Luciano Violante oggi vota alle primarie Pd ma con autoironia non dice per chi: «Non mi pare corretto. Anche perché non voglio rovinare il candidato». Ex magistrato, ex Pci, deputato per trent’anni, presidente della Commissione antimafia e della Camera negli anni degli scontri fra Berlusconi e i pm. Con Stefano Folli ha scritto «Senza vendette. Ricostruire la fiducia tra magistrati, politici e cittadini». Oggi presiede la Fondazione Leonardo-Civiltà delle macchine che dichiara di voler costruire «un ponte tra la cultura umanistica e industriale». 

Presidente, cosa si aspetta dal Pd, da lunedì?

Il Pd ha cercato di riconnettersi alla società chiamandola continuamente al voto, primarie su primarie. L’istanza era giusta, il metodo no: ci si riconnette alla società stando nella società. Dal compromesso storico in poi i partiti si sono allontanati dalla società preferendo stare nelle istituzioni. Gli eletti parlano con chi li ha votati? Il parlamentare di Pinerolo eletto a Caltanissetta, va a discutere a Caltanissetta? Il discorso politico deve far sentire il cittadino parte di un progetto. Ma non se gli viene raccontato in tv, senza guardarlo negli occhi

Già che uno di Pinerolo sia eletto a Caltanissetta è una stortura.

No, se a Caltanissetta ci va.

Il centrosinistra sarà ricucito?

C’è l’urgenza di ricomporre una opposizione capace di diventare maggioranza. Le opposizioni frantumate non fanno il proprio mestiere. Peraltro anche le maggioranze hanno bisogno di una seria opposizione per non annegare nelle acque amiche.

È verosimile che il futuro segretario Pd torni a un tavolo con Giuseppe Conte e Carlo Calenda?

Non accadrà lunedì, confido nel tempo e nell’intelligenza.

Per una parte del Pd Giorgia Meloni è una politica“capace”, per un’altra no. Lo è?

È una dirigente politica capace.

Il pestaggio dei ragazzi davanti a una scuola dice che c’è un pericolo di violenza di marca di destra radicale, e che il governo lo nega, autorizzando di fatto i giovani di destra a menare?

Pestaggi ci sono sempre stati, anche quando la destra era all’opposizione, come l’aggressione alla Cgil. La condanna dev’essere sempre decisa. Il viatico della violenza è l’indifferenza. Mi riconosco nelle parole di Sergio Mattarella.

La destra è “postfascista” o conserva una fiamma nel simbolo che la lega al Msi?

Ci sono tre destre: una tendenzialmente paleoliberale, una localista e una che cerca di diventare un moderno partito conservatore. Nessuna può essere definita postfascista. Certo, superare alcuni antichi simboli, lo fece anche il Pci, può aiutare. Le politiche concrete che stanno sviluppando possono essere criticate, ma a mio avviso, non possono essere definite postfasciste. Sono errori ideologici, ricordano il Berlusconi di “stanno arrivando i comunisti”. Meglio misurarsi sui contenuti, presentando credibili alternative.

Berlusconi è stato di nuovo assolto nel processo Ruby ter e i suoi hanno rivangato la “persecuzione giudiziaria”. È stato perseguitato dai pm?

Leggeremo la sentenza, l’assoluzione è stata determinata dall’inutilizzabilità delle fonti di prova. Detto questo, bisogna distinguere il profilo giuridico da quello politico delle questioni. È sbagliato schiacciare la politica sulla giustizia. Nella politica e nella società italiana si è a volte indicato il terreno giudiziario come l’unico legittimante. Tanto da chi confondeva la condanna politica con quella giudiziaria, quanto da quelli del “non è mica reato”. Nei sistemi di rule of law ci sono due sovranità, quella della politica e quella della giustizia. Ciascuna deve stare nel proprio campo; la prima deve dettare le regole, l’altra deve applicarle. Se la politica non è capace di dettare le regole, è inevitabile che la magistratura prevarichi.

Fase superata o qualche accento del ministro di Giustizia Carlo Nordio può reinnescarla?

Il ministro Nordio si trova tra due fuochi. Da un lato ha una forza iperliberale, Forza Italia, che ha in odio i vincoli regolatori. Dall’altro una forza iper-statuale, Fdi, votata alla regola e alla coercizione come fattori del governo della società. Si muove con intelligenza.

La destra lamenta l’egemonia culturale della sinistra.

