Andare al vertice di Davos pagando un biglietto d’ingresso da 17mila dollari a persona o di 750mila dollari annui è come essere “convocati”, per usare una metafora classica, ad accedere per 4 giorni ai discorsi sui destini del mondo nella “tenda di Giulio Cesare” per ritrovare la pax americana.

Certo il commander in chief, Joe Biden non ci sarà di persona, ma gli Stati Uniti saranno rappresentati da una folta delegazione che comprende il segretario di Stato, Antony Blinken, il consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan e l’inviato speciale per il clima (dimissionario per aiutare il presidente nella campagna presidenziale), John Kerry.

Inoltre ci saranno i senatori Christopher Coons (Partito democratico) e Mike Rounds (Repubblicano), oltre ai deputati Vern Buchanan (Repubblicano) e il democratico Juan Vargas della California. Senza contare il mondo finanziario di Wall Street, presente in massa, che ha appena archiviato un anno record.

Non mancheranno i “bad boys” come il neopresidente argentino, ultraliberista di destra, Javier Milei, il cognato di Donald Trump Jared Kushner e per la prima volta al Wef lo sceicco Mohammed bin Salman.

In questo quadro oggi prende il via la 54esima edizione del World Economic Forum di Davos, quest'anno centrato attorno ai conflitti che rischiano di minare la ripresa economica (la Germania è stata la peggiore tra le maggiori economie), a cominciare dal conflitto tra Hamas e Israele e la crisi nel Mar Rosso.

Mondo fratturato

In questa cittadina delle Alpi svizzere, nel Cantone dei Grigioni, si riuniscono oltre 2.800 protagonisti della politica internazionale, del mondo degli affari e del gotha della finanza, delle organizzazioni internazionali e attivisti provenienti da 120 paesi.

I capi di stato e di governo sono una sessantina. Il vero problema è sapersi districare tra i molti eventi in contemporanea e saper scegliere quelli veramente utili, evitando nei trasbordi di scivolare malamente sul ghiaccio e affrontare il clima esterno con temperature tra i -15 o -20 gradi centigradi.

Klaus Schwab, il grande vecchio, nonché fondatore e presidente esecutivo del Wef, ritiene che «ci troviamo di fronte a un mondo fratturato e con crescenti divari sociali, che portano a un'incertezza e un pessimismo pervasivi. Dobbiamo quindi ricostruire la fiducia nel nostro futuro andando oltre la gestione della crisi, esaminando le cause profonde dei problemi attuali e costruendo insieme un futuro più promettente».

Già ma come? "Ricostruire la fiducia” secondo gli stessi organizzatori non sarà un obiettivo facile ed è l'anno più complesso data la situazione geopolitica.

Non a caso sarà proprio la diplomazia ad avere un ruolo di primo piano nella settimana di lavori del forum: a partire dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky a quello israeliano Isaac Herzog, dal segretario di Stato Usa Blinken a tutti i premier dei paesi mediorientali, nella cittadina svizzera si manderà avanti una complessa trama spesso nelle stanze riservate, provando a riannodare il filo delle relazioni internazionali.

Fra i partecipanti, il premier cinese Li Qiang, il presidente francese Emmanuel Macron, la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, oltre al premier spagnolo Pedro Sanchez e al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.

Si dice che Mohammed bin Salman farà la sua prima apparizione accompagnato da un gigantesco gruppo di alti funzionari sauditi. Ma gli oltre 200 panel in sei giorni toccheranno molti altri temi, a partire dalla sfida dell'intelligenza artificiale, con l'ad di Open AI Sam Altman che darà indizi sullo sviluppo futuro della controversa tecnologia dalle potenzialità ancora tutte da esplorare, così come i suoi rischi.

Il rifiuto di Erdogan

L'Italia sarà rappresentata (come anticipato da questo giornale) dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che sarà a Davos mercoledì e giovedì, per prende parte a una cena dedicata alla costruzione dell'Europa di domani, mentre tra gli esponenti del mondo imprenditoriale ci saranno, tra gli altri, i presidenti di Eni ed di Enel, Giuseppe Zafarana e Paolo Scaroni, gli ad di Intesa Sanpaolo e Unicredit, Carlo Messina e Andrea Orcel, e il presidente di Unicredit, Pier Carlo Padoan.

Non mancano già i primi colpi di scena fuori programma come quello di Erdogan che ha bloccato delegazione turca, perché il Forum è filo-Israele o la doccia fredda del presidente della Bundesbank, Joachim Nagel secondo cui «è troppo presto per parlare di taglio dei tassi». Ma queste sortite sono quasi rassicuranti rispetto ai venti di guerra nel mondo.

© Riproduzione riservata