Il mondo guarda l’Italia e gli occhi più attenti sono quelli della Russia. Le elezioni anticipate e la pronosticata vittoria della destra, infatti, possono portare a un cambio di collocazione del paese sia nello scenario interno all’Unione Europea che nella collocazione atlantista.

In questo quadro si collocano i tentativi, più o meno occulti, delle potenze straniere di intervenire in questa campagna elettorale estiva. Dopo le dichiarazioni del vicepresidente del consiglio di sicurezza nazionale russo Dmitri Medvedev, anche il quotidiano Pravda è intervenuto con una dura analisi in cui stronca la nascente leadership di Giorgia Meloni. «La potenziale presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni sceglie la strada del caos e porterà l'Italia in una crisi ancora più profonda dell'attuale», scrive il giornale, attaccando duramente la scelta atlantista di Fratelli d’Italia. «Meloni ha espresso sostegno all'Ucraina e alla fratellanza transatlantica e ha assicurato che il suo governo sarà un solido governo atlantista che sosterrà l'Ucraina nella sua lotta contro la Russia», e lo farebbe perchè, pur partendo da posizioni «storicamente euroscettiche», avrebbe paura di non essere in grado «né di coordinare il programma della coalizione né di qualificarsi per le elezioni». 

Allusivi sono poi gli accenni a Matteo Salvini, dipinto come il leader sospettato di «aver ucciso» il governo di Mario Draghi «su ordine di Vladimir Putin» e l’attacco a Meloni che «nega coraggiosamente i sospetti sull'assistenza russa».

Al netto della propaganda, l’articolo del quotidiano russo mette a fuoco una questione tutta interna alla destra italiana e sono le evidenti distanze di posizionamento tra i suoi tre interpreti. Sin dall’inizio del conflitto ucraino, Meloni ha tenuto una posizione atlantista e filo-europea sia sulle armi da mandare in Ucraina che sulle sanzioni russe, che l’ha resa interlocutrice anche rispetto al governo Draghi. Non altrettanto Matteo Salvini, che da dentro la maggioranza ha ostacolato l’invio di armi ed è inciampato in un goffo tentativo di viaggio in Russia pagato in rubli dall’ambasciatore in Italia. Proprio questa distanza oggettiva nelle posizioni dei due leader si riverbera anche nel programma di coalizione. 

Il programma

La politica estera è il primo punto del programma e si apre con il principio della «tutela dell'interesse nazionale e la difesa della Patria», mentre rispetto all’atlantismo si enuncia il «rispetto degli impegni assunti nell'Alleanza Atlantica, anche in merito all'adeguamento degli stanziamenti per la difesa». Sul conflitto ucraino ci si limita a mettere nero su bianco il «sostegno all'Ucraina di fronte all'invasione della Federazione Russa e sostegno ad ogni iniziativa diplomatica volta alla soluzione del conflitto». Nessun accenno ad eventuali necessità di invio di armi, nè al ruolo dell’Unione europea, nè alle sanzioni russe.

La scelta prudente è stata quella di punti sufficientemente generici da consentire ampio margine agli alleati. Non a caso, nel programma dettagliato presentato dalla Lega si legge sì la «salda appartenenza all’Unione europea e all’Alleanza Atlantica» cui si aggiunge l’inciso del «non per questo rinunciando a contribuire con la propria visione alle scelte internazionali». I riferimenti al conflitto ucraino sono soppesati attentamente: si parla di guerra che «dimostra che la pace è un bene precario» per rivendicare la necessità di aumentare la spesa per armamenti; si chiarisce l’obiettivo di lavorare per un «accordo di pace che sia un compromesso accettabile tra Ucraina e Russia». L’interrogativo di fondo, dunque, è come armonizzare posizioni che – anche al netto dei programmi – hanno diviso e con tutta probabilità divideranno la destra, anche se ora si evita di affrontare direttamente il tema.

Dei due, tra Meloni e Salvini, è la leader di FdI che sta dando segnali più chiari, però. Ha mostrato la sua volontà di tranquillizzare i media europei con il messaggio in molte lingue; ha rilasciato una lunga intervista all’emittente Usa Fox News e punta a portare in parlamento e magari anche alla Farnesina l’ex ministro e ambasciatore italiano negli Stati Uniti, Giulio Terzi di Sant’Agata. Salvini, invece, per ora preferisce approfondire altri temi di campagna elettorale. L’interrogativo, però, è come risponderà a una domanda diretta.

Alla luce di queste tensioni latenti pesano le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al meeting di Rimini di Comunione e liberazione e palco privilegiato per il mondo cattolico: «Nel cuore dell'Europa, si combatte una guerra scellerata, provocata dall'aggressione della Federazione Russa all'Ucraina», ha detto in un video, ricordando che «L'Europa è risorta dal nazifascismo» abiurando «ai totalitarismi, alle ideologie imperniate sulla supremazia sia etnico-nazionale sia ideologica». Parole che riallineano l’Italia sui principi europei, in vista della campagna elettorale.

 

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