In via Tuscolana, a Roma, sede degli studi di Cinecittà, il clima non è dei migliori. Certo, le attività viaggiano a pieno regime, c’è la «piena occupazione», come ripetono i vertici. Ma sullo sfondo ci sono nubi e si agita lo spauracchio di Cinecittà 2, una concorrenza dei privati favorita dai mancati investimenti statali.

La partita si gioca intorno al progetto di Tarak Ben Ammar, imprenditore franco-tunisino e presidente del colosso Eagle Pictures, che vuole creare un nuovo polo cinematografico, altri studi che possano «ampliare», secondo la sua narrazione, l’offerta attuale.

Cinecittà bis

Per tutti è appunto il progetto di Cinecittà 2 come vorrebbe ribattezzarlo il diretto interessato. Il governo, nei mesi scorsi, ha del resto rinunciato all’acquisto dei terreni a Torre Spaccata (periferia sud-est della città) nell’ambito del Pnrr.

Inizialmente si parlava della costruzione di vari teatri di posa, poi è stato stoppato tutto, alimentando il sospetto che dalle parti del Mic si preferisca fare affidamento sui privati. Intorno al nome dei nuovi studios, emergono divergenze a Cinecittà-Luce tra l’amministratore delegato, Nicola Maccanico, e la presidente Chiara Sbarigia, già al centro del caso del doppio incarico (con la presidenza dell’associazione produttori audiovisivi) raccontato da Domani.

L’uso del brand è importante per l’imprenditore. E Sbarigia ha una posizione disponibile al dialogo con Ben Ammar, rappresentando la posizione della sottosegretaria alla Cultura, la leghista Lucia Borgonzoni. Nello scorso marzo, la presidente di Cinecittà e la sottosegretaria hanno incontrato il magnate a Los Angeles per avviare il discorso. A maggio, durante il festival di Cannes, Sbarigia e Borgonzoni hanno visto di nuovo Ben Ammar, direttamente sul suo yacht personale.

Un momento opportuno per far proseguire il dialogo, spiegare meglio la realtà italiana e dare gli elementi fondamentali per la decisione finale. A giugno, il numero uno della Eagle Pictures ha annunciato l’intenzione di compiere un investimento di 40-50 milioni di euro a Roma. La zona individuata potrebbe essere quella della nuova fiera, verso Fiumicino, con lavori da completare entro il 2024, tra ottobre e dicembre. L’imprenditore ha parlato di «progetto in accordo con le istituzioni e con il sottosegretario alla Cultura, Lucia Borgonzoni».

L'ex candidata alla presidenza della regione Emilia-Romagna ha voluto mettere il cappello politico sull’iniziativa. La spalla manageriale è di conseguenza Sbarigia, da tempo consulente-ombra e braccio operativo della sottosegretaria grazie all’esperienza acquisita sul campo e ai contatti cementati nel mondo cinematografico.

Interpellata da Domani, la presidente di Cinecittà preferisce non entrare nei dettagli della vicenda, a causa dell’assenza di deleghe ufficiali: «Non rientra nel mio ambito di competenze la gestione operativa e finanziaria della società. Quindi è l’amministratore delegato e direttore generale a interloquire con la società di Tarak Ben Ammar, come fa con tutte le altre realtà imprenditoriali, nazionali ed estere», ha spiegato.

Ma la posizione non ufficiale è quella di non ostacolare il progetto del magnate franco tunisino. Il motivo? «L’ampliamento dell’offerta di studios in Italia discende dal fatto che Cinecittà ha piena occupazione», ha puntualizzato Ben Ammar che ambisce a chiamare il polo Cinecittà 2, usando il fascino del marchio. Vista così sembra un’opzione win-win.

Occasione privata

C’è, però, qualche perplessità in via Tuscolana: una società pubblica, con la sponda della politica, rischia di favorire un privato infliggendosi un danno. Da qui la posizione prudente dell’amministratore delegato Maccanico. «La competizione è sempre uno stimolo e può portare ad una crescita complessiva del mercato», ha osservato.

Ma ha piazzato un paletto: «Cinecittà non prevede di cedere il proprio marchio (facendo sfumare l’ipotesi del nome di Cinecittà 2, ndr) e per quanto riguarda l'ipotesi di una collaborazione industriale non c’è alcun contatto e non è in corso alcuna interlocuzione».

Per l’ad, la società deve andare per la propria strada, provando così ulteriormente ad accreditarsi agli occhi di Palazzo Chigi, in particolare della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a cui è segnalato in avvicinamento dopo alcuni trascorsi vicini al Pd. E nella fattispecie all’ex ministro della Cultura, Dario Franceschini. Tenendo vivo lo scontro con la sua vicina di cda, la presidente Sbarigia.

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