- Nella giornata di domenica 21 novembre, il primo ministro Abdulla Hamdok, fino a sabato agli arresti domiciliari, è tornato libero e ha annunciato un accordo per un «governo tecnocratico».
- L’intesa, però, siglata con il generale Abdel Fattah al-Burhan, capo dell’esercito e leader dei golpisti, semina più insoddisfazioni che apprezzamenti.
- Resta da vedere, a questo punto, quali saranno i nuovi bilanciamenti nel potere e quali attori vecchi e nuovi si affacceranno dalle parti del palazzo presidenziale a Khartoum.
A nemmeno un mese di distanza, in Sudan sembra già rientrato il colpo di stato che ha violentemente interrotto l’esperienza del Consiglio sovrano di transizione nato nell’agosto 2019, all’indomani della cosiddetta primavera sudanese. Nella giornata di domenica 21 novembre, il primo ministro Abdulla Hamdok, fino a sabato agli arresti domiciliari, è tornato libero e ha annunciato un accordo per un «governo tecnocratico». L’intesa, però, siglata con il generale Abdel Fattah al-Burhan, capo dell’