La sinistra ha in sé il pensiero critico, in continuo conflitto ricostruttivo con il reale; la destra - lo dico con rispetto - ha la cultura della conservazione del reale. Ci sono intellettuali di destra di grande peso, ma non c’è dubbio che il pensiero critico sia collocato più a sinistra che a destra. La sinistra del passato ha curato la scuola, l’editoria, la pluralità dei mezzi di comunicazione; per questo ha avuto una forte capacità di orientamento ideale della società, un’egemonia appunto. Che qualche volta è diventata discriminazione di chi la pensava diversamente. Poi la sinistra ha smesso di curare la scuola e la formazione delle nuove generazioni. E la sua capacità di orientamento si è indebolita. Ma la debolezza generale delle forze politiche è nell’attuale incapacità di produrre maestri. Giorgia Meloni è nata nel ‘77; aveva un anno quando è stato ucciso Moro, quindici quando c’è stato il crollo del 1992. Appartiene a una generazione senza maestri. Lei ha costruito da sé la propria statura politica. Molti altri non ce l’hanno fatta.

Lei sarà stato perseguitato dalla seguente domanda: quando nel 2015 parlò dei “ragazzi di Salò” volle sdoganare i post fascisti?

Non ho mai parlato dei ragazzi di Salò, definizione giornalistica usata per dileggio. Dichiarai inaccettabile la parificazione tra le parti, respinsi i revisionismi falsificanti. Consideravo e considero necessario riflettere su cosa spinse migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze a scegliere la violenza. Un mio parente è finito a Mauthausen. A casa mia ‘'era la foto di un carro piombato con un giovane italiano in divisa che stava di guardia. Mi sono sempre chiesto: perché quel ragazzo italiano non capiva che in quel vagone c’erano italiani come lui, condannati a morte da uno straniero? In un paese che ha avuto il terrorismo, un cittadino democratico deve sempre interrogarsi sul perché c’è chi sposa la violenza e l’oppressione anziché la libertà e la democrazia. E comunque una civiltà politica deve nutrire rispetto per i vinti. Solo chi non ha fiducia nelle proprie idee indulge nella perenne costruzione del nemico, anche all’interno delle proprie file.

Qual è il ruolo di Berlusconi oggi?

Silvio Berlusconi ha innovato la politica e la comunicazione. La sua grande innovazione è stata porsi come rappresentante della società contro la politica. E in tanti gli sono andati dietro, spacciandosi per “la società”. Oggi non ha più un ruolo decisivo, anche per ragioni anagrafiche. Dice cose che i suoi devono spesso smentire e attenuare.

È il padre dell’antipolitica?

No, ci sono molti padri e qualche madre.

Lei resta un politico in servizio?

Mi occupo di modernità e di futuro cercando di amministrare con decoro il mio progressivo decesso. Mi occupo con molti collaboratori, che ringrazio per il loro impegno, di spazio, metaverso, subacqueo, agricoltura di precisione.

E guerra. Finirà la guerra russa?

Le guerre finiscono, bisogna capire come. Certo nessuno dei due può passare come definitivamente sconfitto, se non dopo un disastro generale, che non conviene a nessuno. Bisogna riflettere sulla possibilità di una tregua. Dalla tregua può nascere la pace.

Il Pd resta a fianco all’Ucraina a costo di perdere consenso?

La politica ha la funzione di ascoltare ma anche di orientare. Nel 2013 Obama disse che ogni paese deve essere pronto a difendere la propria libertà. Tradotto: cari europei, dovete fare da soli. Allora: dobbiamo continuare a delegare a qualcun altro la nostra difesa? Se non vogliamo essere subalterni, se vogliamo difendere la nostra sicurezza, abbiamo bisogno di una forza armata e di una tecnologia militare. Bisogna ricominciare a discutere nel nostro paese qual è il ruolo delle forze armate e quale il posto della sicurezza nelle grandi politiche del paese. Nelle forze armate c’è un pezzo della nostra classe dirigente.

Anche nella guerra stiamo delegando, come sempre, agli Usa un ruolo che l’Europa dovrebbe prendersi, e non si prende?

Gli Usa non hanno bisogno di deleghe, sono la prima potenza economica e militare del mondo e si comportano come tale. Invece l’Europa non ha una politica estera né di difesa, né ha sovranità tecnologica. Tecnologia, difesa, sicurezza e libertà vanno assieme. L’Europa deve esprimere una propria politica delle nuove tecnologie, attorno alle quali oggi si costruiscono la pace e la sicurezza. Altrimenti sarà difficile non essere in qualche modo subalterni alle scelte della più forte potenza dell’occidente.

  

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