Se non si riparte con i poteri speciali assegnati a Roma Capitale, Fratelli d’Italia si troverà a fare i conti con una “romana capitolazione”. Un ko politico e mediatico con effetti a cascata. La riforma è infatti una pietra miliare della cultura di destra, con in testa gli ex Gabbiani di Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, a capo di quel movimento alla sede di Colle Oppio nel vecchio Msi.

Ma è soprattutto un vecchio pallino di quell’elettorato della capitale, molto legato al progetto di potenziare l’azione del Campidoglio. E che guarda, o almeno ha guardato finora, a Giorgia Meloni come alfiere del progetto. Ma, a oggi, tra premierato e autonomia differenziata, la bandiera di Roma Capitale è stata ammainata. Ed è difficile prevedere che possa essere issata, in tempi brevi in parlamento. Le priorità sono altre e quindi i calendari dei lavori parlamentari sono già intasati.

Nonostante le buone intenzioni, Meloni sta consumando un tradimento nei confronti della sua città. «Fratelli d’Italia ha una leader che è ex candidata a sindaco di Roma. Mi aspettavo un’attenzione maggiore. Quando Fratelli d’Italia era all’opposizione sembrava che i poteri speciali alla capitale fossero una priorità», osserva il capogruppo del Movimento 5 stelle, Francesco Silvestri, che di recente ha presentato una proposta di legge, una delle varie sul tema. A testimonianza di una reale condivisione delle forze politiche.

Tempi biblici

I più ottimisti di Fratelli d’Italia prevedono un avvio dell’iter «entro la fine dell’anno». Se tutto va bene, insomma, se ne parla dopo le Europee. Del resto, la norma richiede una modifica della Costituzione con l’approvazione in doppia lettura a Montecitorio e Palazzo Madama. L’eventuale via libera sarebbe possibile solo nella seconda metà del 2025.

Forse anche per questo all’interno di Fratelli d’Italia c’è chi valuta il blitz: introdurre la norma di Roma Capitale con un emendamento alla riforma costituzionale del premierato. Sarebbe una velocizzazione dell’operazione, che cambierebbe d’altra parte i connotati del testo presentato dalla ministra Elisabetta Alberti Casellati, che si fregia di una qualità: intervenire chirurgicamente sulla Costituzione senza mettere insieme temi diversi come accaduto in passato. E prevedere la figura del premier. Con il rischio di aumentare le tensioni con le opposizioni.
Altrimenti non c’è scelta: i tempi si allungano, e di molto, rispetto alle battaglie portate avanti dagli altri alleati. Un esempio? La Lega ha già conquistato il primo “sì” alla riforma più attesa, quella sull’autonomia differenziata passata pochi giorni fa in prima lettura al Senato e ora in approdo alla Camera. Il ministro leghista Roberto Calderoli ha potuto gongolare, mentre i dirigenti storici della destra post missina attendono ancora il rafforzamento dei poteri speciali di Roma.

Segnale rampelliano

Per questo durante il voto sul ddl Calderoli, Fratelli d’Italia – dall’ala rampelliana – ha voluto lanciare un segnale. Il senatore di FdI, Andrea De Priamo, molto vicino al vicepresidente della Camera, ha fatto approvare un ordine del giorno per impegnare l’esecutivo ad avviare il percorso di riforma.

Un gesto più simbolico che altro. De Priamo, però, a Domani dice: «Il voto sull’odg conferma la volontà del governo di varare la riforma per dare poteri speciali alla città di Roma. Si tratta di definire un percorso e avviare l’iter. Purtroppo nella scorsa legislatura, alla Camera, la proposta di legge non è andata avanti». Tuttavia, ammette il parlamentare del partito di Meloni, «l’attenzione principale è ora rivolta al premierato».
Nel dettaglio la norma punta a trasferire al sindaco di Roma gli stessi poteri di un presidente di regione, ampliandone le competenze, dai trasporti alla gestione dei rifiuti fino agli investimenti. Il contenuto preciso deve essere appunto previsto dalla legge. La cornice dell’obiettivo è comunque chiara. Qualcosa, comunque, bisognerà smuoverla, anche solo per rabbonire quei settori di FdI di rito rampelliano.

