Oggi si celebra la Giornata internazionale degli stagisti. Una ricorrenza nata nel 2014 per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla precarietà dei tirocinanti. Il tema è di fondamentale importanza, perché idealmente i tirocini dovrebbero essere un ponte verso il lavoro, eppure ancora nel 2022 l’Italia risultava il terzo paese Ue per tasso di disoccupazione (18 per cento) nei giovani tra i 15 e i 29 anni.

Non solo. Secondo Eleonora Voltolina, fondatrice della Repubblica degli stagisti: «Gli stagisti in Italia sono circa mezzo milione all’anno». Questa cifra però – conferma Voltolina – riguarda solo gli «stage extra-curriculari», mentre rimane un segmento «letteralmente ignoto» quello degli stage curriculari. Le due esperienze, infatti, sono profondamente diverse, anche dal punto di vista legislativo.

Due tipi di stage

Il tirocinio curriculare è un percorso formativo-professionale che si svolge durante il periodo di studio, la maggior parte delle volte universitario. Lo studente riceve in cambio crediti utili per il suo libretto universitario, ma non c’è una legge che prescriva un compenso obbligatorio minimo. 

Lo stage extracurriculare invece è definito di inserimento (o reinserimento) lavorativo. È prevista per obbligo di legge un’indennità – sebbene cambi da regione a regione – ma non ha quindi alcun collegamento con il periodo scolastico universitario.

Allo stesso modo non è neanche legato a limiti d’età, tuttavia in una società ideale sarebbero prettamente i giovani a usufruirne. E invece, come riporta Voltolina all’Adnkronos: «Rispetto specificamente agli extracurriculari è interessante sottolineare che non si tratta affatto di una esperienza riservata ai giovani: oltre 46mila delle persone coinvolte in un tirocinio nel 2022 avevano più di 35 anni. Vale a dire quasi uno stagista su sette è di mezza età. In particolare, quasi 9mila sono gli ultra 55enni che sono stati inseriti in stage».

Non sorprendono quindi i dati Eurostat per il 2022 in cui i giovani italiani lasciano la casa dei genitori in media a 30 anni, molto al di sopra della media europea che si attesta a 26,4 anni.

La normativa

Per i tirocini curriculari esiste una normativa con valenza nazionale che si basa sulla legge 196 del 1997 e il successivo decreto attuativo numero 142 del 1998. La legge stabilisce solo i princìpi generali, tocca poi agli enti di formazione definire la disciplina per l’attivazione e il funzionamento dei tirocini curriculari.

Per gli extracurriculari la regolamentazione è regionale e si basa su un accordo raggiunto in sede di Conferenza stato-regione con l’emanazione di linee guida.

Le ultime linee guida emanate risalgono al 2017 e sono ancora in vigore nel 2023. Tuttavia, la legge di Bilancio del 2022 ha previsto una modica delle regole, ma il governo Meloni non è ancora intervenuto. Inoltre, la Corte costituzionale, accogliendo il ricorso della regione Veneto, ha bocciato i criteri che circoscrivevano l’applicazione della nuova disciplina in ambito di tirocini in favore di soggetti con difficoltà d’inclusione sociale. 

Le disposizioni del governo Draghi hanno l’obiettivo di evitare un uso distorto dello strumento. In particolare, si basano su alcuni criteri, tra cui il riconoscimento di un congruo compenso, la fissazione di una durata massima dei tirocini, comprensiva di eventuali rinnovi e definizione di forme e modalità di contingentamento per vincolare l’attivazione di nuovi tirocini all’assunzione di una quota minima di tirocinanti al termine del periodo di stage.

Il Caso della Camera

C’è poi il caso della Camera dei deputati, uno dei luoghi della politica più importanti in Italia: a fine novembre scade il bando per dieci tirocini curriculari. Si lavora per sei mesi, ma gratis. Chiaramente non viene violata alcuna legge, perché non è obbligatorio il rimborso spese in questo caso, ma è indicativo che il parlamento italiano mandi questo segnale a tutte le aziende italiane. Soprattutto dopo i recenti sviluppi.

Nella passata legislatura era in discussione una riforma sugli stage curriculari che avrebbe introdotto anche un rimborso spese mensile. Il primo tentativo l’ha fatto Massimo Ungaro, primo firmatario della proposta. Nei restanti tre anni sono state depositate altre proposte simili, fino ad arrivare a un testo unico nel 2021 sottoscritto da Italia viva, Liberi e uguali, Movimento 5 stelle, e Partito democratico.

Anche in quella bozza l’elemento principale era l’introduzione di un rimborso spese. Ma, caduto il governo Draghi e sciolte le camere, ogni buona intenzione è venuta meno. 

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