La pratica della gestazione per altri (Gpa) è tornata all’attenzione dell’opinione pubblica italiana nelle ultime settimane, con la proposta di dichiararla “reato universale”. Seppur in modo più velato (almeno finora), si è anche cominciato a mettere in discussione anche altre pratiche e diritti che sembravano acquisiti, come l’interruzione volontaria di gravidanza, oppure il consumo di droghe leggere; e si è invece fermato il dibattito su questioni come il testamento biologico e il suicidio medicalmente assistito.

Questo non dovrebbe sorprendere. La matrice politica e culturale dei partiti oggi al governo prevede un modello di famiglia “naturale”, composta di due genitori di sesso opposto biologicamente connessi ai figli, col padre benevolo “capo”; la “sacralita’” della vita anche a costo della perdita del controllo sul proprio corpo; e un’intepretazione in chiave unicamente criminale delle “devianze”.

A nome di tutti e in nome di questo modello, per esempio, si condanna sia l’omogenitorialità (i gay possono al massimo «spacciare» i figli come propri) sia la Gpa in quanto lesive del «legame biologico», o si propone il carcere per chi consumi droghe leggere. Tutto ciò è peraltro in linea con le posizioni della destra conservatrice globale, da Donald Trump a Viktor Orbán, da Steve Bannon a Vladimir Putin, che considera modelli di vita diversi una minaccia all’ordine naturale. 

È pur vero, d’altra parte, che su alcuni di questi temi il dibattito e le divergenze trascendono le tradizionali distinzioni politiche, e toccano sensibilità etiche e morali profonde. Il caso della maternità surrogata è una di queste istanze. Chi si oppone alla Gpa sostiene che essa mercifica i corpi e mina i diritti di donne e bambini. Le opinioni si sono accompagnate all’uso di espressioni forti per indicare questa pratica, come  «utero in affitto», «pancia a noleggio», o «donne usate come forni».

Chi invece è a favore rivendica la libertà e l’autonomia delle donne di accettare di portare in grembo un bambino di diversi genitori biologici, e ritiene mettere al mondo bambini per genitori che non potrebbero averne, specialmente in una fase di bassa natalità, sia un fatto positivo, e che comunque non vada vietato.

Migliorare il confronto

Da studiosi della regolamentazione e percezione sociale di attività moralmente controverse, non è nostra intenzione sostenere una posizione o un’altra (sebbene, naturalmente, abbiamo le nostre opinioni, che peraltro non coincidono). Ci proponiamo piuttosto di fornire una struttura e delle questioni che, crediamo, migliorerebbero il confronto e la consapevolezza sulle conseguenze delle varie scelte possibili.

Rispettare i sentimenti profondi della popolazione verso certe pratiche contribuisce a generare fiducia nelle autorità e favorisce la coesione sociale. Ma per esprimersi (e legiferare) su temi così complessi e in continua evoluzione servono maggiori informazioni e un metodo per valutarle compiutamente.

Immaginiamo che la prossima domenica si tenga un referendum per esprimere, con un “Sì” o con un “No”, il consenso alla legalizzazione della Gpa. Le informazioni che scaturiscono dagli argomenti del dibattito attuale sarebbero sufficienti per consentire alle persone di fornire indicazioni al legislatore, quindi di condizionare la vita degli altri? Noi temiamo di no.

Il trattamento di pratiche così delicate richiede un approccio che consideri complessità dei temi e i legittimi interessi di tutte le parti coinvolte, e che sottoponga a un attento esame tutte le posizioni, utilizzando l’evidenza empirica disponibile, conducendo nuovi studi, e costruendo argomenti che considerino tutti gli scenari possibili.

Per cominciare, è importante capire quali potrebbero essere gli effetti della proibizione della Gpa sulla natalità, oppure se legalizzarla (o consentire a chi ne ha usufruito altrove di poter vedere i propri figli riconosciuti come gli altri) potrebbe ridurre le adozioni. In presenza di bassa fertilità, capire come certe scelte legislative influenzino la struttura demografica è di rilievo. Un primo passo sarebbe studiare queste dinamiche nei paesi che sono più permissivi verso la Gpa.

Tutela delle donne

Tutela e rispetto delle donne che accettano una gravidanza per altri sono, a loro volta, fondamentali. È certamente possibile che le donne coinvolte sentano un’eccessiva pressione o accettino prima di valutare tutte le conseguenze. Altri aspetti relativi alla protezione delle donne riguardano la garanzia di cure sanitarie opportune e di sufficiente potere contrattuale.

