L’ex presidente americano Donald Trump un paio di settimane fa era stato graziato da una sentenza della Corte Suprema, dopo che un tribunale del Colorado l’aveva escluso dalle primarie repubblicane, riammettendolo sulla scheda elettorale perché la corte statale non aveva titolo di decidere se il quattordicesimo emendamento della Costituzione statunitense si applica al tycoon, considerato il principale promotore dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.

Nella giornata di lunedì invece il massimo tribunale americano ha colpito due alleati dell’ex inquilino della Casa Bianca. Tutto ciò avviene mentre la terna scelta da Trump sta prendendo il controllo totale del partito repubblicano e dei suoi fondi.

Il primo caso riguarda Couy Griffin, fondatore dei Cowboys for Trump, un gruppo paramilitare, fino al 2022 consigliere della contea di Otero, in New Mexico.

Due anni fa un tribunale lo aveva condannato per danneggiamenti e di altri reati minori che avrebbe commesso durante l’assalto, con conseguente rimozione dal suo incarico politico.

A quel punto è scattato un ricorso che è arrivato fino alla Corte Suprema, che ha dato torto al militante trumpista: il motivo addotto è che gli stati possono applicare il quattordicesimo emendamento, approvato nel 1868 per bloccare il ritorno in politica degli esponenti che avevano combattuto la guerra civile nelle fila della confederazione sudista, per quello che riguarda le cariche statali.

In prigione

Un’altra tegola ha colpito Peter Navarro, ex direttore dell’Office for Trade and Manufacturing Policy ai tempi di Trump, che chiedeva alla Corte di sospendere la pena detentiva di quattro mesi che è scattata nei suoi confronti per essersi rifiutato due volte di testimoniare di fronte al Congresso nel 2022 riguardo al suo coinvolgimento nel tentativo di ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020.

Secondo gli inquirenti Navarro avrebbe lavorato insieme a un altro collaboratore di Trump, l’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon nel progetto chiamato “Green Bay Sweep”, un piano cervellotico per bloccare i grandi elettori di Biden il 6 gennaio 2021.

All’epoca l’ex collaboratore del tycoon non si presentò a testimoniare perché secondo i suoi difensori il suo operato era coperto dal “privilegio esecutivo” di Trump: ipotesi respinta dagli inquirenti del dipartimento di giustizia perché Navarro era indagato per quanto commesso non come collaboratore dell’allora presidente, ma come attore autonomo. Ieri si è presentato al penitenziario per iniziare a scontare la pena.

Il giudice capo della Corte Suprema John Roberts ha liquidato la sua richiesta in una paginetta che afferma che non ci sono ragioni di sospendere l’esecuzione della sentenza. Si tratta del primo membro della Casa Bianca dell’epoca Trump a finire in cella per un motivi legati all’insurrezione di Capitol Hill.

Influencer d’assalto

Un’altra persona della cerchia trumpiana è Isabella Maria De Luca, una star della galassia conservatrice sull’ex Twitter, dove può contare su un seguito di circa 330mila follower. Anche lei come Navarro e Griffin coinvolta negli eventi del 6 gennaio.

Anche per lei è scattata un’ordinanza di arresto per furto di proprietà governative, accesso non autorizzato a un’area governativa e condotta inappropriata nelle ore dell’assalto, alla quale ha partecipato. 

De Luca ha anche legami con l’organizzazione studentesca trumpiana Turning Point e ha lavorato come stagista per due deputati repubblicani, il newyorchese Lee Zeldin e Paul Gosar dell’Arizona.

Anche lo stesso Trump ha problemi di natura finanziaria: non riesce a trovare una società assicurativa che copra con un bond la maximulta da 464 milioni di dollari per frodi commesse dalla Trump Organization, anche a causa per alcuni suoi precedenti personali per bancarotta che lo rendono un soggetto poco affidabile.

Dall’8 marzo scorso però ai vertici del partito repubblicano c’è una terna di fedelissimi che comprendono la nuora Lara Trump.

I cambiamenti dentro il partito sono riassumibili con i contenuti del memo che è circolato nei giorni scorsi: il comitato nazionale del Gop ora è parte di “un fronte unito” con la campagna presidenziale di Donald Trump.

Ciò include anche un uso spregiudicato del fondo di cassa di 8 milioni e 700 mila dollari per coprire le spese legali dell’ex presidente, una necessità che con l’avanzare del tempo diventerà sempre più impellente anche per i destini della campagna elettorale.

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