«Salvini e Meloni dicono che una legge contro l’omotransfobia non serve Eppure, quando abbiamo introdotto l’aggravante per l’istigazione all’odio contro i disabili, l’hanno votata. Per l’”abilismo” sì, per l’omotransfobia no? Che vuol dire?». Alessandro Zan, 45 anni, già presidente di Arcigay Veneto oggi deputato Pd, è il primo firmatario della legge ferma al Senato per l’opposizione di Lega e Fratelli d’Italia.

Onorevole Zan, lei sostiene che la Lega e FdI sono contrari solo all’aggravante per omotransfobia, e non a quella per l’odio contro i disabili contenuta nella stessa legge?

È evidente da come hanno votato. Nella legge l’abilismo segue gli stessi criteri dell’omotransfobia. Ma hanno votato a favore dell’aggravante per abilismo e contro quella per l’omotransfobia. Si contraddicono di nuovo quando parlano di “legge bavaglio”: la libertà di espressione vale solo sui gay, o anche su tutto il resto?

Si spieghi.

La destra ha fatto ostruzionismo alla Camera, in commissione Giustizia, sostenendo che il testo limitasse la libertà di espressione. Poi, su sollecitazione di Lisa Noia di Italia viva, abbiamo inserito l’abilismo. Ed era giusto: per l’Unione europea i disabili sono uno dei gruppi sociali vittima dei crimini d’odio, assieme alle donne e alle persone Lgbt. Invece il razzismo e l’antisemitismo sono già coperti dalla legge Reale-Mancino. Sull’abilismo, dunque, hanno votato tutti. Quindi sui disabili va bene introdurre un’aggravante per il crimine d’odio nel codice penale, invece sull’omofobia no? Vuol dire che sono d’accordo sul principio, che è lo stesso, ma che non vogliono che le persone Lgbt abbiano una protezione.

Prendiamo sul serio le obiezioni della destra. Siete sicuri di non introdurre un reato di opinione?

Sicuri. È ribadito nell’art. 4 della legge: la libertà di espressione è garantita dall’Art. 21 della Costituzione. La cosa che viene punita è l’istigazione all’odio.

C’è chi sostiene che il sacerdote che dice che essere omosessuali è peccato potrà essere perseguito.

Non è vero.

O che la persona che dichiara di essere contraria alla gestazione per altri, che loro chiamano “utero in affitto”, è perseguibile. Vero?

Ma no. Le opinioni sulla famiglia, né su qualsiasi altra cosa, non saranno mai un reato. Il tema è l’istigazione all’odio. Di fronte alle controversie sulla libertà di opinione, a partire dalla legge Mancino, la giurisprudenza, sia costituzionale che ordinaria, è intervenuta per chiarire la differenza: istigazione all’odio è quando un’espressione determina un concreto pericolo di discriminazione e di violenza nei confronti di un gruppo sociale. Se dico «sono contrario alla gravidanza per altri» non determino nessun pericolo. Se dico «i gay devono morire» è un’istigazione all’odio. La giurisprudenza ha fatto sentenze su sentenze, noi abbiamo solo esteso quella legge. Del resto c’è anche la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che stabilisce, su casi singoli, che agire anche verbalmente mettendo in pericolo una persona o un gruppo sociale non è più libertà di espressione.

Se fosse stata già approvata, la sua legge sarebbe stata utile alla coppia di ragazzi presa a calci e pugni a Valle Aurelia qualche settimana fa?

Sì. Nella denuncia avrebbero avuto a disposizione un reato con un nome. Jean Pierre e Alfredo hanno raccontato che sono andati alla polizia e hanno denunciato che sono stati aggrediti perché si stavano dando un bacio. La risposta è stata: «Eeh? Cosa?». Insomma, lì per lì, hanno ricevuto una reazione un po’ incredula. Ma il punto è che se al posto di questi ragazzi ce ne fossero stati altri, l’uomo che li ha pestati avrebbe reagito nello stesso modo. Perché il problema è che sono una coppia gay che si sta baciando. Diamo un nome alle cose, si chiama omofobia, sono stati aggrediti perché sono gay. E dunque, come per il razzismo e l’antisemitismo, serve un reato che dia un nome a quell’odio.

Dice Isabella Rauti che volete introdurre «l’ideologia gender». Cos’è?

