Stallo sulla risoluzione della maggioranza, a un’ora dalle comunicazioni di Mario Draghi in vista del vertice del Consiglio europeo di domani e giovedì. La riunione a palazzo Cenci si era interrotta ieri, nel corso della notte, con un testo concordato. Su cui il governo non ha dato il nulla osta. È ripresa stamattina alle 8 e mezza. E la maggioranza ha scalpellato di nuovo il testo e ora, alla ripresa, alle 14, si attende l’ok del governo.

La formula generica

Il punto di conflitto è il «coinvolgimento del parlamento», in particolare sull’eventuale nuovo invio di armi, che però è comunque già autorizzato fino al 31 dicembre dal decreto approvato lo scorso marzo. La maggioranza ha accettato una formulazione generica, che però secondo il governo lascia troppo spazio a eventuali richieste oltre le «procedure previste dal decreto il decreto 14 del 2022».

Una questione millimetrica, sulla quale però palazzo Chigi ha deciso di tenere il punto, forse per evitare di lasciare spazio ad altre effervescente del M5S. Sì al confronto con il parlamento, è il senso, ma Draghi non intende «essere commissariato» e costretto a convocare l’aula prima di tutti i vertiti degli organismi internazionali.  

Un aiutino a Di Maio

Il passaggio, nella formulazione che sarebbe fin qui sgradita a palazzo Chigi, invece suona così: «Si impegna il governo a continuare a garantire, secondo quanto precisato dal decreto Legge 14.2022, il coinvolgimento delle camere con le modalità ivi previste, in occasione dei più rilevanti summit internazionali riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese le cessioni di forniture militari». Per Conte ci sarebbe la possibilità, dopo i tanti passi indietro fatti con impaccio, di provare a salvare la faccia sostenendo di aver allargato la possibilità di convocare il parlamento.

L’irrigidimento del governo lascia spazio anche al sospetto, da parte di alcuni dei presenti alla riunione di maggioranza, che Draghi voglia dare un «aiutino» al ministro Di Maio, che in queste ore è stato di nuovo messo sotto accusa da Beppe Grillo, che pur senza nominarlo, ha scritto un post inequivocabile: «Qualcuno non crede più nelle regole del gioco? Che lo dica con coraggio e senza espedienti. Deponga le armi di distrazione di massa e parli con onestà». Da palazzo arriva intanto l’eco di un grande lavorio dei deputati e dei senatori più vicini al ministro degli esteri. L’addio, secondo i boatos,  potrebbe arrivare nelle prossime ore. Alla Camera il gruppo sarebbe già composto. Più complicato invece il pallottoliere del senato.  Dove a perdere voti potrebbe essere invece Conte, ma “da sinistra” e cioè per protesta contro la resa al governo sulla risoluzione che sta per essere votata, alla fine delle comunicazioni del premier. 

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