Greta Thunberg ha incontrato, nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Sergio Costa, ministro dell’Ambiente. Quello che Greta non sa è che da due anni viene annunciato un pacchetto di misure per aumentare le pene per i criminali ambientali, ma è bloccato da veti incrociati. Si chiama Terra mia e Costa ne ha fatto un provvedimento bandiera, ma al momento non ha ancora convinto la sua maggioranza. 

Il balletto della legge

Italia viva di Matteo Renzi non lo vuole, ma anche il Pd non gradisce. Sabato scorso si è consumato l’ennesimo strappo con il disegno di legge che, alla fine, non è stato presentato in Consiglio dei ministri perché a Dario Franceschini non risultava l’intesa tra democratici e grillini.

Ora tutto è rimandato alla prossima riunione dei ministri, ma a guardare i precedenti non c’è da sperare. Per Costa è la legge della vita, lui generale dell’arma che inseguiva gli avvelenatori e ora insegue mediazioni complicate, talvolta, infruttuose. Il disegno di legge è stato annunciato decine di volte, ma il varo non è mai arrivato.

Il ministro ne ha iniziato a parlare, addirittura, nel novembre 2018. Il governo, allora, aveva un altro colore e in maggioranza c’era la Lega di Matteo Salvini. In una conferenza stampa, Costa annunciava: «A gennaio presenteremo il ddl Terra Mia».

A gennaio 2019, il ministro tenta ancora: «Messa in sicurezza, bonifiche ma anche emarginare l'eco-criminale e l'eco-mafioso per fare in modo che questo territorio e tutti quelli del Paese Italia che soffrono di queste dinamiche criminali, non debbano più soffrire. Nelle prossime settimane depositerò in Cdm la norma Terra mia».

Ancora a maggio dello scorso anno: «Stiamo costruendo un disegno di legge governativo, Terra mia, che verrà depositato nei prossimi giorni».

All’epoca Costa aveva contro la Lega di Matteo Salvini, poi il governo è cambiato e il ministro è tornato alla carica. Ha incassato la collaborazione del ministero della giustizia, così il disegno di legge è diventato Bonafede-Costa, ma l’esito è rimasto il medesimo.

A gennaio qualcuno fa il nome di Costa per la candidatura a presidente della regione Campania, ma l’ex generale chiarisce che pensa alle leggi da approvare, tra queste non può mancare Terra mia definita tra i «provvedimenti che entro giugno devo portare a casa o depositare e incardinare in Parlamento».

Giugno è passato, Costa non è stato candidato, ma del disegno di legge neanche l’ombra. A inizio ottobre l’ultimo annuncio e una scadenza «dieci giorni». 

Il ministro vuole fare Rambo

Per il ministro è questione prioritaria perché ci ha messo la faccia anche con gli ambientalisti.

«Abbiamo incontrato il ministro Costa e ha promesso l’approvazione di questa legge. Sappiamo del suo impegno serio, ma non accettiamo un altro boicottaggio dai partiti di maggioranza. Chi ci ha ucciso e uccide la nostra terra deve pagare», dice Enzo Tosti, esponente di Stop Biocidio.

Costa ora deve fare i conti con la contrarietà di Italia Viva e i ni dei democratici. I renziani hanno già ottenuto la cancellazione di un articolo che prevedeva l’inasprimento delle pene per le aziende zootecniche che scaricano i reflui nei corsi d’acqua.

«Le sembra poco l’inasprimento? In una fase storica complicata ci manca il colpo finale alle aziende. Un conto è una sanzione, un conto è il penale. Questo testo non lo voteremo mai in aula perché ha un impianto giustizialista e anche diverse anime del Pd lo avversano, abbiamo chiesto inutilmente un tavolo di lavoro. Non vogliamo il ministro Rambo», dice Silvia Fregolent, deputata di Italia Viva.

Ma cosa vuole fare il ministro Rambo? Il disegno di legge non aumenta soltanto le pene per chi inquina, ma introduce il daspo ambientale che consente di allontanare gli avvelenatori dal territorio dove si sono consumati gli illeciti introducendo il principio che la pericolosità sociale, stabilita dalla normativa antimafia, possa riguardare anche i criminali ambientali.

Tra le misure è prevista anche un’accelerazione dell’iter per bonificare terreni orfani, quelli per i quali è complicato individuare il titolare. L’obiettivo è quello di evitare che i trafficanti di veleni si sottraggano alle conseguenze patrimoniali, ma anche di responsabilizzare i proprietari dei fondi sui quali vengono realizzate discariche.

Una legge che, al momento, però resta solo negli annunci del ministro e, anche dopo l’approvazione in Cdm, dovrà superare la trincea parlamentare. Una missione, forse impossibile, anche per il ministro Rambo. 

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