Pubblichiamo un estratto del libro Uova, edito da Rizzoli nel 2022. Un romanzo che mescola tra loro tre ingredienti: una storia d’amore, l’universo della cucina e il Giappone. Lo scrittore, Hitonari Tsuji è nato a Tokyo e vive a Parigi dal 2002. Autore di molti romanzi, è considerato un capofila della nuova letteratura giapponese.

Era un uomo terribilmente impacciato e ci mise ben dodici anni per rivelare il suo cuore innamorato. Tutto era iniziato quattordici anni prima nell’izakaya Yururi (una trattoria giapponese, ndr), di cui Satoji era cliente abituale. Lui se ne stava seduto in fondo, di lato, in uno dei quattordici coperti del bancone a forma di ferro di cavallo del locale nel quartiere di Nishi-Azabu, e osservava di sottecchi il viso radioso della donna che gli sedeva di fronte. Che sorriso meraviglioso, aveva pensato, e quello era stato il principio di ogni cosa.

La donna si chiamava Mayo ed era seduta accanto al marito; si era appena sposata e nel suo grembo dimorava già una nuova vita. Aveva ventotto anni e, a giudicare dalla sua espressione, in quel momento era felice come non lo era stata mai.

Quello di Satoji non era stato un colpo di fulmine per una donna sposata. L’aveva trovata molto bella, ma era stato più come guardare da lontano, con un pizzico d’invidia, una felicità per lui inarrivabile. Anzi, per essere precisi, all’inizio Satoji provava qualcosa di diverso dall’innamoramento e Mayo rappresentava un ideale inaccessibile, da ammirare e basta.

Poi, con l’arrivo della neonata, da due erano diventati tre. [...] Poi, di colpo, dopo circa sette anni, smise di incontrare quel trio familiare. Passarono i mesi, poi dopo circa un anno Satoji incontrò Mayo in un supermercato vicino a Yururi. Lui era fermo davanti a pile di uova di vario tipo, indeciso su quali scegliere, quando lei gli si mise di fianco.

«Ah!», esclamò senza riuscire a trattenersi. Lei si girò e abbassò il capo in segno di saluto, di riflesso. Satoji ne fu felice, evidentemente lo aveva riconosciuto. «Come si fa a decidere, di fronte a questa varietà?», esordì Satoji, raccogliendo tutto il suo coraggio. Lei lo guardò furtiva e rimase pensierosa per qualche secondo. «Ora ricordo! Lei è un cliente abituale dell’izakaya qui vicino!», replicò.

Un inchino

Passò un altro anno, poi un giorno arrivò da Yururi un’ora più tardi rispetto al solito, dato che sul lavoro era andata per le lunghe. Era il fine settimana, il locale era affollato e il proprietario gli indicò il posto accanto a Mayo: era l’unico libero.

Non appena si accorse di lui, la donna lo salutò con il capo e spostò le sue cose dalla sedia sul ripiano alle sue spalle. Satoji esitò, poi fece un profondo inchino e, nonostante fosse così felice da mettersi a saltellare, si sedette accanto a Mayo fingendosi quasi mortificato.

Era un venerdì ed erano da poco passate le sei e mezzo. «Oggi è più tranquilla del solito?», chiese. «Sì, mia figlia si ferma a dormire da un’amica. Così, cosa rara, ho un po’ di tempo per me», rispose lei con tono brillante [...].

L’uovo barzotto

Dopo il divorzio, Mayo si era concentrata sul lavoro e sulla figlia, e il suo fardello era così grande che, escluse le amicizie più strette, di rado parlava di sé con gli altri. Complice il fatto di avere una serata libera dalla bambina, Mayo parlò con molta più audacia del solito. O forse era Satoji a farla sentire più a suo agio. La conversazione si fece molto accesa quando lui iniziò a spiegare come cucinare un ottimo uovo barzotto.

«Dipende anche dalle dimensioni dell’uovo, ma bisogna metterlo nell’acqua e far passare sei minuti esatti. Io uso le uova appena prese dal frigo, non a temperatura ambiente. L’acqua bollente e l’uovo direttamente estratto dal frigo hanno sempre la stessa temperatura, ecco perché faccio così e, di fatto, mi sembra che in questo modo sia anche più buono».

Satoji aveva parlato troppo e si dovette fermare per deglutire. Se a un uomo taciturno come lui la lingua si era sciolta così tanto era perché ad ascoltarlo era Mayo e perché l’argomento di conversazione era la cucina, cosa che adorava.

Nuvolette di fumo

«L’escursione termica però è improvvisa e possono crearsi delle crepe. In tal caso bisogna prendere la parte dell’uovo non a punta, il sedere insomma, e fargli un buchino con una puntina o qualcosa di simile. In questo modo si evita che il guscio si crepi e l’uovo è anche più facile da sgusciare. Quando lo si mette nell’acqua bollente, bisogna usare un mestolo, con molta cautela. Anche questo è un trucco per evitare che si rompa. Certe uova, però, hanno il guscio già crepato dall’inizio e, per quanto ci si impegni, capita che l’albume fuoriesca nell’acqua, formando i tipici sbuffi che ricordano le nuvolette di fumo. Come succede nella vita, in questi casi bisogna rassegnarsi. Quando sono di fretta, però, o quando la voglia di uovo barzotto mi viene di colpo, non uso né la puntina, né il mestolo. Metto l’uovo preso dal frigo direttamente nell’acqua bollente e si rompe meno spesso di quanto ci si aspetti. Ma torniamo al punto: dopo averlo immerso bisogna farlo girare nell’acqua con delle bacchette da cucina. Non so bene quale sia il principio, forse la forza centrifuga, ma in questo modo il tuorlo si posiziona bene al centro. Così quando lo si sguscia è perfetto, no? Dopo sei minuti, si estrae l’uovo con il mestolo, delicatamente, poi lo si lascia in acqua fredda per tre minuti. Infine lo si sbuccia con cura, ed ecco pronto un delizioso uovo barzotto».

«Satoji, ma come mai sei così esperto di uova?». L’uomo le rivelò che in passato aveva fatto il cuoco in un albergo sulla penisola di Bōsō. «Hai presente i buffet a colazione? Il tizio vestito di bianco che sta in un angolo a cucinare uova all’occhio di bue e omelette? Quello è stato il mio primo lavoro. Ecco perché, in quanto a uova, ne so qualcosa in più rispetto agli altri». Mayo rise compiaciuta. Satoji era raggiante: vedere di nuovo Mayo sorridere lo rendeva felice come non mai.

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