Abbiamo dunque un vaccino, finalmente? Così sembrerebbe dopo l’annuncio dato dalla Pfizer dopo il risultato delle elezioni americane. Il vaccino sarebbe efficace sul 90 per cento dei pazienti che l’hanno provato. L’annuncio è frutto di una analisi provvisoria elaborata da un comitato di esperti indipendenti che ha esaminato i primi 62 casi risultati positivi al Coronavirus fra i circa 40mila volontari che hanno ricevuto due dosi di vaccino o di placebo. L’analisi è stata resa nota dal comitato al management di Pfizer domenica all’una ora di New York, e non ci sono ulteriori dettagli. Dunque un grande successo da confermare, al di sopra delle previsioni di esperti e della stessa Food and Drug Administration, che per approvare un vaccino anti-Covid richiede una efficacia  poco superiore al 50 per cento.

L’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla, che ha dovuto rispondere  ogni giorno a richieste di aggiornamento dall’ormai ex presidente Donald Trump, è entusiasta. E ha fatto anche la bella figura di non aver aderito al programma di finanziamento statale Warp Speed statunitense, che ha inondato di miliardi di dollari altre case farmaceutiche.

Anche se già a luglio dopo i primi risultati incoraggianti sulla sicurezza del vaccino aveva stilato con il governo americano un contratto di 1,95 miliardi di dollari per la fornitura dei primi 100 milioni di dosi.

Questo non vuol dire che il vaccino sia già pronto per essere distribuito alla popolazione. Prima è necessario aspettare, come richiesto da Fda, che almeno la metà dei volontari che han preso parte alla sperimentazione (statunitensi, brasiliani, argentini e tedeschi di diverse etnie ed età) siano stati monitorati su eventuali effetti avversi per almeno due mesi dalla seconda dose. Comunque ci siamo quasi, visto che alla terza settimana di novembre si sarà raggiunto  questo obiettivo.

Effetto a catena

«È una gran bella notizia», dice il padre dei vaccinologi italiani Rino Rappuoli, impegnato con GlaxoSmith-Kline in collaborazioni su altri vaccini. La notizia è un balsamo un po’ per tutti gli undici concorrenti che stanno terminando la terza fase di sperimentazione di vaccini simili, come mostra  il rimbalzo di Borsa già visibile ieri: alle 17 di ieri 9 novembre le azioni di Pfizer erano già salite da 36 a 41,30 dollari, e anche le azioni di Moderna erano salite da 72 a 77 dollari, un effetto positivo che riguarderà anche Astra Zeneca e Johnson&Johnson, gli altri competitor diretti. Il vaccino di Moderna è simile a quello Pfizer.

Pfizer  ha messo a punto una tecnologia genetica mai provata prima sui vaccini, che consiste nell’iniettare nel muscolo Rna messaggero in grado di far produrre all’organismo una proteina di superficie del coronavirus che innesca una risposta immunitaria almeno comparabile a quella trovata nel plasma dei convalescenti di Covid, a base di anticorpi e cellule T. Il fatto che si tratti di una nuova tecnologia non sembra porre problemi, almeno finora, ma la   conservazione e il trasporto delle dosi é  complesso: vanno tenute a -80 gradi di temperatura. Una sfida logistica e tecnologica che la Pfizer ha dichiarato di essere pronta ad affrontare, ma impervia per paesi privi di una buona catena del freddo.

A condividere il provvisorio successo con Pfizer è la start up tedesca BioNTech, proprietaria della tecnologia e che ha avviato le prove già a gennaio, a sequenziamento del virus appena avvenuto.

Significativo anche politicamente il fatto che la società tedesca è stata fondata da figli di immigrati turchi, Özlem Türeci e Uğur Şahin, insieme al loro professore, Christopher Huber dell'Università di Mainz.

Il vaccino è destinato anche all’Europa, ma l’agenzia europea del farmaco (Ema) non ha ancora reso nota la sua indagine preliminare. «È bene attendere dati più solidi», dice l’epidemiologa Stefania Salmaso, a lungo impegnata all’Istituto superiore di sanità su pandemie e vaccini. In effetti alla oggettiva buona notizia vanno fatte seguire varie cautele.

La prima è che al momento i produttori non hanno pubblicato nessun risultato su riviste scientifiche accreditate, stiamo quindi parlando solo di comunicati stampa. Non si sa nemmeno se il vaccino sia in grado di proteggere dalle forme gravi di Covid né se possa prevenire la trasmissione.

Sugli effetti collaterali sappiamo che ce ne sono di non gravi, ma con ogni probabilità un po’ più marcati di quelli del vaccino antinfluenzale. Infine - e non è informazione da poco - non è dato sapere quanto tempo durerà l’effetto, visto che la sperimentazione clinica comincia a dare ora i primi risultati: mesi? anni? Infine, se tutto va bene, Pfizer potrà distribuire i primi 50 milioni di lotti entro l’anno, e solo durante il 2021 altre 1,3 miliardi di dosi. 

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