La costruzione di nuovi centri per i rimpatri dei migranti voluta da Giorgia Meloni e annunciata nell’ultimo consiglio dei ministri sta mandando in confusione mezzo governo e anche le regioni. O meglio, il diktat della premier è ancora talmente nebuloso da lasciare che ognuno lo intenda in modo leggermente diverso, creando disallineamenti però sostanziali.

In particolare su chi dovrà entrare in questi nuovi centri costruiti dal Genio militare ma gestiti dal Viminale, come è per quelli già esistenti. La sinergia, infatti, è tra i ministeri guidati da Guido Crosetto e Matteo Piantedosi – entrambi percepiti come l’ala moderata dei rispettivi partiti –, i quali hanno affinato un buon rapporto di collaborazione.

Il caos probabilmente è stato generato dalle parole della stessa Meloni, pronunciate nella foga di annunciare una stretta sui migranti dopo il pressing della Lega sul fallimento delle sue strategie di gestione degli sbarchi.

Nel videomessaggio del 15 settembre, infatti, la premier ha anticipato la cosiddetta linea dura, dicendo che il governo era al lavoro per potenziare i centri per i rimpatri «in modo che chiunque entri illegalmente in Italia sia effettivamente trattenuto in queste strutture per tutto il tempo necessario alla definizione della sua eventuale richiesta di asilo e per la sua effettiva espulsione nel caso sia irregolare, perché altri anni di governi immigrazionisti ci hanno consegnato una situazione per la quale i posti nei centri di permanenza per i rimpatri sono scandalosamente esigui». Anche per questo il tempo di trattenimento è stato portato fino a 18 mesi.

Detto fatto, nel cdm è stata approvata la previsione di un Dpcm per la costruzione di ulteriori cpr da parte della Difesa, in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili.

I due ministri si sono mossi con riunioni operative: il Viminale ha già quasi pronto un piano per i nuovi cpr, che diventeranno uno per regione, e il ministro Piantedosi ha dato mandato ai prefetti di indicare in modo definitivo il sito in cui verranno creati. Del resto, la necessità era già stata prevista, spiegano fonti del ministero, dunque la procedura procederà il più rapidamente possibile e i tempi di realizzazione saranno molto rapidi proprio grazie al Genio militare. «Massima concordia con la linea di Meloni», trapela dal Viminale.

La Difesa, che si muoverà solo dopo che l’Interno avrà indicato i luoghi, sta vagliando diverse ipotesi, che varieranno a seconda del budget (ancora non definito e di appannaggio del Ministero dell’Economia) e soprattutto di quali verranno indicati come i requisiti minimi necessari alle strutture. Strutture che potrebbero dover ospitare anche interi nuclei familiari fino a 18 mesi, con necessità di mense, presidi sanitari e potenzialmente di scolarità.

Il caos sui numeri

Proprio su questo si imperniano i dubbi: la Difesa ha inteso le dichiarazioni di Meloni alla lettera e quindi non scarta l’ipotesi di dover costruire centri per trattenere «chiunque entri illegalmente in Italia», come detto dalla premier, e da gennaio scorso si calcola che gli ingressi totali via mare siano stati circa 132 mila.

Il Viminale sta invece ragionando a partire dall’attuale disciplina dei cpr, che prevede di ospitare migranti che hanno commesso reati e su provvedimento di un giudice, o per motivi gravi su disposizione del questore o del prefetto; oppure migranti che sono in attesa di risposta alla richiesta d’asilo o da rimpatriare.

In numeri, nel 2022 sono passati per i cpr circa 6.300 migranti, di cui la metà rimpatriati. Per questo, fonti dell’Interno specificano che – pur muovendosi nella linea tracciata da Meloni e condivisa - nei nuovi cpr si privilegeranno i migranti cosiddetti pericolosi, quindi quelli con precedenti penali, anche perché, pur ampliando le strutture, non ci sarà mai posto per tutti i migranti arrivati illegalmente.

L’obiettivo primario del Viminale, infatti, è quello di togliere persone a rischio dalle strade e dai centri cittadini. «Nei cpr di vecchia concezione noi intendiamo portare le persone che girano sul territorio senza permesso di soggiorno e che hanno condizioni di pericolosità. In più potenzieremo i luoghi di trattenimento dei cittadini provenienti dai Paesi sicuri», ha detto Piantedosi a Cinque Minuti, annunciando l’ipotesi di crearne uno a Ventimiglia, che è luogo di fitto transito.

Salvini il sabotatore

Nel frattempo, però, la tensione tra Lega e Fratelli d’Italia continua a crescere. M entre Meloni è alle prese con i delicati negoziati europei per la gestione condivisa dei migranti, Matteo Salvini ha attaccato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, colpevole di non intervenire in favore dell’Italia e contro l’Austria, che sta limitando il passaggio dei mezzi pesanti dal tunnel del Brennero. Al netto del caso s pecifico, quello di Salvini è quasi un boicottaggio della premier che si inserisce in una complessiva strategia di logoramento destinata a proseguire nei prossimi mesi e che avrà il suo culmine con le elezioni europee. La strategia leghista, infatti, è quella di una concorrenza sempre più belligerante nei confronti di Meloni, per strapparle il consenso della destra euroscettica ma anche degli elettori delusi da FdI forza di governo, necessariamente più moderata rispetto alle promesse elettorali.

 

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