La vigilia del consiglio dei ministri di oggi è tesa più del solito. Il ricordo delle città funestate dell’alluvione in Emilia-Romagna è ancora negli occhi della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che lì si è presentata in stivali di gomma anticipando il ritorno dal G7 ma non il cdm. Oggi, poi, ci sarà anche una riunione con il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, per fare il punto sugli interventi da mettere in campo.

Subito dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, il governo dovrebbe avere pronta una prima mappatura dei comuni alluvionati, «più di 100» per il ministro dell’Ambiente Alberto Picchetto Fratin, ma è «impossibile ancora calcolare i danni», ha detto il ministro Francesco Lollobrigida.

Intanto, l’entità del primo soccorso all’ordine del giorno è di circa 100 milioni: forse appena sufficienti per coprire le urgenze, come le strade e le scuole da rimettere in sesto e qualcosa per agricoltori e allevatori, in aggiunta alla sospensione del pagamento delle tasse e il congelamento dei mutui, delle bollette di luce, gas, rifiuti e acqua, per cui però è necessaria la lista dei comuni interessati.

Spiccioli, insomma: la Regione, infatti, ha stimato che per la ricostruzione e per far ripartire l’industria e il turismo serviranno almeno cinque miliardi di euro. Il ministero dell’Economia è al lavoro per trovare i fondi per gli indennizzi totali delle popolazioni colpite, ma la ricerca non è agevole.

Dove trovare le risorse, dunque? Questo è il quesito che attanaglia il governo e il nodo intorno al quale le risposte si fanno più confuse e contraddittorie. C’è l’ipotesi fortemente accreditata dal ministro delle Imprese Adolfo Urso di accedere al Fondo europeo di solidarietà. Per ottenere queste risorse, però, è necessario rispettare i tempi di Bruxelles e i passaggi burocratici e quindi serve un quadro più preciso dei danni per cui chiederli.

Più tempo, quindi: per questo sarebbe già in via di calendarizzazione un nuovo cdm nelle prossime settimane così da poter predisporre un provvedimento più corposo. Il ministero dell’Ambiente, poi, proporrà tre tranches di stanziamento da 840 milioni per il 2024, 2025 e 2026 per i programmi triennali di intervento sui bacini idrici per mitigare il rischio idrogeologico. Anche in questo caso, però, non si tratta di risorse immediatamente a disposizione.

Il caso Fitto

Dopo settimane passate a discutere sul rischio di non spendere interamente i fondi del Pnrr, la risposta all’emergenza allora sembrerebbe immediata, come ha ipotizzato anche la segretaria del Pd Elly Schlein. Il governo, però, ha già detto no all’ipotesi di dirottare sull’emergenza una parte dei fondi: sarebbe uno strumento poco adatto per l’emergenza, perché «ha un percorso differente», ha detto il ministro con delega al Pnrr, Raffaele Fitto, perché «all’interno del Pnrr ci sono risorse per il dissesto, ma sono per progetti specifici» e l’Emilia è già la regione che beneficia nel maggior quantitativo di questi fondi, avendo ottenuto 228 milioni sui 2,5 miliardi circa stanziati.

Non solo le questioni legate alla complessa gestione dell’emergenza. A far passare una brutta giornata a Fitto è proprio il dibattito sul Pnrr: il ministro è stato costretto a smentire alcuni suoi virgolettati riportati dalla Stampa e confermati dal quotidiano.

«Il Pnrr va smantellato e profondamente cambiato anche negli obiettivi» è la frase incriminata. In ogni caso e al netto dei toni, le cifre riportate non mentono. Su 126 miliardi di fondi europei 214-2020 ne abbiamo spesi il 34 per cento e «riproponendo questo schema coi fondi del Pnrr il calcolo è facile», avrebbe detto il ministro: 250 miliardi, da spendere nella metà del tempo. I timori sulla spendibilità dei fondi, però, non nascono oggi e lo stesso Fitto li aveva manifestati – più cautamente – anche in parlamento, ipotizzando cambiamenti e definanziamenti dopo una mappatura dei progetti certamente non realizzabili.

«Il Pnrr non va smantellato ma rivisto», ha provato a venire in aiuto il collega Urso, «Non rinunceremo a nessun progetto», è invece la bandierina piantata sulla polemica dal vicepremier Matteo Salvini. I giochi di parole e le correzioni a distanza non fanno altro che enfatizzare però la difficoltà del governo nello scegliere una direzione chiara e poi imboccarla, sostenendone le conseguenze politiche sia in Italia - col Pd che chiede di riferire in aula - che su scala europea.

Le parole maldestre di Fitto sono state lette anche a Bruxelles e la portavoce della Commissione europea, Veerle Nuyts ha chiarito che i paesi membri possono sì rivedere i loro piani e anche ridiscutere gli obiettivi in casi eccezionali, ma questo «richiede una valutazione molto rigorosa» e in ogni caso non si possono «abbassare le ambizioni generali del piano». In altre parole, «non riusciamo a spenderli» non è una giustificazione sufficiente per l’Ue. L’avvertimento indiretto graverà sul lavoro dei prossimi mesi di palazzo Chigi, cruciali per decidere il da farsi.

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