La crisi? «Se verrà meno la fiducia di un partito, andrò in parlamento». Il Mes: «La parola spetta al parlamento». I tavoli di confronto con la maggioranza svaniti nella nebbia? «Sono per un confronto franco, costante e per risolvere i problemi». Le scuole secondarie potrebbero non partire il 7 gennaio? «Ritengo che siano state trovate soluzioni efficaci dunque credo si possa ripartire». Cosa dice ai no vax? «Mettiamo da parte le ideologie e le reazioni emotive, sottoponiamoci al vaccino».

Predicare tranquillità

Per oltre tre ore il presidente del Consiglio Giuseppe Conte affronta i cronisti nella conferenza stampa di fine anno – viene ringraziato con una punta di polemica per un confronto che torna «in fascia diurna», e non nottetempo, brutta abitudine dell’ultimo anno –, riceve oltre quaranta domande e porge garbatamente quaranta mezze risposte. Sopisce, sfiamma. Derubrica una coalizione gambe all’aria, un governo sospeso, una sfiducia incombente, a normale fisiologia di una coalizione. Ma alla maggioranza, in particolare a Italia viva, non concede nulla. Pochi minuti prima del suo ingresso nel salone monumentale di Villa Madama, gioiello incastonato in uno splendido giardino all’italiana che palazzo Chigi usa come sede di rappresentanza, al senato Matteo Renzi ha annunciato il sì alla fiducia sulla legge di bilancio e ha chiesto «che il governo decida cosa fare da grande». La risposta arriverà, diluita in frasi minimizzanti ma non rassicuranti: sul Recovery plan serve una «sintesi politica», «54 progetti sono troppi», la governance «ce la chiede la Commissione europea». Il premier annuncia un consiglio dei ministri «nei primi giorni di gennaio». Poi la parola passerà al parlamento. Bisogna fare in fretta, il commissario Paolo Gentiloni ha lanciato l’allarme sul rischio di perdere il fiume di soldi che l’Europa ha stanziato per l’Italia. Conte conviene che approvare il piano italiano «è urgente» e alla fine deve ammettere che «non va tutto bene». Solo sugli approvvigionamenti di vaccini supplementari da parte della Germania usa un tono netto: l’Italia ha dosi sufficienti e non ne ha cercato altre «perché all’articolo 7 del contratto della Commissione europea c’è il divieto di approvvigionarsi a livello bilaterale». La Germania ha violato quel contratto? «Questo lo dice lei».

A più riprese i cronisti chiedono se nel suo futuro ci siano le dimissioni, un nuovo governo, il voto, magari una lista tutta sua. La risposta è: «Non si può governare senza la coesione delle forze di maggioranza, si può vivacchiare», «non possiamo permetterci di galleggiare». Ma al dunque: «Io in questi scenari non mi ci metto. Se verrà meno la fiducia da parte di una forza di maggioranza, ci sarà un passaggio parlamentare dove ognuno si assumerà le proprie responsabilità. Ma non voglio credere che in uno scenario del genere si arrivi a una situazione del genere».

L’indicazione non è esplicita, ma farà come con Matteo Salvini nell’estate del 2019, sfiderà Renzi in aula: «Non ho sfidato Salvini col voto di fiducia», risponde di nuovo con ostentata calma, «ho evitato che una crisi di governo si consumasse nel chiuso di un appartamento di rappresentanza o di un salotto». L’idea che circola è che Conte non creda alle minacce di Renzi. Di fronte ai cronisti cita Aldo Moro: «Gli ultimatum non sono ammissibili». Da Italia viva Gennaro Migliore lascia trasparire sorpresa e delusione: da quando Iv ha posto le sue condizioni per mantenere la fiducia al governo «nulla è cambiato. Siamo consapevoli delle nostre proposte e delle eventuali conseguenze». I renziani hanno anche un altro problema: Giorgia Meloni annuncia una mozione di sfiducia a Conte e li sfida a votarla. Il Pd non commenta, si aspettano i fatti.

Le risposte a Renzi

In realtà, le risposte che Iv cercava sono arrivate. E non sono positive. Sul Mes sanitario, il premier insiste in un ragionamento noto, che ha origine al ministero dell’Economia di Roberto Gualtieri : «Non possiamo utilizzare neppure tutti i prestiti da Next Generation Eu come fondi aggiunti», «Se li utilizzassimo come opere nuove, avremmo vari inconvenienti: se mettiamo insieme tutti i fondi di coesione, strutturali eccetera, ci ritroveremmo a realizzare qualcosa di impossibile. Non siamo riusciti a spendere il 60 per cento dei fondi strutturali. Abbiamo un deficit di capacità di spesa. Dobbiamo tenere conto poi che dovremmo operare tagli alla spesa, altrimenti ci sarebbe nuovo deficit». Nel pomeriggio la delegazione di Italia viva incontra Gualtieri e si scontra proprio su questo punto. Ma per il resto il confronto dura tre ore, tutto sui progetti, nulla che possa far immaginare che la delegazione è alla vigilia di uscire dal governo. A villa Madama Conte è anche più duro sui servizi segreti. Iv e Pd chiedono che vengano affidati a un’autorità delegata, come prevede la legge e come hanno fatto quasi tutti i predecessori (tranne Gentiloni): «La legge del 2007 attribuisce al presidente del Consiglio la responsabilità politica e giuridica sulla sicurezza nazionale, ne rispondo comunque, che mi avvalga o meno della facoltà, non è obbligatorio», replica perdendo l’aplomb, in più c’è «il Copasir, vigila sull’operato del presidente del Consiglio e le agenzie di intelligence». E rovescia la questione: «Chi chiede al presidente del Consiglio di dover delegare deve spiegare perché: non si fida del presidente del Consiglio?».

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