Per chiamarla sul palco e affidarle il ruolo di vicaria, Giuseppe Conte si rivolge ai parlamentari in assemblea così: «Pensate che ha trovato il tempo di conseguire una laurea da vicepresidente del Senato».

I partecipanti all’evento in cui il presidente del Movimento annuncia la sua segreteria si danno di gomito: Paola Taverna tiene molto al suo titolo di studio, ottenuto nel 2019 a cinquant’anni, ma gli eletti non perdono occasione per farsi due risate beffarde sulla circostanza che la rende tanto orgogliosa.

La frase di Conte, nata con buone intenzioni, ottiene l’effetto opposto. Taverna, in tailleur nero con pantalone a palazzo e messa in piega appena sciupata dall’umidità romana, fa finta di niente, sorride sotto la mascherina e si gode la sua proclamazione.

La senatrice raccoglie i frutti di un lavoro lungo, che porta avanti dai tempi del Conte II. L’insediamento del nuovo esecutivo giallorosso segna la data conversione della vicepresidente di palazzo Madama al nuovo corso di Conte, che lei forse aveva visto arrivare prima di tutti gli altri.

Da sempre maestra nell’interpretare l’atmosfera del momento, è stata prima vicina a Luigi Di Maio, poi a Beppe Grillo e oggi a Giuseppe Conte. Ogni volta dà l’impressione di aver trovato la sua collocazione definitiva.

Ambizioni da protagonista

Attivista nel quartiere romano del Quarticciolo dal 2009, ha avuto la sua prima esperienza parlamentare nel 2013: nella brigata del Movimento che allora aveva infiammato il parlamento abituato ai toni più pacati della dialettica tra centrodestra e centrosinistra, Taverna si è ritagliata immediatamente un ruolo di spicco.

Ripercorrendo oggi i suoi status pubblicati sui social network bisogna però scorrere fino al 2015 per ritrovare la sua anima verace: «Fate pena… e pure schifo», rivolto ai parlamentari che cambiano casacca, «è finito il tempo di fare prigionieri», di fronte alla scelta di accelerare in Senato la discussione su un provvedimento.

Resta negli annali anche il suo cammeo nella videocampagna per l’uscita dall’euro del gruppo Movimento 5 stelle Senato: una moneta da un euro gettata nella fontana di piazza Farnese che la senatrice trasforma in una banconota da mille lire con una stretta di mano. Lo slogan: «Uscire dall’euro è possibile, il M5s sta realizzando il tuo sogno». La colonna sonora: Divenire di Ludovico Einaudi, che si è pure arrabbiato perché il suo pezzo è stato utilizzato senza autorizzazione. Errori di merito e di metodo che la Taverna di oggi non farebbe mai. 

Al 2016 risale invece l’indimenticabile video in cui la senatrice correggeva pubblicamente i giornalisti che avevano raccontato che si fosse rivolta con l’insulto di “zozzoni” ai colleghi del Pd, specificando che in realtà li aveva chiamati «merde». Nel 2017 polemizzava sul fatto che in Senato non si lavorasse abbastanza, raccontando in dirette video come i parlamentari lavorassero solo un paio di giorni a settimana, guadagnando «a buffo».

Taverna ha portato in aula franchezza e eloquio diretto, una strategia che ha pagato nei consensi, ma non tanto nei rapporti interni: chi la conosce la racconta come una persona riservata, determinata e pronta a imporre le proprie idee.

Non esattamente qualità che favoriscono le amicizie: i rapporti difficili con Roberta Lombardi e Virginia Raggi, le altre due donne forti del Movimento laziale, sono noti, ma anche col resto della compagine senatoria non sempre c’è piena convergenza di opinioni. «Se si sente minacciata o rischia di finire nell’ombra oscurata da qualcun altro, reagisce», racconta un membro dello staff dei Cinque stelle del Senato.

Ma agli attivisti non interessa. Alle parlamentarie del 2018, le votazioni interne in cui gli iscritti al Movimento hanno selezionato i candidati da mettere in lista alle politiche, la senatrice uscente è stata la più votata con oltre 2.000 preferenze, seguita da Carla Ruocco, staccata però di 500 voti. Un consenso replicato anche alle urne: la senatrice ha conquistato l’uninominale Roma-Tuscolano con il 34 per cento, superando sia centrosinistra che centrodestra.

Con numeri del genere, la decisione di proporla come vicepresidente del Senato è stata quasi naturale. È stata la prima occasione in cui Taverna ha tentato una moderazione dello stile.

Chi la conosce bene racconta che però fuori dal Senato la vicepresidente è rimasta la stessa: stessi ristoranti, stessa utilitaria, stessa casa. Anche sui social qualche traccia della vecchia Taverna è sopravvissuta, come quando ha definito i fuoriusciti dal Movimento «una pletora di miserabili» o quando a Tor Sapienza rimproverava un contestatore: «Io non so’ ‘n politico, tu non te puoi permette’ de chiamamme politico».

