L’opinione pubblica italiana nelle settimane scorse ha assistito alla telenovela della nomina dei commissari straordinari alla sanità calabrese. La scelta dell’uomo destinato a riempire un buco finanziario più profondo e misterioso della Fossa delle Marianne, era diventata una intricata questione di stato, prima di arrivare alla scelta del prefetto Guido Longo. Che di fronte ha una realtà durissima. Perché i dieci anni di commissariamento della sanità in Calabria sono serviti a poco, quasi a zero. Il giudizio è certificato dalla Corte dei conti.

In dieci anni, scrivono i magistrati contabili, il deficit della sanità calabrese si è ridotto di appena 6,2 milioni. Al punto che il bilancio delle spese sanitarie nel 2019, assorbe il 79 per cento delle spese correnti della regione. Sono numeri aridi, che però ci parlano di 18 ospedali chiusi, servizi tagliati, impossibilità di curarsi, fuga dei medici. 

Quando si commissaria un comune, si legge nella relazione, si mette in discussione la raccolta differenziata dei rifiuti, lo scuola bus, e altri servizi importanti. Quando si commissaria la sanità pubblica senza ripianare bilanci, e ricostruire i livelli essenziali di assistenza, si mette in discussione «la piena tutela della salute, che è il diritto dei diritti, per i 2 milioni» di italiani che hanno la sventura di vivere, e di ammalarsi tra la Sila e lo Stretto. Una sanità pubblica per anni trasformata nella greppia di politici malfattori e incompetenti, interessi privati famelici coperti da scudi massonici, e una ‘ndrangheta imprenditrice potentissima. Lupi feroci che hanno spolpato l’osso con tutti i mezzi a loro disposizione. Le connivenze con la politica, la burocrazia, le leggi e l’assenza totale di controlli da parte dello stato. Nel solo 2019 le Asp hanno accumulato debiti per 223 milioni, un dato che «certifica l’assoluta opacità amministrativa che connota la gestione di molte di queste aziende». Alla Asp di Reggio Calabria è impossibile ricostruire il debito verso i privati, perché mancano i bilanci dal 2013.

Il dilemma della vita

Gli uffici dell’Asp della Città dello Stretto sono in un palazzone stile burocrazia sovietica, qui ha vissuto i mesi peggiori della sua vita Santo Gioffrè. Commissario straordinario destinato a risanare il debito della azienda pubblica più marcia d’Europa. Messo di fronte al dilemma della vita: fare il proprio dovere o adeguarsi al sistema, sceglie la prima opzione. Gioffré, nato nel 1954 a Seminara, è medico ginecologo. Uomo di sinistra, scrive romanzi. Dal suo successo Artemisia Sanchez è stata tratta una serie Rai che ha venduto in tutto il mondo. Nel febbraio 2015 Mario Oliverio, il presidente di centrosinistra della regione, lo nomina commissario straordinario della Asp di Reggio Calabria. In molti nel mondo politico si chiedono «ma chi minchia è Gioffrè, lo scrittore?», nessuno sa che è medico.

Accetta, ma sa che sta per scalare l’Everest senza ossigeno e a mani nude. La sua storia, che nei giorni scorsi ha interessato anche la Bbc, ora la racconta nel libro Ho visto. La grande truffa della sanità calabrese, edito da Castelvecchi.

Testo asciutto, ritmo e sensazioni che rimandano al Todo Modo di Sciascia. Quegli incasinatissimi uffici della Asp sono come l’eremo di Zafer, un luogo dove il potere mette a nudo sé stesso. Qui Gioffrè, animato dalle buone e inutili intenzioni dell’uomo formatosi alla scuola di Enrico Berlinguer, arriva e svela verità che erano sotto gli occhi di tutti. Cinque mesi d’inferno, nei quali il medico teme per la sua stessa vita. E lo capisce un giorno, quando già lo stato nella sua ottusità decide di liberarsi di lui, seduto ai tavolini di una trattoria del centro di Roma. È con un amico quando viene avvicinato da un signore ben vestito. L’accento e la parlata sono chiaramente calabresi. I modi affabili. I “consigli” perentori. L’uomo è uno che legge i giornali, sa delle denunce sul malaffare nella sanità calabrese che Gioffré va facendo. Lo apostrofa col voi, come usa al sud. «Lasciate stare, dottore, godetevi la vita».

