Tra pochi giorni s’insedierà la commissione Antimafia che dovrà eleggere il suo presidente. Sui giornali circola l’ipotesi che a presiederla sarà Carolina Varchi, deputata di Fratelli d’Italia e vicesindaco (così vuol essere chiamata) di Palermo, città dove è nata.

Una palermitana come presidente in questo momento storico e dopo la cattura di Matteo Messina Denaro potrebbe rappresentare un fatto persino simbolico.

Si è visto come la mafia, dopo anni e anni di assenza, sia ritornata sulle prime pagine dei giornali e nei titoli di testa dei telegiornali. A determinare questo risultato ha contribuito la notorietà del latitante catturato e l’enfasi che Giorgia Meloni ha voluto assicurare all’evento recandosi a Palermo per congratularsi con magistrati e inquirenti.

La mafia non è sconfitta

La mafia non è sconfitta dopo la cattura di Messina Denaro e c’è ancora bisogno di un lavoro di lunga lena. È stata sconfitta l’ala stragista dei Corleonesi, non la mafia.

Dunque, la scelta ha una sua logica e potrebbe contribuire a mantenere l’attenzione sulla mafia e sulla borghesia mafiosa, termine che è diventato popolare e di uso comune dopo le parole del procuratore della Repubblica di Palermo, Maurizio De Lucia.

La mafia oggi non è l’organizzazione più pericolosa e più radicata in Italia e all’estero perché è stata surclassata dalla ‘ndrangheta e in parte dalla camorra. Ma, è inutile far finta di niente, la mafia continua a esercitare un fascino e un richiamo che è sconosciuto alle altre organizzazioni mafiose.

Perciò è bene occuparsi in modo specifico della mafia che peraltro continua ad avere reti di relazioni in alto e in basso della gerarchia sociale e politica non indifferenti.

Palermo

Il punto però è il nome della candidata perché sappiamo tutti che il sindaco di Palermo è stato eletto dopo il sostegno dichiarato di Cuffaro e Dell’Utri, entrambi condannati, con sentenza passata in giudicato e pena scontata, per i loro rapporti con la mafia.

I due, in modo legittimo e legale, potevano fare quello che hanno detto e fatto, ma perché il sindaco ha dovuto accettare quel sostegno nella città di Falcone e Borsellino? 

E allora la domanda è molto semplice: è opportuno che la vice di un sindaco eletto con quei voti diventi presidente della commissione Antimafia? Non c’è nulla di personale o di giudizio sulla persona, ma solo una questione squisitamente di opportunità politica.

La commissione incontra nella sua sede magistrati e forze dell’ordine. Io per anni, come consulente della commissione Antimafia, ho partecipato a molti incontri e ho assistito al disagio di molti di loro di fronte a commissari dell’Antimafia imbarazzanti.
E poi ci sono gli amministratori locali.

Basta dare un’occhiata al rapporto sugli amministratori sotto tiro predisposto annualmente da Avviso pubblico per vedere come ci sia una asfissiante attenzione verso sindaci e consiglieri comunali, e basti vedere il numero dei consigli comunali sciolti per mafia per comprendere come sia difficile, se non si hanno le carte in regola, dare esempi di resistenza o invogliare a fare candidature che non siano condizionate o scelte dalla mafia o dai loro concorrenti esterni. Basta poco a comprendere che su questo terreno si deve essere credibili e coerenti. 
Queste considerazioni sono un invito a Giorgia Meloni a riflettere sulla scelta da fare. Dopo il viaggio lampo a Palermo Fratelli d’Italia può permettersi di scegliere una candidata che è vice di un sindaco che ha avuto l’appoggio di Cuffaro e Dell’Utri? Ci vuole un po’ di coerenza. Possibile che tra i suoi iscritti la Meloni non abbia una persona da scegliere che non le crei imbarazzo?

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