Tra i primi slogan di Elly Schlein segretaria del Pd c’è il «Mare Nostrum europeo». E ci sono i migranti, per almeno tre validi motivi. Il primo è che l’identità politica stessa di Schlein si incardina sul suo passato all’Europarlamento, dove si è spesa per la riforma del sistema di Dublino.

Poi c’è il manifesto con il quale la nuova segretaria ha conquistato anche i più sfiduciati e i non più iscritti al Pd: fare pulizia delle incrostazioni destrorse, renziane e minnitiane, dal Jobs Act ai finanziamenti alla Libia. Su un approccio più umano all’accoglienza la segretaria può pure contare sulle componenti cattolico-sociali e di sinistra del Pd. Ora il partito che Schlein guida si colloca all’opposizione, e può quindi liberare tutta la carica ideale senza che l’attività di governo ne fiacchi le ambizioni.

Non per ultimo, attraverso il tema dei migranti è possibile leggere i piani di Elly Schlein da qui al 2024: costruire un fronte allargato, proprio come aveva già fatto da eurodeputata cercando un accordo sulla sua riforma.

La reazione a Meloni

Già nella sua agenda per la leadership, Schlein aveva chiarito che «il Pd che vogliamo costruire ha l’ambizione di cambiare le politiche migratorie e dell’accoglienza italiane ed europee, riformando il regolamento di Dublino, cancellando la Bossi-Fini e approvando una nuova legge sull’immigrazione. E non finanziando mai più la Guardia costiera libica che viola i diritti fondamentali di chi fugge da discriminazioni e torture».

Domenica, dopo la strage di migranti in Calabria, la neosegretaria aveva rincarato la dose: quel che è accaduto «pesa sulle coscienze di chi ha voluto approvare un decreto per ostacolare i salvataggi in mare». Il riferimento è ovviamente al governo Meloni, e la segretaria propone la via opposta: «Una Mare nostrum europea». Invece di stigmatizzare l’attività umanitaria delle ong come fa la destra, al contrario la leader del Pd vorrebbe che l’Ue stessa si facesse carico dell’opera di ricerca e soccorso in mare.

Un tipo di supporto che la destra ha da tempo attivamente ostacolato a livello europeo: nell’autunno 2019 ha votato contro una risoluzione che chiedeva «un approccio più sostenibile per ricerca e soccorso in mare», sostegno «materiale e finanziario agli stati membri per rafforzare la loro capacità di salvare vite in mare», e al Consiglio – dove siedono i governi – «di presentare tempestivamente una posizione su un meccanismo equo e sostenibile di distribuzione per le persone che sono state salvate in mare». Insomma, si trattava del presupposto perché l’attività di ricerca e soccorso in mare fosse gestita dall’Ue.

È quel che Schlein rilancia adesso.

Una visione europea

Oggi l’Ue si orienta sempre più verso un’Europa fortezza che respinge i migranti piuttosto che interrogarsi su come gestirne in modo solidale l’accoglienza. In questo contesto la visione di Schlein risulta controcorrente. Ma anticipa la sua postura in vista delle europee del 2024, che sono la prima grande sfida elettorale per il Pd sotto la nuova direzione. La neosegretaria guarda infatti a un fronte di sinistra ecologista che sia in grado di intercettare anche i liberali per porre un’alternativa alla destra di popolari e meloniani.

L’attitudine di Schlein alla mediazione era emersa nitidamente già durante il suo periodo da europarlamentare. Da capofila dei socialisti sul tema, aveva lavorato a una proposta di riforma del regolamento di Dublino. «Ho proposto qualcosa come 145 emendamenti», raccontava nel 2017; e vantava il fatto di aver migliorato la proposta della Commissione in una direzione accogliente e solidale costruendo mediazioni con «uno schieramento massiccio, che andava dai socialdemocratici ai verdi, ai popolari, ai liberali». La sua pressione politica era volta soprattutto a scardinare il principio di primo ingresso, che finisce per squilibrare il carico dell’accoglienza sui paesi frontiera dell’Ue come il nostro.

Le opposizioni di Lega e 5 Stelle avevano trovato una sua reazione convinta: è Schlein che, più di tutti, ha fatto notare pubblicamente a Salvini la sua assenza dalle sedi europee mentre si discuteva la riforma.

Il fronte del 2024

L’attività europea di Schlein – prima nel 2014 come eurodeputata Pd, poi fuori dal recinto dem in reazione al renzismo – non è finita con la sua uscita dall’Europarlamento: la neosegretaria ha continuato a coltivare rapporti con l’arco progressista in Ue.

Tra i suoi più convinti sostenitori c’è il capogruppo dei Verdi, Philippe Lamberts, che ha sempre visto in lei una potenziale leader dell’ambientalismo in Italia e che deve accontentarsi con molte perplessità di valutare un accordo con Conte. Questi rapporti torneranno utili in vista delle europee 2024. Al momento il gruppo socialista non ha ancora realizzato bene il distacco dal Ppe, che guarda già a Meloni. Ma la nuova segretaria – che dovrà relazionarsi con un gruppo di eurodeputati Pd il cui stesso capodelegazione Brando Benifei si è schierato con Bonaccini – punta a risvegliare i socialisti dal torpore, grazie anche alle sponde di verdi e sinistra. E una volta rinforzato il blocco progressista, dialogare da una posizione di forza anche coi liberali.

In questa prospettiva, il tema dell’accoglienza e dei diritti sarà tra i punti cardine che distingueranno i progressisti da una parte, e la destra sempre più destra dall’altra: ormai il leader dei popolari Manfred Weber è totalmente in sintonia con la presidente dei conservatori Giorgia Meloni, sia sull’irrigidimento delle frontiere, che sui muri, e pure sull’attacco e la delegittimazione delle organizzazioni non governative. Su queste, all’associazionismo, ai movimenti e alla sinistra matura può invece puntare Elly Schlein, che nel contesto nostrano viene dipinta come una radicale, ma che nel contesto europeo non ha niente di esotico rispetto a una chiara impostazione socialdemocratica.

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