Verso le Regionali, Schlein e la paura del 3

Scampato il pericolo toscano, e cioè il no del M5s regionale all’accordo con il presidente Eugenio Giani, Elly Schlein ha scelto una diretta Instagram per battere sui temi “identitari” sui quali spingere prima della pausa estiva: Gaza, salario minimo, TeleMeloni. Le prossime regionali sono rimaste sullo sfondo: «Stiamo lavorando con le altre forze alternative alla destra per costruire coalizioni inclusive, con candidature forti per battere le destra. Siamo già partiti nelle Marche con Ricci, nel Veneto con Manildo, mentre dall’altra parte, fuori dagli uscenti, non hanno trovato un candidato. Sono buoni solo a litigare sulle poltrone e sul potere». È vero. Nelle regioni al voto la destra non ha ancora scelto i suoi candidati: eccetto le Marche, dove la ricandidatura di Francesco Acquaroli era obbligatoria; e la Calabria, precipitata al voto per scelta del presidente Roberto Occhiuto, intenzionato a non farsi logorare dalle inchieste. Alla vigilia di Ferragosto, per la sinistra dunque l’incognita resta quella dell’inizio, le Marche. Da Nord a Sud le inchieste scuotono la politica: cosa sta succedendo in Calabria, Sicilia, Marche e Lombardia Nel risultato di Ricci si gioca la scommessa della coalizione; e di Schlein. Se qualche mese fa la segretaria puntava al 4 a 1 (ovvero confermare le regioni già governate e riconquistare le Marche), dopo la vicenda giudiziaria che ha toccato Ricci e quella che ha travolto Occhiuto l’incubo è diventato il pareggio, il 3 a 3. Sarebbe un disastro. Per dovere di cronaca scomputiamo dal risultato generale la settima regione, la Valle d’Aosta: domani voterà un referendum (senza quorum) sulla preferenza di genere e poi aprirà le urne il 28 settembre. Ma eleggerà il consiglio, da cui poi a sua volta sarà eletto il presidente. Lì regna l’Union Valdôtaine, forza spesso alleata della sinistra, ma il nuovo presidente sarà rieletto con un mischione che difficilmente sarà riferibile direttamente al centrosinistra. Sulle altre regioni, dunque, i conti sono facili: la Calabria, che si è aggiunta in corsa, è l’espediente perfetto per riequilibrare i risultati degli schieramenti. Con il Veneto, verosimilmente resterà a destra; e Toscana, Puglia e Campania a sinistra. Le Marche sono contese: ma il candidato è di Fdi e da settimane beneficia del massimo appoggio del governo. Schlein e i tre fronti aperti: quello dei segretari Pd è un mestiere impossibile Riabilitare i cacicchi Al rischio del 3 a 3, che non sarebbe un buon risultato, Schlein deve aggiungere anche qualche rischio collaterale. Primo: in Campania il candidatura di Roberto Fico sarà presto ufficializzata. Ma la partita interna al Pd è ancora aperta: fra le condizioni per appoggiare il candidato M5s, il presidente uscente Vincenzo De Luca chiede l’elezione a segretario regionale di suo figlio Piero. Una prospettiva a cui si oppone la sinistra Pd e che apre una contraddizione fortissima nell’area della segretaria: perché fare gli accordi con il cacicco per antonomasia De Luca è l’opposto di quello che Schlein aveva promesso al suo insediamento. Situazione simile in Puglia: dove l’accordo sul candidato Antonio Decaro passerà necessariamente per un patto con un altro “cacicco”, il presidente uscente Michele Emiliano. Sono contraddizioni in seno al popolo schleiniano che, alla fine dell’anno, per la segreteria potrebbero essere persino peggio che un pareggio alle regionali. Peggio del 3 a 3, per Schlein c’è ammainare la bandiera del rinnovamento con cui ha vinto ai gazebo. E alla vigilia di un congresso immaginato per consolidarsi nel partito, nonché lanciare la sua corsa verso palazzo Chigi.