Il sodalizio con Conte

Ma basta arrivare a qualche mese dopo, alla festa per i dieci anni del Movimento nell’autunno 2019, per incontrare la nuova versione della vicepresidente del Senato, quella che giovedì scorso è diventata vicaria di Conte.

«Ho usato parole troppo forti, avrei dovuto essere meno irruente», diceva in quell’occasione una Taverna quasi rammaricata del proprio passato, indossando però una t-shirt con la scritta “Per quale mojito?”, una stoccata a Matteo Salvini, che aveva appena fatto cadere il governo gialloverde chiedendo «pieni poteri». 

Da allora, la senatrice non ha più lasciato il fianco dell’allora presidente del Consiglio, rinunciando alla sua anima barricadiera e diventando la perfetta sostenitrice di Conte. Che si trattasse di sostenerlo a capo del governo giallorosso, convincerlo a prendere le redini del Movimento o essere la sua pretoriana in un possibile partito personale, Taverna era a disposizione.

Ma il cambiamento nella sua indole c’è stato e i colleghi di partito l’hanno notato: i più benevoli lo chiamano capacità di interpretare l’evoluzione del Movimento, ma c’è chi dice senza mezzi termini che ha indossato una maschera.

La senatrice nell’ultimo anno e mezzo è arrivata a un’intimità tale con l’avvocato di Volturara Appula da prendere in mano la sua campagna elettorale alle ultime amministrative: ha organizzato le tappe del suo tour, parallelo e concorrente a quello di Luigi Di Maio, con l’intento chiaro di sfilare al ministro degli Esteri il controllo del sud, ultima roccaforte dei voti Cinque stelle. 

Conte ha un disperato bisogno di alleati. In un Movimento balcanizzato, ha deciso di affidarsi a una manciata di persone di cui ormai non può più fare a meno. Non importa che non abbiano dimestichezza con il linguaggio gentile e felpato che l’avvocato vuole imporre al nuovo Movimento. Tollera anche il passato imbarazzante di alcuni.

Taverna ha criticato i vaccini, spiegando che «c’è una sentenza che sostiene che il vaccino può causare l’autismo», o che i centri vaccinali assomigliano a quelli «dove si fanno i marchi pe’ ‘e bestie», o ancora che lei stessa da bambina si immunizzava visitando i cugini malati: nel 2018 la senatrice ha lasciato cadere questa battaglia, annunciando di non volersi più esprimere sul tema. Perfetto esempio del nuovo corso.

Ha disinnescato anche la questione della casa popolare occupata ingiustamente dalla madre, emersa nel 2018. La signora, assegnataria della casa dal 1994, era risultata priva dei presupposti per abitarvi già da qualche anno: Taverna ha deciso di portarla a vivere con sé per evitare alla sindaca Virginia Raggi di dover procedere con lo sfratto o di trovarsi ad affrontare una causa per ottenere l’assegnazione dell’alloggio a tariffe commerciali. 

Accumulare incarichi

I colleghi parlamentari sono infastiditi dalla nomina a vicaria anche per una questione più recente. Nel 2020, Taverna ha chiesto al Senato la propria indennità da vicepresidente: per statuto, gli eletti dei Cinque stelle devono rinunciare, oltre che a una parte dello stipendio, anche al denaro aggiuntivo che ricevono i parlamentari che ricoprono cariche istituzionali.

La senatrice ha poi donato la somma, quasi 50mila euro, alla protezione civile: anche qui le interpretazioni divergono. Chi elogia il gesto sottolinea che Taverna ha solo accelerato i tempi delle donazioni in beneficenza delle restituzioni, mentre altri parlano di marchetta.

L’altra questione che i grillini non le perdonano è il cumulo degli incarichi: oltre alla vicepresidenza di palazzo Madama, Taverna è prima rappresentante speciale per le questioni degli anziani dell’assemblea parlamentare dell’Osce e rappresentante del parlamento italiano alla Conferenza sul futuro dell’Europa. Non esattamente ruoli apicali, ma altre conferme delle proprie capacità che Taverna ora può vantare.

I tanti parlamentari che si sentono dimenticati dai maggiorenti dei Cinque stelle la leggono come un’ulteriore provocazione. «Ma possibile che di tutti i Cinque stelle esperti di questione europee e internazionali nessun altro fosse adatto a ricoprire questi ruoli?», si chiede un deputato. Il fastidio dei colleghi non potrà che crescere con le prime scelte della neovicaria del leader. Ma è chiaro che ormai la nuova Paola Taverna ha bisogno soltanto di un amico, Giuseppe Conte.

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