Trasporti, smart working e scuola vivono un equilibrio instabile per evitare di diffondere il contagio. Con i numeri del Covid-19 che diventano ogni giorno più preoccupanti, le regioni chiedono di lasciare a casa una volta gli studenti una volta i dipendenti pubblici. 

Adesso tocca al ministero della Pubblica amministrazione che a breve emanerà un  decreto per organizzare lo smart working.

Il decreto del presidente del consiglio dei ministri con le misure anti-Covid ha aggiunto un «almeno» che dovrebbe fare la differenza nel percentuale del lavoro da casa, passato dal 50 per cento del decreto Rilancio, ad almeno il 50 per cento del personale della pubblica amministrazione nelle «attività smartabili». In realtà è un segnale più di ottimismo che di concretezza.

Il problema si deve essere presentato da subito, infatti la proposta del ministro Roberto Speranza di fissare il lavoro da remoto al 70-75% che girava il giorno prima del dpcm è scomparsa senza lasciare traccia.

Le attività che si possono svolgere da casa, dicono dal ministero, «coinvolgono come stimato dai sindacati tra i 6-700 mila addetti, potrebbero essere 800 mila su 3.200.000 dipendenti».

Secondo il ministero del Lavoro perciò la misura aggiornata con l’ «almeno» potrebbe coinvolgere tra le 400 e le 500 mila persone da qui a fine anno (sempre se la norma resterà tale). Restano fuori sanità, scuola e forze dell’ordine.

Senza un lockdown generale la prospettiva, secondo il ministero, non può essere diversa, perché vanno resi in presenza tutti i servizi a cittadini e imprese che non si possono svolgere da remoto. Alle attività indifferibili si aggiungono altre che pur essendo accessorie, potrebbero essere fondamentali per il tessuto produttivo che attualmente lavora quasi come prima.

Che stress

Per ridurre il contagio però bisogna decongestionare autobus e metro. Il tavolo della ministra De Micheli si è concluso senza nessuna decisione. In un primo momento le regioni hanno chiesto di lavorare sul contesto per cercare di ridurre le necessità dell’utenza puntando il dito su scuola e pubblica amministrazione. Il presidente della conferenza delle regioni Stefano Bonaccini, che in un primo momento aveva smentito la proposta circolata negli incontri a porte chiuse, questa mattina ha detto in tv che bisogna intervenire sulla scuola: «Se i contagi da coronavirus dovessero ulteriormente aumentare, per non far perdere l'anno scolastico ai ragazzi le soluzioni sono due: o si introduce la didattica a distanza (parziale, totale) o si differenziano gli orari della scuola».

La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, continua a sperare che la Pa possa fare di piu: «Se non vogliamo sacrificare la scuola - ha detto a Radio 1 - si può lavorare per lo smart working ancora di più. La mattina non sono solo gli studenti a salire sui mezzi. Lasciare gli studenti a casa è inaccettabile se vogliamo considerare i numeri dei contagi nelle scuole». Per Azzolina si devono spalmare su tutti gli altri settori le necessità «sul prendere o non prendere i trasporti», che per esempio può riguardare «un dipendente pubblico».

La ministra Dadone adesso proverà ad affrontare la richiesta. Nei prossimi giorni verrà emanato il decreto ministeriale che organizzerà il lavoro da casa. Il dipartimento non si sbilancia sulle misure che ci saranno ma dice che «promuoverà forme più organizzate di lavoro agile».

Per il momento la ministra ha già pensato alla salute. In attesa del testo e già prima del decreto di conte, il 12 ottobre il ministero ha siglato un protocollo con l’Inail di durata triennale finalizzato alla ricerca per valutare gli effetti sul benessere dei dipendenti dello smart working. Una modalità lavorative che è un «grande strumento di innovazione» si legge nel protocollo, ma l’Inail si prepara già alla valutazione dei rischi dello «stress lavoro» del dipendente a casa.

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