Con un parlamento decaduto in attesa di elezioni dal 2019 e lui stesso in un’ambigua situazione di prorogatio, Jovenel Moise era un presidente molto contestato nel suo paese.

Haiti si divide con la Repubblica Dominicana l’isola di Hispaniola, dove sbarcò Colombo. Arrivando in aereo si vede già dall’alto la differenza: la metà dominicana ordinata e abbastanza ben costruita; quella haitiana caotica e sfasciata, un panorama di abitazioni di fortuna che potrebbe sembrare Africa. Abitata da una popolazione nera, Haiti ha tuttavia una sua personalità tutta particolare.

Le origini

Terra di rifugio nelle grandi Antille per gli schiavi in fuga fin dalla fine del Settecento, dopo l’abolizione della schiavitù in Francia del 1793 Haiti diviene nel 1904 la prima repubblica nera indipendente al mondo. Personaggio chiave di quel cambiamento è Toussaint Louverture, governatore nominato dalla Francia che si mette a capo della rivolta.

Dal 1957 fino verso la fine degli anni Ottanta, Haiti ha vissuto sotto i successivi regimi dei Duvalier padre e figlio, tiranni che trasformarono la repubblica in una loro proprietà personale con repressioni durissime, molte vittime e forme di schiavismo.

La transizione democratica iniziata nel 1986 non si è tuttavia rivelata una vera soluzione: il sistema si è subito avvitato su se stesso in maniera caotica durante i duplici mandati incrociati (e le accesissime polemiche) dei presidenti Jean-Bertrand Aristide (1990-1996 e 2000-2004) e René Preval (1996-2001 e 2006-2011) che divisero de facto la popolazione in due schieramenti contrapposti, causando violenze e tentativi di golpe.

La situazione odierna

Nella fase successiva le continue lotte politiche intestine provocarono una proliferazione di fazioni e bande, fino alla frammentazione attuale: un paese dal sistema pubblico corrotto, controllato da gang mafiose e da milizie private.

Una parte del territorio nazionale e della popolazione (11 milioni di persone circa) è fuori controllo da parte delle forze dell’ordine, esse stesse sostanzialmente deviate. Secondo le organizzazioni internazionali Haiti è oggi uno dei posti più pericolosi al mondo.

Il penultimo presidente Michel Martelly (2011-2016) si caratterizzava per la sua inclinazione predatoria nei confronti delle risorse disponibili, con il sostegno di oscuri protagonisti del business Usa, i quali da sempre vedono nell’isola (come in altri stati caraibici) una terra di faccendieri, loschi affari e riciclaggio.

Il presidente Moise era vicino a Martelly e anzi qualcuno sosteneva che fosse stato spinto alla presidenza per tenere il posto al suo predecessore, pronto a ritornare. Sia attorno a Martelly che allo stesso Moise agiscono sostenitori e criminali legati al monopolio degli aiuti esteri e delle risorse del paese.

La gravità della crisi haitiana aveva addirittura portato alla costituzione di una missione dei caschi blu dell’Onu (la prima del tipo: mantenimento dell’ordine e polizia) terminata nel 2017.

Oggi l’isola è in mano a gang e milizie che si spartiscono le zone di influenza. Le notizie sull’assassinio del presidente da parte di una «squadra di attaccanti stranieri, alcuni dei quali parlanti lo spagnolo» come recita il comunicato ufficiale, devono essere prese con la massima prudenza.

Da parte delle autorità in carica (tutte decadute) si cerca di accusare un paese straniero (Venezuela, Colombia…?) probabilmente per sviare l’attenzione dalla crisi interna e dagli affari.

Né Caracas né Bogotá hanno alcun interesse a intervenire militarmente a Port-au-Prince o a compiere attentati di quel tipo. Se qualcuno è riuscito a uccidere il presidente significa che aveva solide complicità interne: in altre parole che è stato lasciato passare.

Si deve aggiungere che la settimana prossima era in procinto di essere proclamata ufficialmente la nomina di un nuovo primo ministro legale, mentre l’attuale è ad interim.

Qualcuno voleva evitare, tramite lo stato di assedio decretato immediatamente ieri notte, tale legittima evoluzione che si prospettava positiva per il paese? Oppure qualcuno ha lanciato un messaggio a Martelly perché diminuisca le sue ambizioni?

Intanto il popolo haitiano, prostrato anche da ripetuti cataclismi naturali tra cui molti uragani e soprattutto il terribile terremoto del 2010, vive in grave stato di povertà, non potendo contare nemmeno del tutto sugli aiuti internazionali che vengono sistematicamente dirottati per essere rivenduti sul mercato.

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