«Piazza grande era un movimento che immaginava un partito aperto, a democrazia integrale, contendibile, sul modello dei democratici americani. Ma non ce l’abbiamo fatta. Non ce l’hanno permesso nonostante nel Pd ci sia un sacco di gente appassionata». Di Piazza Grande, il movimento interno-esterno al Pd che ha portato alla segreteria Nicola Zingaretti, Massimiliano Smeriglio è stato coordinatore. Da vice del presidente della regione Lazio, è stato tra i primi ad ‘aprire’ ai Cinque stelle. Oggi è europarlamentare indipendente del Pd. «Anche da fuori del Pd, la mia visuale, lo spettacolo è stato sconfortante: applausi da Barabba, sparatorie sulle agenzie e unanimità dentro il partito, il segretario bombardato quotidianamente, Goffredo Bettini attaccato con la continua sfida ‘a nome di chi parla’, in un partito in cui parlano tutti di tutto. Cattive abitudini che rischiano di apparire normali e passare di generazione in generazione». 

Con la fine della segreteria di Zingaretti l’area di Piazza grande non va a casa?

Mi sono avvicinato al Pd per contribuire all’elezione di Zingaretti.  Ora siamo in tutta altra fase politica. Ma il campo largo e la vocazione ulivista di Enrico Letta possono essere l’allargamento di quello stesso progetto. E lo spirito di Piazza Grande può trasformarsi in un’anima della nuova coalizione eco progressista. Bisogna riprendere a discutere senza paura il conformismo è una brutta bestia 

Anche lei vuole fare Piazza Grande senza Zingaretti come la sardina Mattia Santori?

Per niente. Riesumare ora Piazza Grande come fa Santori fa sorridere. In politica il tempo di entrata è tutto. Nel ‘19 c’era una spinta popolare, oltre un milione di persone pronte a mettersi in gioco. Se Santori vuole approfondire quella stagione, parli con chi l’ha pensata e organizzata, Antonio Funiciello, Paola De Michelis, Mario Ciarla oltre al sottoscritto: cultura politica, linguaggi, pratiche, identità. Una certa idea di riformismo radicale, e partigiano. Zingaretti deciderà, credo con calma, cosa intenderà fare. Benissimo l’allargamento della giunta regionale ai Cinque stelle. Ma se Piazza grande diventasse una corrente del Pd e non più un movimento largo e aperto si dimostrerebbe l’irriformabilità del Pd. Le dimissioni di Zingaretti sono una denuncia radicale al correntismo, non si possono risolvere con un’altra corrente. 

A sinistra non temete la vicinanza di Letta a Draghi? 

Resto scettico sul governo Draghi. Spero che Letta abbia chiari i rischi che corre l’intero centro sinistra italiano. In nessun posto in Europa e in nessuna condizione i progressisti governano con la destra nazionalista. E non solo i progressisti ma neanche la Merkel o Macron. Menomale che Sinistra italiana ha detto no, almeno c’è qualcuno di sinistra all’opposizione. Ma il ritorno di Letta è un’ottima notizia. Gli auguro il meglio, modificare il modo di funzionare e di percepirsi del Pd è un compito difficilissimo, Zingaretti ha dovuto arrendersi. Immagino che Letta sappia presidiare bene il fronte governativo. E che la parola chiave del nuovo corso sarà campo largo e ricerca di un nuovo modello di sviluppo. 

Campo largo con la sinistra e con i Cinque stelle?

Urge un nuovo Ulivo eco-progressista. Un campo largo, fatto di alleanze politiche sociali intellettuali fondate sulla condivisione di una idea di società solidale. In cui accanto al Pd ci siano i nuovi Cinque stelle a trazione Conte, ma anche Carlo Calenda per l’anima liberaldemocratica, e Sinistra italiana per la Sinistra ecologista. Spero che il Pd della prossima stagione smetta di litigare sul finto problema della ‘vocazione maggioritaria’ e riunifichi il campo oltre sé stesso, con la forza dei numeri, dell’autorevolezza e delle idee. senza idee, senza una lettura dei bisogni dei desideri che attraversano la società italiana e senza una volontà di parlare ai ceti subalterni è difficile rifare la Sinistra. 

Letta ora deve rinforzare un partito scosso dalle dimissioni di Zingaretti.

Ma in autunno, pandemia permettendo, si voterà nelle grandi città. E tra poco più di un anno io credo si voterà. Bisogna iniziare a costruire subito una nuova alleanza, altrimenti saremo travolti dalla destra di Salvini e Meloni che, insieme nonostante tutto, stanno massimizzando lo stare dentro il governo e lo stare fuori. E senza coalizione larga non c’è partita persino le ossessioni  maggioritarie dovranno fare i conti con la realtà.

In un nuovo Ulivo da Calenda alla sinistra, non c’è Renzi? 

Italia viva non si vuole alleare con i Cinque stelle, immagino non sia interessata alla coalizione che ha fatto saltare per aria. Renzi continua a fare scelte disastrose. E non parlo solo della caduta della governo Conte, penso ad una vicenda vergognosa come quella del rinascimento saudita.

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