Il sovranismo è il pur lecito desiderio di tornare al passato. Di quel passato, fatto di “nazioni” sovrane e indipendenti, si ricordano e esaltano alcune poche luci, ma deliberatamente e colpevolmente si trascurano le molte ombre, le più grandi delle quali sono due guerre mondiali.

Comunque, nessun passato, neppure il più glorioso, può essere fatto rivivere. La scommessa sul recupero delle sovranità nazionali appare azzardata e pericolosa.

Per il costo dell’azzardo i sovranisti dovrebbero informarsi dai Brexiters i quali, peraltro, hanno nel loro passato un impero e nel presente una rete di sicurezza nel Commonwealth.

Per la pericolosità, quasi tutti i problemi che gli stati-membri dell’Unione europea debbono affrontare non troverebbero una soluzione migliore, forse nessuna soluzione, nelle capitali dei sovranisti.

Giunta è l’ora di chiedere ai sovranisti se bloccando la libera circolazione di merci, capitali, servizi e persone e tornando alle frontiere delle patrie staremmo tutti meglio o no.

La loro risposta è che l’Unione europea non ha finora dimostrato di sapere controllare una delle più “minacciose” sfide dei nostri tempi (e di quelli che verranno): l’immigrazione.

Però, chiudere le frontiere, fare blocchi navali e ricorrere a altre modalità di esclusione sono rimedi proposti senza nessuna certezza che funzionino, senza nessuna probabilità che vengano concretamente, tecnicamente, praticamente attuati.

E poi quali sarebbero le implicazioni per tutti gli Stati sovranisti che, come l’Italia, hanno assoluto bisogno di manodopera non soltanto stagionale?

Il controllo dei flussi, come dimostrano i bandi annuali, sembra, per l’appunto, anno dopo anno, inadeguato a soddisfare le richieste dei datori di lavoro e le domande dei potenziali lavoratori.

Andando al cuore di quella che è stata, da parte degli Stati-membri, non una perdita, ma una cessione consapevole di sovranità accompagnata dalla condivisione a livello più elevato, chi dei sovranisti ha l’ardire di sostenere che sarebbe in grado di garantire la sicurezza nazionale meglio di una Unione europea anche se non ancora dotata di tutti gli strumenti per la difesa dei (sacri) confini?

Se l’Ucraina avesse già fatto parte dell’Unione europea, la Russia l’avrebbe comunque aggredita? E quanti dei paesi ex-comunisti dell’Europa centro-orientale hanno voluto l’adesione anche perseguendo la loro sicurezza nazionale? Gli stati dei Balcani non pensano, non credono che la loro inclusione nell’Unione impedirà il risorgere di conflitti devastanti?

L’Unione europea è il più grande spazio di diritti e di democrazia, di non discriminazione di genere, di razza, di religione mai esistito al mondo. Il grande allargamento del 2004, dieci nuovi stati membri, certamente rallentò il processo di integrazione politica, ma è ampiamente giustificabile con la motivazione di sostenere quelle democrazie nuove e prive di esperienza.

Troppi dei sovranisti, anche fra quelli al governo, Ungheria e Slovacchia, dando ottimisticamente per scontato, che l’europeista Donald Tusk riuscirà a formare il prossimo governo polacco, mostrano la tendenza a non attenersi ai requisiti essenziali dello stato di diritto, meglio in inglese: rule of law, governo della legge.

L’autonomia della magistratura e la libertà di informazione, di stampa e molto più sono troppo spesso sfidate dai sovranisti al governo, ma protette e promosse dalla Commissione europea e, in special modo, dalla Corte europea di giustizia.

Inevitabilmente, i sovranisti opereranno in maniera egoista perseguendo e favorendo interessi nazionali. Inevitabilmente, ne seguiranno conflitti fra loro che, sottotraccia, sono già visibili.

Chi garantisce che quei conflitti verrebbero/verranno ricomposti senza sprechi, senza scontri, pacificamente in assenza di una autorità superiore, affidabile, con regole e procedure condivisibili perché previamente condivise?

Il sovranismo è un passo indietro verso una situazione di imprevedibile e costosa conflittualità e verso un passato che la stragrande maggioranza degli europei ha voluto, e finora saputo, con successo superare.

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