Di nuovo, includere nel dibattito informazioni su come altri paesi mitigano questi rischi è utile. Alcuni paesi (come Canada, Usa, Inghilterra) che consentono la Gpa, per esempio, prevedono approfondite valutazioni mediche e psicologiche, impongono che passi del tempo fra l’accordo tra le parti e l’effettiva gravidanza, oppure consentono di condurre una gravidanza per altri solo a donne che hanno già figli biologici, e limitano il numero di Gpa che una donna può avere.

Inoltre, come spesso accade in caso di proibizionismo, c’è il rischio di un ricordo alla Gpa in altri paesi nel mercato illegale, verosimilmente più rischioso e pericoloso per tutte le parti coinvolte. D’altra parte, versioni più “informali” di Gpa sono esistite per lungo tempo; si pensi ad esempio a donne che “facevano un figlio” per una sorella o amica sterile, o alle “adozioni” di un figlio di troppo da parte di un parente. Nei paesi in cui la pratica e’ consentita, sono emerse agenzie specializzate che fanno da intermediarie tra le parti, fornendo assistenza legale e burocratica per prevenire possibili abusi.

Le coppie omosessuali

La Gpa, infine, potrebbe particolarmente interessare le coppie omosessuali (anche se, ricordiamolo, la maggioranza delle coppie che vi ricorrono sono etero). Sull'opportunità che queste coppie crescano figli le divergenze di vedute sono estreme, ma ancora una volta, raramente ci si basa sull’evidenza scientifica. Un numero crescente di studi dimostra che non ci sono differenze di sviluppo cognitivo e comportamentale tra bimbi cresciuti in famiglie omogenitoriali e in famiglie tradizionali. Peraltro, molte famiglie in cui sono presenti entrambi i genitori sono famiglie cosiddette “ricostituite”, in cui uno dei due genitori non è quello biologico, e anche riepsetto a queste famiglie la ricerca non ha trovato differenze per i bambini.

Evidenza empirica e analisi delle varie forme di regolamentazione esistenti eviterebbero che l’opinione pubblica e l’azione legislativa si formino prevalentemente su sensazioni individuali, immediate e istintive, e consentirebbero di stabilire regole ponderate e fondate sulla ricerca dell’interesse generale, in primis delle parti direttamente coinvolte.

La necessità di affrontare con criterio e valutare tutti gli argomenti in campo con la stessa dignità dovrebbe essere parte integrante del processo decisionale, se non altro per dare supporto alle nostre sensazioni e sentimenti e seguirli con sicurezza, anziche’ esserne semplicemente ostaggi. Si è mossa in questo senso, proprio nel caso della gestazione per altri, la Law Commission inglese che, sulla base di ricerca esistente (che per esempio mostra che la pratica in Gran Bretagna si è decuplicata negli ultimi dieci anni), e consultazioni sia con esperti che con il pubblico, produrrà una proposta di legge «che funzioni per i genitori, le surrogate e, soprattutto, il bambino».

Queste considerazioni sono rilevanti non solo nel dibattito sullo stato legale della Gpa in Italia. Lo sono anche nel caso, più urgente nell'immediato, del trattamento dei bambini concepiti con Gpa all’estero. Ci dobbiamo chiedere, per esempio, se a fronte di queste riflessioni, abbia senso opporsi non tanto alla legalizzazione (o proporre di farne un crimine universale), ma anche alla possibilità che altri paesi facciano scelte diverse che non siano così ripugnanti da giustificare la discriminazione di bambini (e genitori) nel nostro paese.

E questo approccio, infine, potrebbe aiutare a riflettere su altre pratiche moralmente controverse, sulle quali è ragionevole aspettarsi sensibilità diverse, ma dovrebbe essere altrettanto ragionevole esigere un dialogo che si basi su un metodo condiviso senza demonizzazioni preconcette. L’auspicio è quello di procedere in modo da coniugare sensibilità individuali e razionalità, e non con un dibattito pubblico in cui dominano, da una parte, le pulsioni vittimiste necessarie per sostenere la propria offerta di certezze identitarie e, dall’altra, la fatica di proporre e comunicare al pubblico un diverso modello di società.

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