Il presidente dei vescovi ha collocato l’impegno dei credenti nel solco della dottrina sociale della Chiesa, ma, per ora, non si parla di un nuovo partito. Benedizione di fatto ai fan del centro. A metà febbraio a Roma si svolgerà la “costituente” degli amministratori locali cattolici. Intanto definisce le priorità sociali del paese: lavoro precario, casa, sostegno alle famiglie, diritti e integrazione per i migranti
Il cardinale Matteo Zuppi ha dato la sua benedizione e quella dei vescovi italiani al ritorno dei cattolici sulla scena politica del paese. Quali forme prenderà questa partecipazione attiva è presto per dirlo. Gli animatori che negli ultimi giorni hanno dibattuto in due diversi convegni della necessità - soprattutto nel centro sinistra, da Romano Prodi a Paolo Gentiloni e Ernesto Maria Ruffini - di riportare in auge una cultura centrista e moderata ripetono che «non sarà un partito».
La moderazione non è per forza virtù: ciò che conta sono i contenuti. Così il presidente della Cei, ha affermato durante la sua relazione introduttiva al consiglio episcopale permanente: «Mi piacerebbe che il Giubileo ci spronasse a fare programmi creativi e stabili per quanti vivono difficoltà, anche in collaborazione con quanti condividono la nostra stessa sensibilità».
«È in questo senso - ha aggiunto - che guardiamo con simpatia agli sforzi per una rinnovata presenza dei cristiani nella vita politica del Paese e, mi auguro, dell’Europa, a partire dalla Settimana Sociale di Trieste». «È importante che ciò avvenga – h aggiunto subito dopo - nel tracciato della Dottrina sociale della Chiesa, nella pur legittima pluralità di espressioni politiche. Il Giubileo coincide con l’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, dalla cui tragedia nacque la scelta di immaginare la pace costruendo l’Europa i cui principi fondativi vanno difesi e rilanciati».
Alle spalle c’è dunque l’esperienza della Settimana sociale di Trieste del luglio 2024, evento che fece da big-bang al tentativo in corso, e dietro il quale c’era stata una lunga preparazione. In quell’occasione è nata infatti la rete degli amministratori locali cattolici, che è cresciuta col passare dei mesi, anche attraverso una serie di incontri pubblici, e ora avrà il suo momento culminante nella «costituente degli amministratori cattolici» che si terrà a Roma, alla Domus Mariae, il 14 e 15 febbraio.
Obiettivo dell’incontro, al quale parteciperanno oltre 500 amministratori e operatori sociali cattolici, quello di dare vita a forme di partecipazione che rompano con «l’inganno delle polarizzazioni». Nel documento di convocazione dell’evento si legge: «Vogliamo provare a modificare radicalmente lo stile e l’agenda politica del Paese, dimostrando che ci possono essere temi condivisi anche fra diversi schieramenti».
In questo senso, «pensiamo che i cattolici possano tornare davvero protagonisti del dibattito pubblico in Italia, attraverso amministratori capaci di rimettere al centro i bisogni delle persone e delle comunità, attraverso i temi che incidono sulla vita dei cittadini: il problema della casa e il disagio giovanile, il welfare territoriale e le sfide ambientali, lo spopolamento delle aree interne, la protezione sociale e le nuove forme di partecipazione».
Tuttavia, proprio per questo, si precisa, la ‘Rete di Trieste’ non nasce con l‘intento di «creare un nuovo micro partito o di animare correnti interne a quelli esistenti, ma vuole rendere evidente quanto decisivo sia ancora oggi il contributo dei cattolici e della Dottrina sociale alla vita del Paese». Si vedrà quale sarà l’approdo finale, certo è che il cammino per la nascita di una sorta di rassemblement politico di ispirazione cattolica ma non per questo confessionale, sembra ormai avviato.
Nel frattempo Zuppi, parlando ai vescovi, ha comunque messo sul tappeto alcune questioni sulle quali la Chiesa preme da tempo: «Fa riflettere - ha detto ancora l’arcivescovo di Bologna aprendo i lavori del consiglio episcopale permanente - la condizione del lavoro povero e precario, che favorisce peraltro sacche di illegalità, la difficoltà per tanti di arrivare alla fine del mese e di poter immaginare il futuro. Strettamente legata alla famiglia e alla natalità è la questione della casa che richiede certamente uno sforzo straordinario per garantire prezzi d’acquisto accessibili e garanzie adeguate agli affittuari».
Importante poi il passaggio sulle migrazioni: «E’ evidente la necessità di non indebolire la cultura dei diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati – ha detto nel merito il cardinale - offrendo regole di diritti e doveri sicuri, flussi e canali che permettano l’ingresso dei necessari lavoratori, che non sono mai solo braccia, ma persone che richiedono politiche lungimiranti di integrazione.
Quindi ha ricordato come «l’esperienza dei corridoi umanitari e lavorativi» sia «da valorizzare perché garantisce dignità e sicurezza a chi fugge da situazioni drammatiche». «Le Diocesi italiane, con il loro impegno, sono un faro di accoglienza per oltre 146.000 persone di origine straniera» ha poi sottolineato Zuppi, rispondendo implicitamente a chi accusa la chiesa di chiedere accoglienza per i migranti ma di non aprire poi le porte a chi arriva nel nostro Paese.
Infine, sul piano internazionale, Zuppi ha condiviso la proposta del papa, compiuta in occasione del Giubileo, relativa alla cancellazione del debito dei paesi poveri da parte delle nazioni più ricche: «La Chiesa non può non far sentire la sua voce, perché si stabilisca una equità sociale e i pochi straricchi non profittino della loro posizione di vantaggio per influenzare la politica per i propri interessi».
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