Vannacci guasta il clima nella Lega. Incognita Veneto

Molti, forse troppi fronti aperti affollano il tavolo delle trattative del centrodestra. Dopo settimane di rinvii, mercoledì sarà il giorno giusto per l’attesissimo vertice che dovrebbe tenersi nel pomeriggio a palazzo Chigi. Invitati dalla premier i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini, il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi, ma anche il ministro degli Affari regionali, Roberto Calderoli. Se le indiscrezioni verranno confermate, non si parlerà solo di regionali ma anche di come far ripartire la riforma dell’autonomia tanto cara alla Lega e bloccata da una sentenza della Consulta che ne ha bocciato i punti chiave. Calderoli sta lavorando alle correzioni, ma non è chiaro quando tornerà in aula e il tema potrebbe finire nella trattativa all’ombra della scelta dei candidati. Questo, infatti, è il dossier più critico. Fonti di Fratelli d’Italia spiegano che la partita è sostanzialmente chiusa sia in Puglia sia in Campania: si va verso la conferma del forzista Mauro D’Attis come candidatura di bandiera contro Antonio Decaro nella prima e nell’individuazione di un civico di area FdI (è cresciuto il nome del prefetto Michele Di Bari) nella seconda. «Il Veneto è ancora aperto», si dice tra i meloniani. L’endorsement di Luca Zaia al salviniano Alberto Stefani fa immaginare che il doge abbia chiuso su una soluzione per il suo futuro, ma è dentro FdI che il nome del giovane segretario della Liga veneta non scalda i cuori. Piace di più la vice di Zaia, Elisa De Berti, considerata più capace di gestire una giunta che avrà in FdI l’azionista di maggioranza e gli assessori di peso. Manovra anno zero: Giorgetti già archivia le promesse di Salvini Il caso Vannacci Se FdI non ha fretta e sarebbe orientata ad aspettare l’esito delle Marche, la Lega ha ansia di chiudere. Sotto il simbolo di Alberto da Giussano si sta consumando uno scontro di civiltà tra la vecchia guardia e l’ultimo arrivato, Roberto Vannacci, che Salvini ha fatto ascendere alla vicesegreteria. L’europarlamentare, con piglio militaresco, ha iniziato a creare sottosezioni di “vannacciani” dentro la Lega, con tanto di tesseramento autonomo: 150 in tutta Italia e 12 solo in Veneto. Un segnale chiaro e minaccioso: nelle prossime liste una quota di candidati verrà rivendicata da quell’area. La mossa non è piaciuta a nessuno. Da Gian Marco Centinaio («inizi a rispettare le regole della Lega») a Susanna Ceccardi («il partito non è un esercito»), fino ad Attilio Fontana («C’è qualcuno che vuole vannaccizzare la Lega. Io dico “col cazzo”») e Luca Zaia («deve fare il leghista perché è iscritto alla Lega») e al capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo («Rispetti i nostri valori e la nostra storia»). Dalla Lombardia al Veneto fino alla Toscana, sta montando la polemica contro il generale: battitore libero, indifferente al fatto che le sue mosse possano pestare i piedi a chi sui territori è radicato. Veneto, Salvini “placa” Zaia ma il Doge vuole una poltrona Tanto che è dovuto intervenire, con una nota ufficiale, il segretario Salvini, con una mossa dal sapore democristiano: non sconfessa né ridimensiona Vannacci, ricorda a tutti che bisogna lavorare. «Sindaci, governatori, ministri, parlamentari ed europarlamentari, ognuno con la testa al proprio ruolo e ai cittadini» e ancora «Vannacci è un valore aggiunto, stiamo facendo e faremo un ottimo lavoro insieme». L’obiettivo è la foto di gruppo – generale compreso – dal pratone di Pontida il 21 settembre, dal quale la Lega spera ancora di annunciare il candidato in Veneto. Ma tutto passa dal tavolo di mercoledì e l’unico ad avere fretta è Salvini.