Questa mattina i partiti che sostengono il governo Draghi si sono riuniti di nuovo per cercare di trovare un accordo su cosa scrivere nella risoluzione che dovrà essere votata in parlamento sull’Ucraina. Dopo cinque ore, non si è ancora trovato un accordo sul testo. I partiti sembrerebbero essere d’accordo, ma manca l’approvazione dell’esecutivo. La riunione è stata sospesa e rinviata alle 14.

In mattinata è tornato a riunirsi anche il consiglio nazionale del Movimento 5 stelle. Il presidente del consiglio Mario Draghi, invece, interverrà in aula al Senato alle 15, parlerà ai senatori della questione ucraina in vista del Consiglio europeo del 23 e del 24 giugno. Dopo il suo intervento, i partiti di maggioranza dovranno votare la risoluzione che indicherà al governo una serie di impegni e posizioni da tenere nelle sedi di confronto europee.

I cavilli

Il problema principale rimane quello dell’invio di armi all’Ucraina. Il testo messo a punto dalla maggioranza, riunitasi per la prima volta ieri pomeriggio, prevede che il parlamento venga coinvolto sul tema, prima che il consueto decreto venga scritto e deliberato dai ministeri della Difesa, degli Esteri e dell’Economia.

Dopo ore di incontro è stato proposto un testo, ma il governo di Mario Draghi non sembrerebbe essere d’accordo. Il passaggio in discussione è il seguente: «Si impegna il governo a continuare a garantire, secondo quanto precisato dal decreto legge 14/2022, il coinvolgimento delle Camere con le modalità ivi previste, in occasione dei più rilevanti summit internazionali riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese le cessioni di forniture militari».

I Cinque stelle, però, vogliono eliminare dal testo l’ultima frase, «ivi comprese le cessioni di forniture militari». Giuseppe Conte sta spingendo per la modifica ma il premier è contrario.  

Nel frattempo, è sempre più vicino l’addio del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. In parlamento un gruppo consistente di deputati e senatori vicini Di Maio si stanno organizzando per formare un gruppo autonomo e lasciare, insieme al ministro, il Movimento 5 stelle.

Di Maio e le polemiche

Oltre alla risoluzione, il Movimento ieri ha discusso il dissenso del ministro degli Esteri Luigi Di Maio che gli ha portato le critiche dei vertici pentastellati a partire da Giuseppe Conte. Una guerra interna che non piace al fondatore del Movimento, Beppe Grillo: «Così ci biodegradiamo in tempi record», avrebbe detto ai suoi il fondatore dei Cinque stelle a quanto riporta l’AdnKronos. Il termine espulsione usato contro l'ex capo politico e attuale ministro degli Esteri lo avrebbe mandato su tutte le furie: per Grillo le “punture” di Di Maio andavano ignorate. Grillo potrebbe arrivare a Roma nei prossimi giorni, pare giovedì.

La capogruppo del Movimento in Europa, Tiziana Beghin, che ha partecipato al Consiglio nazionale del Movimento cerca di ridimensionare: «Non ho sentito Beppe, ma sicuramente queste lotte intestine ci rendono più deboli. Questo è un regalo per i nostri avversari e non possiamo permettercelo» ha detto al Corriere della Sera. «Servono unità, dialogo e responsabilità» e ha aggiunto:  «Nessuno ha pronunciato la parola espulsione».

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