La proposta fantasma è più severa della legge attuale. Le opposizioni fingono di crederci. Nella maggioranza la Lega sbraita, Fdi dice no. E alla fine il vicepremier fa retromarcia: «Non è una priorità»
Ad anticipare il mortaretto estivo di Forza Italia è il portavoce del partito Raffaele Nevi, dalle colonne di Repubblica: «Se il Pd decide di chiedere la calendarizzazione dello Ius Scholae», annuncia, «noi siamo pronti ad approvarlo con loro. D’altra parte è un nostro progetto». Poco dopo però, quando già la Lega chiarisce che non lo voterà mai e FdI senza scaldarsi ribadisce, con il numero due Giovanni Donzelli, la sua «posizione nota», cioè il suo no, il vicepremier Antonio Tajani ribalta la prospettiva. «Noi abbiamo una proposta di legge che è lo Ius Italiae. Una parte è già diventata legge perché il governo ha preso la parte sullo Ius sanguinis. Adesso abbiamo lo Ius Scholae», spiega a margine dell’informativa al Senato, «la nostra proposta è diversa da quella del Pd. Noi diciamo: dieci anni di scuola con profitto, quindi è più restrittiva della situazione attuale, nessuna disponibilità al lassismo». Dunque, nel caso – che sembra quello ipotetico di irrealtà – «non è che noi siamo pronti a votare con loro, è il Pd che deve votare la nostra proposta. Chiunque vuole votare la nostra proposta la voti». Il testo potrebbe essere calendarizzato in autunno. Ma anche qui siamo alle ipotesi, e pure vaghe.
Come un anno fa
Tutto già visto un anno fa, nello stesso periodo di caldo torrido: Tajani annunciava che FI lavorava a una proposta, il tormentone è andato avanti tutta l’estate. Poi a settembre le opposizioni hanno portato in aula quella proposta, sotto forma di emendamento al decreto Sicurezza. FI ha votato No. Il capolavoro lo ha fatto votando No al testo di Azione che raccoglieva gli annunci di FI, parola per parola. Tajani prometteva un testo organico, di cui però si sono perse le tracce.
Ora lo si riavvista. Ma l’impressione è che la storia si ripeta. Stavolta c’è persino un mezzo alibi per non fare niente, per la maggioranza: il fallimento del referendum sulla cittadinanza. Il quesito bocciato, come gli altri quattro, dimezzava i tempi per la richiesta di cittadinanza da dieci a cinque anni, ma è stato quello che ha raccolto più No: il 34 per cento, contro la media dell’11 degli altri.
Il testo forzista in teoria apre alla possibilità di chiedere la cittadinanza per un minore che abbia concluso le scuole dell’obbligo, e quindi può anticipare di due o tre anni il termine previsto dalla legge in vigore, cioè il compimento del 18esimo anno. Ma nei fatti potrebbe avere esiti anche più restrittivi, spiega lo stesso Tajani: «Noi vogliamo che la cittadinanza sia una cosa seria, nessuna disponibilità al lassismo».
La rassicurazione non basta alla Lega. Che non ne vuole sentire parlare. Per il deputato Rossano Sasso «è una boutade estiva e ideologica». Per la collega Silvia Sardone, vicesegretaria del partito, «la posizione della Lega è quella del programma di centrodestra con cui ci siamo presentati alle elezioni. Puntualmente a inizio di ogni estate arriva la proposta dello Ius Scholae, puntualmente mi auguro che in autunno torniamo a occuparci di altre cose. Quella proposta non è solo irricevibile dal punto di vista politico, ma anche tecnico».
Tajani replica al richiamo all’ordine: è vero che lo Ius Scholae «non è una priorità», risponde, ma «anche la Lega ha presentato la proposta sul Terzo mandato e mica è caduto il governo». E per la precisione nel «punto 6 del programma di governo del centrodestra si parla di “integrazione economica e sociale dei migranti regolari”. E secondo me questa proposta è parte anche dell’accordo di governo». FdI dice no, ma non si scalda. Il che lascia intendere che l’ennesima baruffa fra duellanti non avrà conseguenze.
Non è vero ma ci credo
Le opposizioni non ci credono ma hanno il dovere di provare ad aprire contraddizioni nello schieramento avversario. Nel Pd scatta solo la minoranza riformista che intravede la possibilità di portare a casa una riforma in parlamento anziché con il (contestato, da questa parte) quesito referendario poi fallito. L’apertura di FI «è una possibilità che va esperita, non lasciata cadere» per il senatore Filippo Sensi, per Pina Picierno «un’ottima notizia» da verificare. «Verifichiamo se FI fa sul serio per dare finalmente la cittadinanza ai bambini che studiano nelle nostre scuole», dice la senatrice Simona Malpezzi.
Non ci crede il senatore Matteo Renzi, che interviene in aula proprio all’indirizzo di Tajani: «Stavolta fa sul serio?» Finge di crederci anche Giuseppe Conte, che si dichiara pronto al dialogo. Per di più il M5s ha già depositato la sua proposta in parlamento: prevede l’acquisizione della cittadinanza dopo la frequentazione di uno o più cicli di scuola per cinque anni. Non è distante da quella di FI.
L’ex premier, quindi, si augura che «non sia una chiacchiera estiva come l’anno scorso. Potremmo pure rinunciare a un po’ di ferie per ritrovarci qui e farlo subito». Ma occhio, avverte Riccardo Magi di +Europa, promotore del quesito sconfitto, la proposta forzista è «restrittiva rispetto alla legge attuale», ma se non è «una boutade estiva di FI, si apra la discussione in parlamento: ci confronteremo lì nel merito, anche se temiamo che ancora una volta FI non faccia sul serio». Stesso timore per i rossoverdi.
Alla fine sembra dar loro ragione la senatrice Licia Ronzulli che, ieri a metà pomeriggio, forse in modo malizioso, ha svelato il gioco del vicepremier: lo Ius Scholae «non è all’ordine del giorno».
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