Una loro ossessione, richiederebbe un approfondimento con competenze che non sono le mie. Cosa sia questa ideologia non lo sa nessuno, abbiamo capito solo che mistificano la realtà con le loro paure. Giorgia Meloni al Maurizio Costanzo Show ha detto che noi vogliamo far scambiare i vestiti ai bambini di sette anni per insegnare loro cosa sia l’omosessualità. Non so da dove le sia venuta questa fantasia. Ma è un pensiero volgare e inaccettabile nei confronti del lavoro di maestre e maestri per decostruire gli stereotipi che sono una delle cause delle discriminazioni e del bullismo. La mamma stira e il papà va a lavoro è uno stereotipo di genere. Decostruirlo non è mettere in discussione una persona o il suo orientamento sessuale. Perché un bambino che gioca con le bambole rischia di essere bullizzato? Riguarda anche i disabili: perché circola il pregiudizio che una persona diversa debba essere una persona da colpire. Gli stereotipi sono l’anticamera della violenza. In ogni caso, per rassicurare tutti, nella legge si parla di progetti che devono essere concepiti dentro i piani delle scuole, costruiti e condivisi da genitori e insegnanti.

Giorgia Meloni fa appello al presidente Draghi perché non siano affrontati temi «divisivi». E la Lega dice di pensare ai vaccini e non perdere tempo.

La Lega ha presentato il progetto di legge per riconoscere alla canzone Romagna mia come «espressione popolare dei valori della Repubblica». Era una urgenza? Una priorità? Lascino perdere. È il solito benaltrismo. La Lega e FdI hanno presentato tante mozioni o ddl che non c’entrano con la pandemia, e nessuno ha contestato, anche perché il parlamento fa il suo mestiere e si occupa di tutto. C’è una cosa più seria. Meloni chiede a Draghi di fermare la legge Zan. Meloni si ripassi la Costituzione. La nostra è una legge di iniziativa parlamentare, il testo sta al Senato. Si doveva appellare alla presidente Casellati. Ha sbagliato interlocutore.

Alla Camera molti deputati del centrodestra hanno votato sì. Succederà anche al Senato?

Credo di sì. Alla Camera il voto segreto è stato chiesto per affossare il testo, e invece sono arrivati numeri ben più alti della maggioranza. Perché non c’è nessuno che non abbia mai avuto un amico o il figlio di un amico, o un’amica, che non abbia subito bullismo e discriminazioni ingiuste, o aggressioni.

Il segretario del Pd Enrico Letta si è espresso più volte a favore dell’approvazione della legge contro l’omotransfobia. La Lega e FdI fanno muro. Il Pd sarà davvero determinato?

Sì. La nuova presidente del gruppo del Senato, Simona Malpezzi, è una donna molto convinta di questa battaglia. Ma del resto lo era anche il suo predecessore Andrea Marcucci. E il segretario Letta mi pare sia stato chiaro. D’altronde per far nascere il governo noi non abbiamo fatto un accordo con la Lega. Abbiamo dato la fiducia a Draghi perché si occupi delle emergenze del nostro paese, la crisi sanitaria e la crisi economica e sociale. Ma il parlamento sta approvando tante altre cose. E Lega e FdI, quando fanno i loro emendamenti, non si preoccupano di non essere “divisivi”. Quanto a noi del Pd, abbiamo fatto un lavoro di condivisione, anche con i cattolici democratici, bello e entusiasmante. Ripeto: è una battaglia contro i crimini d’odio, è chiaro che coinvolge tutti.

Siete sicuri di avere la maggioranza al Senato?

Sì.

Ma è comprensibile che Salvini tema di certificare che c’è una maggioranza progressiva in parlamento. O no?

Una maggioranza trasversale. Elio Vito ha giustamente detto: non posso credere che un liberale come Berlusconi non sia favorevole alla legge Zan. Neanche io. Quanto a Salvini, ha ragione Letta: la sua conversione europea fa acqua. Anziché avvicinarsi alla destra liberale, si avvicina all’ungherese Orbán, che ha fatto dell’omofobia una discriminazione di stato, o alla Polonia, che ha stabilito zone in cui le persone gay sono interdette e sta minando i diritti delle donne.

Oggi lei farà una diretta Instagram con Fedez, ieri il sindaco Sala ha chiesto di approvare la legge. In tanti, anche attori e artisti, si stanno esprimendo. Avete organizzato una campagna?

No, è tutto spontaneo. Sono sorpreso, colpito e contento. Fedez, ha raccontato di suo figlio, tre anni, che gioca con le bambole, il che non vuol dire nulla. Ha scritto comunque che il fatto non lo turba, e non lo turberebbe se domani avvertisse la voglia di mettersi il rossetto. «Perché ha il diritto di esprimersi come meglio crede». Gli sono molto grato.

© Riproduzione riservata