Era nata per rompere il monopolio Siae e garantire la concorrenza sui diritti d’autore. E ora si trova a subire una diffida dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) alla fine di un contenzioso con i rappresentanti degli alberghi italiani.

L’associazione Liberi editori e autori (Lea), braccio operativo del colosso internazionale Soundreef, è infatti finita al centro di un contenzioso che l’ha vista soccombere contro l’Aica, l’associazione degli alberghi italiani di Confindustria, con il supporto della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe).

Concorrenza e diffida

L’accusa, rivolta a Lea, è stata quella di non rispettare pienamente i principi di trasparenza nelle comunicazioni. E di aver proposto delle tariffe non giustificabili in maniera oggettiva sulla base della rappresentatività nel settore dei diritti. Così, in una delibera, l’Agcom ha diffidato i Liberi editori e autori, con il conseguente invito a non portare avanti queste pratiche e assecondare le richieste della controparte. Altrimenti dalla diffida si potrebbe passare alla sanzione, apprende Domani.

Una situazione quasi paradossale per una realtà arrivata con lo scopo di aprire il mercato, reclutando artisti italiani di fama tra cui Gigi D’Alessio, J-Ax, Laura Pausini, Sferaebbasta e Ultimo. In un primo momento l’alfiere della rottura è stato Fedez, che poi ha deciso di tornare con la Siae. L’obiettivo era l’assalto al monopolio della Società italiana degli autori ed editori, che in queste ore avrà sicuramente letto con soddisfazione la delibera dell’Authority presieduta da Giacomo Lasorella.

La vicenda è iniziata già nell’estate del 2022, quando Soundreef ha rotto il monopolio di Siae e ha identificato in Liberi editori e autori la propria branca operativa per avviare l’azione di riscossione dei diritti maturati. Alcuni associati dell’Aica hanno ricevuto delle comunicazioni da parte di Lea in cui – stando alla documentazione prodotta dall’associazione degli alberghi all’Agcom – c’era una «pressante sollecitazione delle aziende alla sottoscrizione di un’apposita licenza per l’utilizzo del repertorio rappresentato che prevede tariffari esorbitanti, ingiustificati e, soprattutto, mai negoziati».

Sono state, insomma, inviate centinaia di mail in cui Lea chiedeva il pagamento delle quote relative all’impiego dei diritti d’autore per i brani mandati in filodiffusione o all’interno delle sale degli alberghi durante l’esecuzione di esibizioni varie. I titolari delle attività hanno chiesto chiarimenti, ad esempio sul repertorio coperto dall’associazione, opponendo un iniziale rifiuto a versare le quote richieste ritenendo inadeguati i toni della comunicazione. Peraltro, in molti non sapevano se la musica riprodotta facesse effettivamente riferimento ad artisti della batteria di Lea oppure della Siae.

Attraverso l’Aica sono state quindi inviate delle segnalazioni all’Agcom per fare luce sulla questione e comprendere la legittimità delle richieste. In questa fase è iniziata la prima parte del lungo contenzioso. A settembre dello scorso anno l’Agcom ha terminato una prima ricognizione e, secondo quanto si legge nell’ultima delibera visionata da Domani, è stato rilevato che Lea «non risultava aver fornito una documentazione sufficiente al fine di valutare la ragionevolezza e la proporzionalità delle tariffe proposte rispetto al valore economico dell’utilizzo dei diritti negoziati, e a quello del servizio fornito dalla Collecting (il catalogo di artisti, ndr)».

La tesi di Lea

L’associazione ha però respinto al mittente gli addebiti, rivendicando una disponibilità al dialogo con Aica. Ha anzi ribadito che era stata la controparte ad aver rifiutato la trattativa. Nella memoria presentata all’Autorità, ha perciò difeso la bontà della procedura di determinazione delle tariffe richieste. Tra i criteri individuati ci sono il raffronto tra il numero degli autori rappresentati da Lea e Siae e la quota di mercato suddivisa tra radio e servizi di streaming degli artisti della scuderia Lea.

E soprattutto ha denunciato l’impossibilità di inviare controlli negli esercizi pubblici per verificare quali brani venissero eseguiti. Ma ha trovato la controreplica di Aica, che ha rilanciato la richiesta sul «repertorio amministrato con specifica evidenza della quota detenuta e i criteri utilizzati per la determinazione dei tariffari». Un ennesimo appello alla trasparenza, che ha spinto l’Agcom a diffidare Lea. Che ora, scrive l’Authority, deve «modulare il tariffario per le strutture alberghiere in misura proporzionale rispetto alla rappresentatività effettiva». Sollecitando la trattativa tra le parti.

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