Qual è la collocazione internazionale dell’Italia? La domanda è secca e precisa e dovrebbe ricevere una risposta chiara, al netto delle acrobazie della storia politica italiana, a volte anche virtuose, a cui siamo abituati. Il governo Draghi ha davvero contribuito a stabilizzare la posizione italiana nei confronti degli alleati? Con un decreto del presidente del Consiglio è arrivato un nuovo stop al ruolo delle aziende cinesi nelle forniture relative alla rete 5G. Il governo ha imposto specifiche «prescrizioni» usando la normativa sul golden power.

La posizione americana

Ci sono tuttavia elementi importanti che segnalano confusione sul dossier Cina, soprattutto in sede parlamentare. È possibile rintracciarli nel resoconto della seduta della commissione Affari esteri e comunitari della Camera che si è tenuta nel pomeriggio del 7 aprile. La Commissione ha discusso due testi sulla repressione della minoranza uigura nello Xinjiang: la risoluzione 7-00613 a prima firma Formentini (Lega) e la risoluzione 7-00623 a prima firma Delmastro delle Vedove (Fratelli d’Italia). Si tratta di un tema delicato su cui stanno prendendo posizione i principali paesi occidentali. Il parlamento canadese ha votato all’unanimità per dichiarare il trattamento riservato in Cina alla minoranza uigura un «genocidio».

Inoltre, con un emendamento, si è invitato il Comitato olimpico internazionale a trasferire le Olimpiadi invernali del 2022 organizzate a Pechino «se il governo cinese perpetua questo genocidio». Come ha sottolineato Erin O’Toole, leader dell’opposizione, è importante inviare un «segnale chiaro ed inequivocabile del fatto che ci batteremo per i diritti umani anche se ciò significa sacrificare qualche opportunità economica».

Anche gli Stati Uniti, mediante le dichiarazioni di Mike Pompeo e dell’attuale segretario di Stato, Antony Blinken, hanno apertamente accusato la Cina di genocidio. Stesso termine che è possibile rintracciare nell’ultimo rapporto del dipartimento di Stato sui diritti umani pubblicato il 30 marzo.

Cosa è emerso invece nella seduta della commissione del parlamento italiano che ha affrontato il tema? In apertura della seduta Piero Fassino, presidente della commissione, notando la presenza di più testi sul medesimo argomento e l’annuncio di un ulteriore testo preannunciato dall’onorevole Lia Quartapelle (Pd), ha invitato i firmatari delle risoluzioni a predisporre un testo unificato «che tenga nella debita considerazione le riformulazioni del governo» ovvero, come ha avuto modo di evidenziare successivamente il sottosegretario Benedetto Della Vedova, la «convergenza verso un testo comune». Quello che divide è l’uso del termine «genocidio» con riferimento alle politiche perseguite da Pechino nei confronti della minoranza uigura. Tale riferimento è esplicito nel testo della risoluzione presentata dal parlamentare della Lega Formentini.

Nel suo intervento Quartapelle ha anticipato di voler presentare un proprio testo di risoluzione giudicando «improprio» l’uso del termine genocidio. A suo avviso il ricorso a tale termine «dal punto di vista del diritto internazionale, comporta serie conseguenze, tra cui l’articolo 7 della Carta delle Nazioni unite, e dunque l’obbligo di un intervento armato». Per Quartapelle, che annuncia di voler proporre nel testo della sua risoluzione specifici obblighi di due diligence per il settore privato, il solo evocare il termine genocidio «in assenza di conseguenze concrete darebbe la stura ai regimi autoritari per le più inaccettabili violazioni umanitarie».

In effetti, nella bozza predisposta da Quartapelle, che Domani ha avuto modo di consultare, non vi è menzione del termine «genocidio». Si fa però riferimento alla «più grande detenzione di massa di una minoranza etnica finora mai attuata a livello mondiale». Iolanda Di Stasio (Movimento 5 stelle) ha sottolineato che il termine «genocidio» «costituisce una forzatura». È dunque evidente la convergenza fra Pd e M5s. Infatti, anche il Movimento ha predisposto un suo testo, che nella sua ultima versione non menziona il termine «genocidio». I rappresentanti dei Cinque stelle in commissione dicono che la loro proposta di risoluzione sarebbe in linea con le iniziative dell’Unione europea e credono che quella della Lega sia una posizione strumentale in quanto nemmeno le Nazioni unite hanno mai utilizzato il termine “genocidio” con riferimento ai fatti cinesi.

L’allineamento con il M5s

Nel corso della seduta della commissione anche Gennaro Migliore (Italia viva), allineandosi al Pd e ai Cinque stelle, con riferimento al «genocidio» ha invitato ad «approfondire le implicazioni di carattere giuridico che potrebbero derivare da un uso improprio del termine». I rappresentanti della Lega hanno invece mantenuto ferma la loro posizione. Gugliemo Picchi ha ricordato come Stati Uniti e Canada abbiano già «utilizzato la parola genocidio rispetto alla vicenda uigura» e Paolo Formentini ha detto che il parlamento deve prendere una posizione chiara «in risposta sia alle sanzioni irrogate dal regime di Pechino ad alcuni deputati del parlamento europeo sia al trattamento sprezzante che questa commissione ha ricevuto dall’ambasciatore cinese nel corso di una recente audizione». Questi i fatti che emergono dal resoconto della seduta della Commissione del 7 aprile.

Quello che emerge è la linea pressoché compatta dell’ex maggioranza del governo Conte II, refrattaria a qualificare come genocidio i crimini compiuti dal governo cinese. Nonostante le ultime esternazioni di Matteo Renzi sul suo posizionamento politico, le posizioni di Italia viva appaiono perfettamente allineate con quelle dei Cinque stelle. Al Pd, e al suo segretario Enrico Letta, verrebbe da chiedere se i progressisti italiani seguono la linea di Joe Biden e Justin Trudeau o quella di Beppe Grillo. Ad osservare quanto accade, appare proprio Grillo il vero punto di riferimento intellettuale dei progressisti italiani.

 

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