando la discussione e il tempo della riflessione si possano raggiungere soluzioni il più possibile condivise. Il rischio, tuttavia,  è che per l’ennesima volta, il cambiamento venga rimandato a tempi migliori; staremo a vedere, di certo si tratta di un passaggio cruciale per il futuro della chiesa.

La voce delle donne

Sta di fatto, in ogni caso, che il processo sinodale che ha attraversato l’orbe cattolico, ha alcuni punti fermi capaci di accomunare chiese e realtà anche molto distanti fra loro; e qui si registra la prima novità: se fino ad ora a guidare con una certe determinazione il fronte del cambiamento era stata la chiesa tedesca accompagnata da alcune altre chiese dell’Europa continentale, il sinodo ha mostrato che, sia pure con accenti diversi, le stesse istanze sono sostenute dalla maggioranza delle comunità cattoliche a livello globale, tanto da costituire il tessuto comune dell’Instrumentum laboris.

L’accoglienza alle persone Lgbtq, ai divorziati risposati, a chiunque si senta discriminato dentro la Chiesa cattolica, è fra le altre, una questione particolarmente sentita. Come, pure l’esigenza di ridisegnare una chiesa dal volto femminile ponendo fine a una lunga prassi di esclusione e oppressione. Ancora, un’attenzione specifica è stata dedicata dalle chiese particolar alla crisi degli abusi sessuali, mentre da più parti sorge la richiesta di aprire il sacerdozio a uomini sposati e il diaconato alle donne. Importanti pure i riferimenti al magistero sociale: la questione migratoria e quella ecologica hanno, in quest’ambito, la priorità.

Sulla questione femminile si legge fra le altre cose nell’Instrumentum: «Durante la prima fase del Sinodo, le questioni della partecipazione delle donne, del loro riconoscimento, della relazione di mutuo accompagnamento tra uomini e donne, e della presenza delle donne in posti di responsabilità e di governo sono emerse come elementi cruciali della ricerca di come vivere la missione della chiesa in modo più sinodale. Le donne che hanno partecipato alla prima fase hanno espresso con chiarezza un desiderio: che la società e la chiesa costituiscano un luogo di crescita, di partecipazione attiva e di sana appartenenza per tutte le donne».

Ancora si spiega che «la maggior parte delle assemblee continentali e le sintesi di numerose conferenze episcopali chiedono di considerare nuovamente la questione dell’accesso delle donne al diaconato».

Una scelta, quest’ultima, che ha già diviso la chiesa in passato, ma ora si apprende che la maggioranza è per procedere con la riforma. In merito alle tematiche relative alle differenze sessuali, «i documenti finali delle assemblee continentali menzionano spesso coloro che non si sentono accettati nella Chiesa, come i divorziati e risposati, le persone in matrimonio poligamico o le persone Lgbq+;  rilevano altresì come forme di discriminazione a base razziale, tribale, etnica, di classe o di casta, presenti anche nel popolo di Dio, conducano alcuni a sentirsi meno importanti o meno graditi all’interno della comunità».

«Assai diffusa - si afferma ancora - è la segnalazione di come una pluralità di barriere, da quelle pratiche ai pregiudizi culturali, generino forme di esclusione delle persone con disabilità e richiedano di essere superate; emerge anche la preoccupazione che i poveri, a cui in primis è rivolta la ‘buona notizia’, siano troppo spesso ai margini delle comunità cristiane (ad esempio profughi, migranti e rifugiati, bambini di strada, persone senza dimora, vittime della tratta di esseri umani, ecc.)».

Abusi sessuali

Quindi il nodo degli abusi: «infine, i documenti delle assemblee continentali osservano che è necessario mantenere il legame tra conversione sinodale e cura delle vittime e delle persone emarginate all’interno della Chiesa; in particolare danno grande enfasi alla necessità di imparare a esercitare la giustizia come forma di accoglienza di coloro che sono stati feriti da membri della Chiesa, in particolare vittime e sopravvissuti di tutte le forme di abuso».

Sullo stesso tema, in un altro passaggio si osserva: «in numerose regioni, la fiducia nei Ministri ordinati, in coloro che svolgono incarichi ecclesiali, nelle istituzioni ecclesiali e nella Chiesa tutta è minata dalle conseguenze dello scandalo degli abusi compiuti da membri del clero o da persone che svolgevano un incarico ecclesiale: in primo luogo e soprattutto gli abusi su minori e persone vulnerabili, ma anche quelli di altro genere (spirituali, sessuali, economici, di autorità, di coscienza). Si tratta di una ferita aperta, che continua a infliggere dolore alle vittime e ai superstiti, alle loro famiglie e alle loro comunità».

Migranti e poveri

Fra i temi sociali trattati, quello relativo alle migrazioni occupa uno spazio significativo nel testo, segno che il problema ha carattere universale e mobilita le coscienze anche in realtà e comunità ecclesiali lontane e diverse fra loro. «I movimenti migratori - si legge infatti nell’instrumentum laboris - sono un segno del nostro tempo e i migranti sono un “paradigma” capace di illuminare il nostro tempo.

La loro presenza costituisce un appello a camminare insieme, in modo particolare quando si tratta di fedeli cattolici. Invita a creare legami con le chiese dei Paesi di origine e rappresenta una possibilità di sperimentare la varietà della chiesa, ad esempio attraverso la diaspora delle chiese orientali cattoliche».

In questo senso: «Una chiesa sinodale può svolgere un ruolo di testimonianza profetica in un mondo frammentato e polarizzato, soprattutto quando i suoi membri si impegnano a camminare insieme agli altri cittadini per la costruzione del bene comune. Nei luoghi segnati da profondi conflitti, questo richiede la capacità di essere agenti di riconciliazione e artigiani di pace».

Ancora, si rileva come ogni cristiano e ogni comunità siano «chiamati a essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri. Questo comporta anche la disponibilità a prendere posizione a loro favore nel dibattito pubblico, a prestare la voce alle loro cause, a denunciare le situazioni di ingiustizia e discriminazione, senza complicità con coloro che ne sono responsabili».  

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