Il leader della Lega Matteo Salvini sfida il Pd, anzi il suo segretario Enrico Letta, fermo sul no a qualsiasi mediazione sulla legge Zan. Una posizione sempre più scomoda da mantenere, nel suo partito, dove la minoranza di Base riformista ormai apertamente chiede un tavolo con Matteo Renzi e Matteo Salvini per provare a trovare un punto di incontro sulla legge contro l’omofobia.

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Il leader della Lega vede le difficoltà interne ai democratici e prova a metterli all’angolo. Un’azione a tenaglia con quella di Matteo Renzi. «Propongo a Enrico Letta, per l’ennesima volta, una mediazione come chiesto anche dalla Santa Sede», dice il leader leghista da Bassano del Grappa (Vicenza), dove è in tour per sostenere la raccolta delle firme sui referendum sulla giustizia. «Vediamoci martedì, prima che il testo arrivi in aula, per togliere i punti critici degli articoli 1, 4 e 7. Se Letta non accettasse, la legge Zan finirebbe male e tutta la responsabilità cadrebbe sulle spalle del Pd».

Freddo il Pd

Fredda la reazione del Pd. «Quanto vale la parola di Salvini sulla legge Zan», è il commento che viene consegnato da un dirigente molto vicino al segretario. «Restiamo sulla scadenza di martedì. Arriveranno gli emendamenti. E ciascuno porterà un nome e un cognome. Ognuno si assumerà la sua responsabilità».

Gli emendamenti

Martedì alle 12 infatti scade il termine per la presentazione degli emendamenti. I «trattativisti» di Italia viva e della Lega stanno decidendo con quale tecnica d’aula costringere Letta a sventolare bandiera bianca. I renziani potrebbero riproporre gli emendamenti già consegnati al presidente della commissione giustizia Andrea Ostellari: soppressione dell’art.1 della legge (quello con le definizioni, compresa la contestata «identità di genere»), all’art.2 introduzione delle aggravanti per chi istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi «fondati sull’omofobia e la transfobia», sopprimere l’art.4 (quello che sottolinea la libertà di pensiero) e infine all’art.7, dove si prescrive alle scuole di  organizzare iniziative per la giornata contro le discriminazioni, aggiunge una sottolineatura al rispetto «dell’autonomia scolastica». 

Nella speranza che su qualcuno di questi possa convergere la Lega, Forza Italia ma anche Fratelli d’Italia. E così la legge potrebbe essere modificata, con un una maggioranza ribaltata, propiziata dal voto segreto. Poi però il testo, così cambiato, dovrebbe essere approvato. Ma da chi? Fin qui la stragrande maggioranza delle associazioni  per i diritti hanno consegnato al Pd il mandato di non accettare mediazioni.

Le associazioni: meglio nessuna legge

«Meglio nessuna legge che un testo rielaborato da chi pensa che le nostre esistenze non valgano», è infatti l’appello di un centinio di associazioni, collettivi, reti e gruppi Lgbt (fra cui Arcigay e sindacati) a proposito delle fumose mediazioni di cui Matteo Salvini e Matteo Renzi parlano da giorni. Le associazioni chiedono di «non mollare, vogliamo questa legge senza compromessi sulle nostre identità di genere e sui nostri orientamenti», «Abbiamo già visto gli effetti dei compromessi al ribasso, con lo stralcio della stepchild adoption (...). Oggi si ripete lo stesso schema». 

Il no ufficiale

Il no ufficiale alla proposta di Salvini arriva da Franco Mirabelli, capogruppo dem in commissione giustizia: «Non ha nessuna credibilità chi per otto mesi ha fatto ostruzionismo e sta dicendo quello che stiamo ascoltando nel dibattito al Senato, interventi che non lasciano intravedere alcuna volontà di affrontare il tema dei diritti», replica, «Salvini ha firmato e votato con Orbán al Parlamento Ue: che credibilità ha?». Ma il vero problema è quello di merito, sul fantomatico accordo considerato possibile: «Sia Salvini che Renzi dicono che un compromesso ci vuole due minuti a farlo, ma noi non abbiamo ancora capito quale sia questo compromesso perché in realtà non esiste, è solo propaganda. Se per Renzi e Salvini è sacrificare una parte fondamentale della legge Zan, è evidente che per noi è irricevibile. Stiamo parlando di diritti. Noi compromessi al ribasso non ne facciamo».

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