È novembre, ma non fa freddo, però la frase successiva raggela Gioffrè. «Il vostro destino, dopo quello che avete scoperto a Reggio, non era quello di starvene qui ora, e nemmeno altrove. Ringraziate la Madonna». Chi era quel signore elegante? «Un uomo di potere. Di ogni potere», scrive nel suo libro Gioffrè. Ma cosa aveva scoperto quel medico di paese proiettato suo malgrado nel cuore del malaffare, che i burocrati guardavano con disprezzo e definivano “nu pulici vagnatu”, una pulce bagnata? Aveva studiato carte, ma i bilanci non c’erano, implorato banche per farsi aiutare a ricostruire i debiti da saldare ai privati, tormentato burocrati per definire lo stato patrimoniale di una azienda che non sapeva quanti immobili, terreni, proprietà possedeva.

La Fiat della sanità 

Aveva capito che quel luogo dove si amministrava la salute dei calabresi, quella Fiat con 4.500 dipendenti, era stato «sbrindellato dai cani». Che dentro quella Asp «era attiva un’organizzazione criminale, composta da potenti colletti bianchi, massoni, dipendenti infedeli, grandi proprietari di strutture sanitarie che fornivano servizi, multinazionali del farmaco, studi professionali e tant’altri. L’Asp di Reggio Calabria è stata, e forse è ancora, una delle fonti principali di approvvigionamento e di accumulo di fondi neri e arricchimenti illeciti, in Italia. Tutto questo ha appagato ogni bisogno, di fatto ha saziato infinite esigenze, comprese quelle criminali».

Basta molto meno per rimetterci la pelle in Calabria. Ma Gioffré rischia. Si accorge che ci sono creditori che ottengono il pagamento delle fatture per i servizi resi, due, tre volte. Chiede lumi, si fa fare un rapporto da un suo funzionario di fiducia. E scopre la “giacenza” di «una moltitudine di fatture non liquidate a suo tempo o di fatture liquidate e/o contabilizzate e di cui non si rintraccia più il cartaceo (quando addirittura non “rinvenute” e non contabilizzate)».

Il giallo di Villa Aurora è il più eclatante. Un giorno nell’ufficio di Gioffré si presenta un distinto avvocato. È il legale della clinica passata per 3 milioni di euro nelle mani di una società di Frosinone, ma con sede in Venezuela. I proprietari vantano un credito di 6 milioni, l’Asp deve pagare altrimenti scatta l’ennesimo e devastante decreto ingiuntivo. L’avvocato è persona onesta e sa, può dimostrare con carte alla mano, che quella fattura è stata già pagata. Gioffré salta sulla sedia. «Non capivo – scrive nel libro – se ero dentro uno dei miei romanzi o altro». Quindi blocca il pagamento bis, annuncia denuncia. L’avvocato lo guarda quasi con commiserazione. «Dottore, che va a guardare? L’Asp, nel suo partitario, non ha nessuna carta. Le fatture, oggetto di questa falsa transazione, pur già pagate nel 2009, risultano ancora debiti da pagare. Solo io posso darle le carte e i decreti con cui già sono state pagate nel 2009, altrimenti lei non può ricostruire nulla».

La contabilità orale

Gioffré scopre che alla Asp di Reggio vigeva la regola della “contabilità orale”. Troppo per il “sistema”. I lupi feroci attaccati all’osso della sanità calabrese hanno dallo loro anche la legge. Le sue norme cieche, i codicilli, la complice ingenuità anche di coloro che pretendono di collocarsi nella parte “buona” della politica. Quattro parlamentari dei Cinque stelle (Nesci, Morra, Parentela, Dieni), presentano una interrogazione. Gioffrè ha omesso di ricordare una sua candidatura a sindaco di Seminara, causa di “inconferibilità” dell’incarico. Chiedono al governo «quanto è costato ai cittadini calabresi» quel medico che non voleva diventare commissario.

In preda al delirio della rivoluzione degli scontrini, non si chiedono mai quanto ha fatto risparmiare all’erario sottraendolo ai malfattori. Il dossier arriva all’Autorità anticorruzione di Cantone. Che sentenzia. L’incarico a Santo Gioffrè è “inconferibile”, non poteva occupare quel posto perché anni prima era stato candidato sindaco, e non eletto, in un paese di duemila anime. I cani che hanno “sbrindellato” la sanità calabrese brindano. Finisce così la storia di un uomo onesto. Un illuso che voleva salvare la salute dei calabresi.

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