Il segretario del Pd Nicola Zingaretti nel corso della direzione ha rimesso in riga il Pd, domani verrà proposto a mattarella il nome di Giuseppe Conte, continua la ricerca dei responsabili: «Solo 4 voti in meno della maggioranza assoluta» e infine la totale mancanza di fiducia in Matteo Renzi con «legittimi fondati dubbi sulla affidabilità per il futuro».

La crisi, ha detto al Pd riunito e in diretta streaming su Facebook, è stato «un errore politico, sbagliato e grave e che ha prodotto sconcerto nell’opinione pubblica e incredulità nei governi delle altre democrazie europee».

Il discorso ha dato anche l’immagine di un Italia «che deve guarire» ma anche «l’Italia che non si arrende mai. Come felicemente ha detto oggi Giorgio Armani in una bella intervista». E ha fatto riferimento ad Aldo Moro: «Cito questi esempi perché questo è il contesto nel quale si è voluto aprire la crisi e noi  parafrasando Aldo Moro non dobbiamo mai commettere l’errore neanche di lambire una politica lontana della gente». Aspetto emotivo a parte, nel discorso di Zingaretti si vede anche lo spettro dello stallo, qualora si tornasse al voto. «Nessun partito o alleanza politica nel 2018 ha ottenuto con il voto la maggioranza e i governi che si sono formati sono nati tutti da accordi politici e parlamentari».

Zingaretti ha ripetuto l’appello alla responsabilità fatto dal presidente Conte per sostenere «un governo di stampo europeista e che affronti le sfide che abbiamo davanti», quell’appello, ha detto «ha ottenuto la fiducia dei due rami del parlamento senza il voto dei parlamentari di Italia Viva.  Una maggioranza assoluta alla Camera e 157 voti al Senato, solo 4 voti in meno della maggioranza assoluta».

Per Zingaretti Conte è «un punto di equilibrio credibile». Questa «consapevolezza e la volontà di dare vita a un governo nuovo stabile e di ampia base parlamentare ha portato il presidente Conte a rassegnare le dimissioni, e mettersi a disposizione per un esecutivo di chiaro stampo europeista e con un nuovo programma». 

Il Next Generation Eu è «un treno, come ha detto bene Romano Prodi,  che l’Italia non può permettersi di perdere». Adesso serve «un Governo che possa contare su un’ampia base parlamentare. Che sia nel solco della migliore tradizione europeista del nostro paese e si impegni nella missione di un rilancio e rinnovamento delle Istituzioni europee. Che sia in grado di affrontare le grandi emergenze poste dalla pandemia dal punto di vista sanitario e sociale e affronti i nodi dello sviluppo a cominciare dall’attuazione delle opportunità che l’Europa ci offre». Per questo «auspichiamo un governo con una maggioranza ampia». Come il premier dimissionario, il segretario del Pd è tornato a proporre una nuova legge elettorale di stampo proporzionale «così come indicato dalla nostra direzione».

«Questo per raccogliere e dare piena cittadinanza alle istanze e disponibilità che tante forze di ispirazione moderata e liberale hanno manifestato ma anche per mettere al riparo il futuro governo da rischi di instabilità e fragilità».

Il rapporto con Italia viva

La frattura con Italia viva sembra molto lontana dal sanarsi: «Sui giornali in questi giorni si è molto parlato del rapporto con Italia Viva e del suo ruolo. La scorsa settimana qualcuno ha addirittura invitato il sottoscritto a farsi passare “l’arrabbiatura” per la crisi e a riprendere il dialogo per andare avanti. Voglio rassicurare tutti. Non è un tema di nervosismo o personale».

Con il leader di Italia viva soprattutto: «Anzi io in particolare con Renzi ma anche con  gli altri leader della maggioranza nei mesi scorsi ci siamo confrontati e abbiamo cercato vie comuni per rilanciare e migliorare l’azione di governo».

La rottura, ha ricordato, «non è stata provocata da noi». In questa lettura sui rapporti politici «c’è dunque un equivoco, visione miope di chi non riesce a vedere il problema che riguarda l’Italia e la credibilità e serietà della nostra proposta politica».

Il tema del rapporto con Italia Viva «non ha nulla a che vedere con un aspetto di risentimento per il passato, ma di legittimi fondati dubbi sulla affidabilità per il futuro». Nessun veto, ha detto ancora, «ma un aspetto politico da tenere in considerazione, non per spirito polemico che non mi appartiene, ma  perché noi verremo giudicati dagli italiani in merito alla sincerità e alla credibilità delle parole che utilizzeremo per definire il nuovo governo che decideremo di sostenere».  Zingaretti non dimentica: «Ricordiamocelo. Per la prima volta nella storia della Repubblica nel giorno del giuramento dell’esecutivo attuale al quale abbiamo contribuito a dare vita, si verificò una scissione che ne mutò le caratteristiche. Il nuovo partito, Italia Viva, che fu protagonista di tale scissione dichiarò come missione fondamentale quella di distruggere il principale alleato del governo appena formato, sperando di ridurlo al 6 per cento dei consensi».

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