«Solo sì è sì», c’è l’accordo. Ma per un uomo su quattro la violenza è normale

Il sesso senza un consenso libero e attuale è stupro. Lo prevede la Convenzione di Istanbul, il più importante strumento internazionale vincolante per la prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne. Ora, dopo il passo importante della commissione Giustizia alla Camera, questo concetto sembra più vicino a entrare anche nel nostro ordinamento, grazie a un accordo che in molte hanno definito «storico». Da anni, infatti, l’Italia si era resa inadempiente perché non aveva intrapreso nessuna azione per modificare la definizione penale di stupro. E una modifica si fa sempre più urgente se si leggono i dati dell’ultima ricerca di ActionAid e Osservatorio di Pavia, secondo cui «la violenza è interiorizzata e normalizzata nelle relazioni affettive e familiari». Un uomo su tre considera la violenza economica accettabile. Per uno su quattro la violenza verbale e psicologica sono ampiamente motivate. Mentre per un maschio adulto su dieci la violenza fisica è giustificabile. Accordo bipartisan: il sesso senza consenso è stupro. Ma per un uomo su quattro la violenza è ancora giustificata Accordo bipartisan Mercoledì sera in commissione è stato approvato all’unanimità un emendamento alla proposta di legge a prima firma Laura Boldrini (Pd) che introduce il concetto di consenso nella definizione del reato di violenza sessuale. Se a oggi il reato sussiste solo quando l’autore usi violenza o minaccia o ci sia abuso di autorità, la modifica punisce «chiunque compie o fa compiere atti sessuali a un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima può essere punito con la reclusione da sei a dodici anni». Il testo è atteso in aula il 17 novembre. Il risultato era piuttosto inatteso, se si considera la campagna di discredito fatta da politici e media di destra solo qualche settimana fa. Avevano parlato di un modo per «inibire la libido» e accusato Boldrini di pretendere la firma di un contratto. «Una campagna di fake news. Una mancanza di rispetto verso tutte donne che non sono state credute perché non hanno reagito alla violenza a causa della paura», dice la deputata del Pd, soddisfatta che queste campagne non siano riuscite a «intaccare la volontà delle donne di ogni schieramento politico di andare fino in fondo». Questo accordo è stato infatti raggiunto grazie al confronto diretto tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd, Elly Schlein. Boldrini le ringrazia, così come ringrazia le due relatrici che sono riuscite a raggiungere un compromesso che «assorbe la definizione proposta da noi, recepisce le sentenze della Cassazione e riempie un vuoto legislativo. Abbiamo introdotto il concetto ed è quello che conta». «Senza dati aperti non possiamo comprendere né prevenire la violenza di genere». La campagna che chiede trasparenza Una svolta culturale Schlein l’ha definita «una svolta culturale fondamentale». «Un cambio di paradigma culturale» per la relatrice di minoranza Michele Di Biase. Così per Boldrini, perché questa modifica «cambia l’assetto in vigore che ha generato sentenze mostruose». Nonostante la Cassazione abbia adottato da tempo il concetto di consenso, molte sentenze invece «hanno cancellato la credibilità e la dignità delle donne», sottolinea Boldrini. «Se una donna pietrificata dal terrore dell’assalto sessuale non reagisce – aggiunge – non significa che abbia detto sì. Solo sì e sì». L’articolo 609 bis per com’è scritto ora richiede l’uso della violenza o minaccia. Questo non solo viola la normativa internazionale e non prende in considerazione gli studi che dimostrano come la reazione più diffusa tra le donne vittime di violenza sessuale sia un blocco fisico, psicologico ed emotivo. Ma sposta la responsabilità della violenza subita sulla donna. L’articolo 36 della Convenzione di Istanbul definisce consenso la «libera manifestazione della volontà della persona», «valutato tenendo conto della situazione e del contesto» e revocabile «in qualsiasi momento e con ogni forma». Dunque, il consenso – come prevede l’emendamento approvato – deve essere libero e attuale. L’ago della bilancia ora si sposta e «sarà l’uomo che dovrà dimostrare che c’è stato consenso», dice Boldrini. La modifica era urgente anche per chi si occupa di contrasto alla violenza di genere, come la rete di consultori DiRe per cui «finalmente si riconosce alle donne la libertà di decidere sul proprio corpo», ha dichiarato la consigliera nazionale Marta Buti, sottolineando però che servirà «vigilare che questo non si traduca in una vittimizzazione secondaria nei tribunali». Niente sesso, siamo studenti. Ma educare non è negare la complessità Prevenzione La novità è sul piano giuridico ma, dice Boldrini, «la violenza si combatte con la cultura del rispetto e del consenso, fin dai primi anni di scuola». Per questo, aggiunge, il Pd non è d’accordo con il ddl Valditara sul consenso informato in ambito scolastico, che dovrebbe slittare a dicembre e «non vuole introdurre l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole primarie». La necessità di intervenire fin dall’infanzia, e non solo, è evidente se si osservano i dati di ActionAid, che dimostrano come gli stereotipi di genere si riproducano in ogni ambito della società, legittimando la violenza. Nessuna generazione si salva, dalla quella degli over 60, «che nega la violenza di genere e non sa vederne le diverse forme», alla generazione Z. Il 55 per cento dei millennial, ad esempio, ritiene legittimo il controllo sulla partner. Per questo la prevenzione primaria, si legge, «non si può fermare alla necessaria educazione nelle scuole, ma deve coinvolgere le persone di ogni età, con azioni dirette a tutti gli ambiti della vita quotidiana, perché solo un cambiamento culturale può fermare la violenza maschile contro le donne». E, per farlo, ricorda ActionAid, serve che almeno il 40 per cento delle risorse annuali del Piano antiviolenza sia vincolato alla prevenzione primaria. Educazione sessuo-affettiva: l’appello di Gino Cecchettin arriva in aula, la maggioranza lo ignora