Un decreto apposito per il Mezzogiorno, un provvedimento ad hoc per Caivano, una misura pensata esclusivamente per i Campi Flegrei e addirittura l’investimento per il ponte sullo Stretto. Con questo elenco il governo Meloni sembra quasi in overbooking sulle politiche per contrastare il gap meridionale dal resto del paese. Conti alla mano, però, le politiche per il meridione restano più sulla carta che nella pratica, come testimonia la vicenda dell’ex Ilva di Taranto. Tanto movimento per restare fermi, insomma. E non manca l’innesco di un cortocircuito: i provvedimenti spot non producono effetti sostanziali, ma hanno ricadute politiche. Su tutti il nervosismo dell’ala nordista della Lega. «Esiste anche una questione settentrionale», ha ricordato di recente il deputato leghista, Stefano Candiani.

Il viceré Fitto

Oltre ai malumori, c’è un’altra conseguenza dell’operato di Palazzo Chigi: il rafforzamento dei poteri nelle mani di Raffaele Fitto. Ministro del Sud, del Pnrr, degli Affari europei. Ma alle deleghe, già pesanti, si sommano ulteriori compiti che lo rendono sempre più un super ministro. Qualcuno, con un po’ di malizia, in parlamento lo ha ribattezzato il «viceré» l’ex golden boy della politica pugliese. Da un lato è infatti il vero numero due di Giorgia Meloni e dall’altra ha costruito il suo regno al Sud. Ma al netto dei destini personali, la manovra è la stella polare dell'immobilismo dell’esecutivo sul Mezzogiorno. All’interno troneggia l’articolo sull’Agenda Sud, che mette sul tavolo un centinaio di milioni di euro per attuare delle disposizioni già contenute nel decreto Caivano. Un gioco di specchi che serve a garantire il finanziamento di un piano contro la dispersione scolastica. Come? Con la proroga i contratti nel mondo della scuola, fino al 2024, e la sottoscrizione di una serie di contratti a tempo determinato per il personale amministrativo scolastico. Non proprio una legge di Bilancio che punta sul Mezzogiorno, ma mette delle toppe qua e là. Certo, il governo ha posto la fiducia alla Camera per blindare il via libera al decreto Sud, che almeno nel titolo vuole affrontare a viso aperto la questione meridionale.

La grande novità sarebbe la zona economica speciale unica, che accentra tutte le altre zes. Il lavoro finora portato avanti da 8 commissari verrà accentrato in un unico soggetto, lo sportello unico della struttura di missione. Le conseguenze sulla burocrazia sono prevedibili, l’effetto imbuto è garantito. «Il decreto ha un solo scopo, accentrare ancora più risorse e poteri nelle mani del ministro Fitto», dice a Domani Ubaldo Pagano, capogruppo del Pd in commissione bilancio alla Camera. «Le regioni – insiste il parlamentare dem - non avranno più voce in capitolo sui fondi europei, malgrado sappiano spendere meglio dei ministeri». Sui fondi comunitari il potere decisionale spetterà in misura maggiore a Palazzo Chigi, quindi a Fitto, che avrà il controllo pure sulla cabina di regia per lo sviluppo delle aree interne.

Sud a picco

Ci sono poi delle misure che non ampliano la sfera di influenza del ministro del Sud, ma che non tengono conto delle realtà dei territori. Finendo per annullare le intenzioni di stimolo degli investimenti, in particolare alle piccole e medie imprese. Nel provvedimento la soglia minima di investimenti per le imprese è di 200 mila euro. Solo che negli ultimi anni, nelle zes e in particolare nella Regione Abruzzo, il 90 per cento degli investimenti delle imprese è stato inferiore a 200mila euro. Impatto relativo poi per il decreto Caivano, anche questo blindato dalla fiducia (al Senato).
E se le misure pensate per il rilancio del Mezzogiorno sono un pannicello caldo, le scelte fondamentali del governo, quelle che incidono sulla vita delle persone, vanno in un’altra direzione: quella di danneggiare le regioni meridionali. «Cancellano gli strumenti per combattere la povertà, sono contrari al salario minimo, aumentano la precarietà con i contratti a termine», elenca il deputato campano Marco Sarracino, che ricorda ancora: «la destra sostiene l’autonomia differenziata che spaccherà l’Italia a metà».

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