Nel centrodestra c’è pure Forza Italia che chiede i poteri speciali per Roma, mettendo in campo un’azione politica ufficiale. Il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, ha presentato una proposta di legge. E a Domani conferma: «Roma non può essere amministrata con gli stessi poteri di Sgurgola o di Castel Gandolfo. Per questo l’iter della legge deve partire, anzi ripartire visto che nella scorsa legislatura c’erano stati dei passi in avanti».

Barelli, comunque, cerca di fare professione di ottimismo: «La mia non è un’iniziativa isolata, sono certo che ci sia la volontà del governo», Ma alla domanda sui temi stimati della riforma, il presidente dei deputati di FI allarga le braccia e ammette: «Tra premierato e autonomia, c’è un po’ un ingorgo». Come dire: tra le tante riforme quella di Roma Capitale è a piè di lista.

I paletti dem

Eppure «durante il discorso per la richiesta della fiducia in parlamento, Meloni elencò tre riforme prioritarie: il presidenzialismo, l’autonomia e Roma Capitale», ricorda Claudio Mancini, deputato e uomo forte del Pd romano. Adesso, ragiona l’esponente dem, «l’unico vero provvedimento per Fratelli d’Italia identitario è quello su Roma, perché il premierato è una seconda scelta, non ha lo stesso valore simbolico, per Meloni e i suoi, del presidenzialismo, bandiera storica per gli ex del Msi. Credo perciò che il percorso su Roma Capitale riprenderà».

E cosa farà il Pd? L’intenzione è quella di non mettere dei veti preventivi. Sul tema alla Camera c’è anche una proposta di legge di Roberto Morassut, deputato dem ed ex assessore a Roma delle giunte Veltroni. Uno che conosce a menadito la macchina del Campidoglio.

In generale il partito è disponibile al confronto, purché non ci siano forzature. Per questo motivo ci sarebbe il “no” deciso arriva all’ipotesi di inserimento dell’emendamento di Roma Capitale nella riforma del premierato, che è un provvedimento divisivo. E su cui i dem hanno già espresso un giudizio severo, promettendo barricate. Diverso sarebbe l’approccio con un testo ad hoc.

Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha già manifestato la propria idea in merito: riprendere in mano il provvedimento della scorsa legislatura. «Un testo equilibrato, approvato all’unanimità in commissione. Penso sia saggio e di buonsenso non ricominciare da capo ma riprendere un testo approvato da tutti», ha detto Gualtieri nel consiglio comunale speciale sui poteri di Roma.

Immobilismo FdI

Il rilancio svela un certo immobilismo della destra, nonostante la Lega non sia apertamente ostile: per Matteo Salvini è importante il via libera all’autonomia, a quel punto può fare qualsiasi concessione. «È evidente che finora la destra non ha dato importanza alla riforma di Roma Capitale. Hanno solo prodotto un odg su 16 mesi. È stata una vetrina, è servita solo mediaticamente», insiste Silvestri rilanciando l’iniziativa dei Cinque stelle, che si muove su binari diversi.

«Dobbiamo scegliere la via della legge ordinaria per velocizzare. Occorre trasferire competenze a Roma Capitale attraversi accordi istituzionali con il governo. Così posso aumentare i poteri sul trasporto pubblico, sulla gestione diretta dei rifiuti e garantire risorse aggiuntive», spiega l’esponente dei 5 stelle. «Non dobbiamo», conclude Silvestri, «pensare di fare una legge per cui debbano dedicarci una statua, ma badare alla concretezza». Meloni e il suo partito sono avvisati: la città aspetta che le promesse siano mantenute e gli altri partiti sono pronti al dialogo. Senza un passo in avanti, insomma, il voltafaccia della premier alla capitale sarà completo.

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