Giovedì Il Foglio, enumerando indizi di dubbio peso, cantava la continuità fra i governi Draghi e Meloni, ma nulla misura l'abisso fra i due come il confronto fra l'idea di Europa di lei e quella espressa da lui in un discorso al National Bureau of Economic Research degli Usa.

Meloni scappa da Roma anche per distanziarsi dagli squallori dei suoi compagni; attacca la stampa che li scova, senza firmare accusa gli inquirenti di far campagna elettorale. Le pare un successo l'attenzione per le frontiere esterne che vede nella Ue, ma se i sodali sovranisti rifiutano l'accordo ne loda la coerenza. Fa dei migranti futuri la grande questione spingendo ai margini chi c'è già, anziché costruire, a generale vantaggio, percorsi di inserimento. Ben altri migranti bloccano lo sviluppo, le centinaia di migliaia di persone qualificate cui non diamo sbocchi e lasciano l'Italia che tanto ha speso per formarle.

Per lei l'Europa è solo migranti e Nato. Cerca in Usa appoggi contro la Ue, spera nel ritorno di Trump, vuol restaurare l'Europa delle patrie, nega il primato del diritto Ue. Il Foglio cita a prova della continuità la proposta di superare l'unanimità al Consiglio Ue, condivisa con otto stati, ma è solo una finta: già il ministro degli Esteri Tajani, il supposto europeista, ne ha preso le distanze, con gran disappunto del cancelliere Scholz.

Sarebbe questa la continuità con la nostra storica linea. Facile intuire che pensi Meloni delle idee di Draghi, atlantista di solida fede, esperto costruttore dell'Europa; per le sue immense sfide, egli dice, non bastano passetti incrementali. L'allargamento Ue ai Balcani impone di rivedere i Trattati, l'aggressione russa esige politiche estere e di difesa Ue, per la transizione ecologica van condivise le risorse. I sussidi alle imprese Usa spingono gli stati Ue a ribattere sussidiando le proprie. Così il mercato unico svanisce.

Le sfide superano di un ordine di grandezza le forze della stessa Germania; anche il suo spazio fiscale è sprecato se speso su obiettivi solo alla portata della Ue tutta. La scelta è fra la paralisi, lo svuotamento “stile Brexit” e la spinta all'integrazione; solo l'ultima è attuabile. Draghi chiede capacità fiscale comune, rilancia la “unione sempre più stretta” scolpita nel Trattato di Roma, contro cui il Msi, padre dei Fratelli d'Italia, a suo tempo tuonò.

Avesse senso della storia, Meloni getterebbe alle ortiche la paccottiglia in cui lei e i camerati son cresciuti. È una zavorra remota ma identitaria, perciò snobberanno l'allarme di Draghi sulla Ue. Per questa si vota nel '24, non per il comune di Isernia. Quanto all'opposizione, del volatile Renzi ha qui scritto ieri Piero Ignazi; spetta al Pd, che non può fidarsi di lui o del M5s, concentrare sul futuro della Ue la prossima campagna elettorale.

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