È la resa dei conti in Nagorno-Karabakh: Ruben Vardanyan, l'ex capo del governo della autoproclamata Repubblica di Atsakh, nell'enclave armena del Nagorno-Karabakh, è stato fermato dalle forze dell'Azerbaigian mentre cercava di fuggire in Armenia.

Vardanyan è stato capo del governo separatista del Nagorno-Karabakh dal novembre dello scorso anno al febbraio di quest'anno. Per gli altri 120mila armeni dell’enclave invece è scattato il si salvi chi può, mentre il sogno dell’indipendenza affonda nell’indifferenza generale. I numeri dei profughi sono da esodo biblico.

L’Armenia ha dichiarato di aver registrato 42.500 rifugiati in fuga per timori di finire nella morsa di un possibile pulizia etnica. Una catastrofe umanitaria che l’indifferenza occidentale ha permesso di attuare in sole 24 ore di offensiva militare degli azeri dopo 35 anni di guerra per il controllo dell’area contesa.

Gli armeni si sono affrettati a fuggire non appena l'Azerbaigian ha revocato il blocco durato 10 mesi sull'unica strada della regione verso l'Armenia. Quel blocco aveva causato carenze di cibo, medicine e carburante.

Sebbene l'Azerbaigian si sia impegnato a rispettare i diritti degli armeni, molti residenti dell’enclave non si fidano e temono ritorsioni e la pulizia etnica.

Intanto il bilancio delle vittime di un'esplosione in un deposito di carburante nel Nagorno-Karabakh è salito a 68, con altre 105 persone disperse e quasi 300 ferite. L'esplosione è avvenuta lunedì sera mentre le persone erano in fila per fare il pieno in una stazione di servizio fuori da Stepanakert, la capitale della regione.

La prossima mossa

Thomas de Waal su Foreign Affairs, la più prestigiosa rivista di politica estera americana, in un articolo titolato “La fine del Nagorno-Karabakh”, spiega perché la Russia e l’Azerbaigian sono riusciti nell’intento grazie all’assenza dell’occidente.

Un drammatico errore geostrategico simile all’abbandono dei curdi siriani da parte di Washington una volta sconfitto lo Stato islamico, perché consegna l’Armenia nelle mani della Russia, Turchia e degli azeri. Come è stato possibile questa débàcle?

Sempre secondo de Waal, esperto della regione del Caucaso, «Turchia e Azerbaigian potrebbero presentare un ultimatum all’Armenia per aprire il cosiddetto corridoio Zangezur. Giorni dopo la presa del controllo militare del Karabakh da parte dell'Azerbaigian, i presidenti Aliyev ed Erdogan si sono incontrati a Nakhchivan e ora daranno un ultimatum al governo armeno per aprire il corridoio Zangezur con l'accordo della Russia».

Il corridoio Zangezur per collegare via terra l’Azerbagian e il Nakhichevan di fatto creerebbe una rotta via terra tra la Turchia e l’Azerbaigian. Ma il corridoio deve passare per territorio armeno.

Quindi o Baku ottiene il corridoio negoziando o dovrebbe scatenare un’altra guerra. L’occidente è pronto a chiudere gli occhi su una nuova annessione sotto la regia russa?

Ma c’è di più. Il corridoio di Zangezur permetterebbe alla Russia di eludere gli ostacoli sanzionatori alle forniture in essere lungo i suoi confini occidentali.

Attraverso Zangezur la Russia raggiungerebbe i porti mediterranei della Turchia, paese della Nato che però non applica le sanzioni occidentali a Mosca. Del tema sembra, secondo fonti diplomatiche, se ne sia discusso a Sochi fra Erdogan e Putin. Questo è uno dei motivi principali del crescente supporto (tardivo) degli Stati Uniti, Francia e Germania alla causa dell’Armenia.

Il governo tedesco ha esortato le autorità azere ad autorizzare l'accesso di osservatori indipendenti nella regione del Nagorno-Karabakh, dopo che le truppe di Baku ne hanno preso il controllo la settimana scorsa con un'operazione militare lampo contro i separatisti armeni.

«Sarebbe una prova di fiducia che l'Azerbaigian prende sul serio i suoi impegni sulla sicurezza e il benessere della popolazione del Nagorno-Karabakh se lasciasse entrare gli osservatori internazionali», ha sottolineato il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, assicurando che sta «lavorando duramente per inviarli il prima possibile».

La popolazione della regione «deve poter restare nelle proprie case e nella propria patria senza paura, in pace e dignità». Ma «migliaia di persone temono così tanto per la propria vita che non vedono altra via d'uscita se non quella di raggiungere l'Armenia», ha affermato il capo della diplomazia di Berlino. Una presa d’atto molto limitata e che arriva fuori tempo massimo.

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