Al dodicesimo giorno di combattimenti in Sudan tra l’esercito comandato dal generale Abdel-Fattah Burhan e il gruppo paramilitare ribelle Rsf del generale Mohammed Hamdan Dagalo, la situazione umanitaria non fa che aggravarsi.

Il 61 per cento delle strutture sanitarie sono chiuse e solo il 16 per cento è totalmente funzionante, ma gli ospedali sono sopraffatti dall’enorme afflusso di feriti. Medici senza frontiere, che continua a lavorare all’ospedale di El Fasher, unica struttura sanitaria ancora attiva a Karthoum, la capitale del paese, tenta di equipaggiare le strutture mediche aperte durante le pause tra i combattimenti, «ma i bisogni medici e umanitari sono enormi».

Degli 800mila sud sudanesi rifugiati in Sudan, molti dei quali residenti proprio a Khartoum, 4mila, quelli che potevano pagarsi un mezzo di trasporto, sono rientrati in Sud Sudan, altri ancora stanno cercando un modo per lasciare il paese, anche a piedi.

I cittadini sudanesi, invece, si stanno dirigendo verso il vicino Ciad. l’Unhcr, agenzia Onu per i rifugiati, ha registrato 20.000 rifugiati dal 15 aprile, primo giorno di combattimenti, e sta cercando di rifornirli di beni di prima necessità.

A peggiorare il quadro della situazione, l’organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha denunciato ieri che uno dei due gruppi belligeranti, non si sa ancora quale, ha occupato un laboratorio a Khartoum che custodisce agenti patogeni micidiali come il colera, il morbillo e la poliomelite, che se sfuggissero di mano potrebbero causare danni catastrofici. Il rappresentante dell’Oms in Sudan, Nima Saeed Abid, ha aggiunto che la situazione è «estremamente pericolosa».

I cittadini stranieri lasciano il paese

Nel frattempo continuano le evacuazioni dei cittadini stranieri dal paese. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha comunicato che tutti gli italiani che lo hanno chiesto sono stati messi in salvo. Ha aggiunto che l’ambasciata italiana è stata chiusa ma l’ambasciatore non ha lasciato l’Africa ed è ospite dell’ambasciata italiana in Etiopia, così da «poter essere presente e continuare in qualche modo a garantire che l’Italia possa essere protagonista anche di una fase di pace nel paese».

LAPRESSE

Gli Stati Uniti non evacuano i loro cittadini

Se molti governi stanno evacuando tutti i loro connazionali, gli Stati Uniti hanno aiutato a lasciare il Sudan solo il personale diplomatico. Il dipartimento di Stato ha ribadito martedì che «a causa dell’incerta situazione della sicurezza a Khartoum e della chiusura dell’aeroporto, al momento non è sicuro intraprendere un’evacuazione coordinata dal governo degli Stati Uniti di cittadini americani privati».

Non è la prima volta che Washington non evacua i civili, a meno che non sia coinvolto militarmente nel territorio. La stessa procedura è stata infatti attuata in Yemen, Siria e Venezuela.

Un’altra tregua fallita 

Martedì 25 aprile i due gruppi belligeranti si erano accordati per l’ennesima tregua in modo da permettere evacuazioni e assistenza mediche, ma residenti di Khartoum denunciano altri combattimenti nella capitale già dal giorno seguente. L’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Sudan, Volker Perthes, è intervenuto oggi da Port Sudan a una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Perthes ha annunciato di trovarsi in costante contatto con i due generali Burhan e Dagalo, ma ha anche osservato che le due parti non sembrano essere intenzionate a «negoziare seriamente» una tregua perché sono entrambe convinte di potersi «assicurare una vittoria militare sul rivale».

Il destino di Omar al Bashir

Il generale Omar al Bashir, ex dittatore del Sudan, ricercato dalla Corte penale internazionale, era stato deposto dal golpe militare del 2019 e si trovava nel carcere di Kober. L’avvocato del dittatore ha fatto sapere all’emittente Al Jazeera che il carcere non era più considerato sicuro a causa dei combattimenti e che al Bashir si trova ora al sicuro nelle mani dell’esercito in un luogo tenuto segreto per paura che le Rsf possano attaccarlo. Tuttavia, secondo l’agenzia di stampa Reuters, l’ex dittatore si trova dal 15 aprile in un ospedale militare.

In ogni caso, dopo l’assalto di domenica alla prigione di Kober nella zona nord di Karthoum un ex ministro del governo di al Bashir, Ali Haroun, ricercato anche lui dalla Corte penale internazionale, ha annunciato martedì di aver lasciato il carcere insieme ad altri ex membri del passato regime. Esercito e Rsf si accusano vicendevolmente dell’assalto, ma alcuni carcerati che sono riusciti a fuggire puntano il dito contro Dagalo.

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