Tutti uniti, tutti accanto a Elly Schlein che per una volta ha risposto chiaro agli attacchi di Giuseppe Conte al Pd per le inchieste baresi, pugliesi e piemontesi. Il gruppo dirigente del Pd spara compattamente alzo zero contro il presidente M5s, accusato di provare a lucrare qualche punto in più nel capoluogo, ma soprattutto in vista delle europee. Nel movimento c’è chi accusa il Pd di aver abbassato la guardia sulla “questione morale”. Viceversa nel Pd c’è chi replica di risparmiarsi lezioni sul tema: come Lia Quartapelle che ricorda che Conte era premier quando Marcello De Vito, presidente del Consiglio comunale dell’èra Raggi, è stato arrestato. Negli scorsi giorni De Vito è stato condannato in primo grado, a 8 anni e 8 mesi nell’ambito del processo sul vecchio progetto dello stadio della Roma.

Dalla Campania, dove il partito locale è commissariato (commissario è il senatore Antonio Misiani), arriva il nuovo “Regolamento per la trasparenza nelle candidature amministrative 2024”. Contiene prescrizioni che dovrebbero essere scontate («la denuncia alle forze dell’ordine di eventuali tentativi di condizionamento», «l’impegno a ispirare l’azione politica e amministrativa ai princìpi di trasparenza e legalità»), che sarà adottato da tutte le federazioni regionali.

Eppure non si può dire che ci sia compattezza sul fronte interno. Il sospetto implicito, soprattutto da parte dell’area riformista, è che la segretaria colga l’occasione per procedere in solitaria alla chiusura delle liste per le europee. La dead line si avvicina, il limite della consegna ufficiale degli elenchi è a fine mese, ma per il Pd la partita deve essere chiusa in una riunione di direzione che sarà convocata entro il 20 aprile. Il 21 e il 22, poi ci saranno le elezioni in Basilicata: quelle a cui il Pd ha sacrificato il suo candidato Angelo Chiorazzo, e forse la vittoria, proprio sull’altare di un niet di Conte.

Contro le correnti

La segretaria sarebbe decisa ad andare avanti chiedendo pulizia nelle liste e imbracciando la causa contro le correnti di partito. Stefano Bonaccini, presidente del partito e leader della corrente di minoranza (Energia popolare) approva ma cerca di distinguere: «Io non mi sono mai permesso di dire che aree culturali con sensibilità diverse non debbano albergare in un grande partito. Però bisogna che quegli spazi di sensibilità differenti non diventino dei luoghi in cui sia più importante garantire a qualcuno l’elezione piuttosto che favorire il contributo di idee».

Più affilato il portavoce della stessa corrente Piero De Luca, che è anche figlio del presidente campano, considerato – da Schlein e dai suoi – il cacicco per antonomasia. «In Campania saremo i primi ad approvare un ulteriore codice, che ribadisce e rafforza l’attuazione di principi peraltro già presenti nel codice etico del Pd» ma «al tempo stesso bisogna evitare di delegittimare i dirigenti e gli amministratori perbene. Evitiamo di farci fare l’esame del sangue dal M5s».

Tema delicato. Anche in Puglia, dove regna l’altro potente presidente, Michele Emiliano. Che in queste ore lavora a scongiurare un nuovo strappo di Conte, ovvero l’ipotesi di una fuoriuscita del M5s dalla maggioranza regionale. Non è a rischio la giunta, spiegano i suoi, perché l’allargamento ai grillini è arrivato all’inizio del 2021, e i loro voti sono aggiuntivi.

Ma Emiliano deve fare di tutto per evitare un’altra rottura fra Pd e M5s che sarebbe il colpo di grazia al futuro del centrosinistra nazionale. Dopo qualche ventilata minaccia, il presidente M5s, che pure ha fatto saltare le primarie del comune di Bari per un’inchiesta che coinvolge anche una (ormai ex) assessora regionale, ha lasciato intendere che in regione non ci saranno contraccolpi, e che con lo stesso Emiliano nei prossimi giorni si scriveranno «pagine nuove». In regione sono sicuri che questo accadrà senza traumi, da Roma il movimento è un po’ meno sicuro.

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