Mercoledì, durante la sua cerimonia di insediamento, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha ripetuto la promessa fatta ai suoi concittadini dopo la vittoria alle elezioni dello scorso novembre: distribuire almeno 100 milioni di dosi vaccini anti Covid-19 entro la fine di marzo. 

Non sarà una promessa facile da mantenere e Biden sembra esserne cosciente. La campagna vaccinale, ha detto, sarà «la più grande sfida organizzativa che abbiamo mai dovuto affrontare come nazione». Anche perché, come hanno detto ieri fonti della nuova amministrazione alla Cnn, «il piano vaccinale di Trump non esiste, dobbiamo creare tutto da zero».

Un inizio promettente

Sulla carta, il piano vaccinale americano sembrava essere partito con il piede giusto. Con circa 16 milioni di persone vaccinate, di cui due milioni hanno già ricevuto la seconda dose, gli Stati Uniti sono il paese che ha vaccinato più persone in assoluto e sono ai primi posti anche per numero vaccini somministrati sul totale della popolazione (4,3 per cento, circa il doppio di Italia e Spagna, i campioni europei).

La scorsa estate, l’amministrazione Trump aveva scommesso molto rapidamente sui produttori giusti, firmando contratti per acquistare ben 200 milioni di dosi da Pfizer e altre 200 milioni di dosi da Moderna. Puntando per primi su queste società, e pagando ciascuna dose circa un terzo più di quanto ha sborsato l’Unione Europea, gli Stati Uniti sono riusciti anche a garantirsi un rifornimento estremamente rapido, ricevendo fino ad oggi ben 36 milioni di dosi, il triplo dei circa 12 milioni ricevuti l’intera Unione Europea.

I problemi

Ma dopo un inizio promettente, la campagna vaccinale si è scontrata con i limiti politici e geografici del paese e con gli errori commessi dall’amministrazione Trump. Una delle difficoltà che non sarà facile da affrontare per Biden sono proprio le dimensioni degli Stati Uniti, un paese che ha una superficie più che doppia di quella dell’Unione Europea e dove è quindi molto più complicato assicurarsi che i vaccini raggiungano anche le comunità più isolate. Trump aveva promesso 20 milioni di iniezioni entro la fine dell’anno, ma complici le immense distanze americane, al 31 dicembre ne erano state somministrate poco più di due milioni.

Altri problemi sono emersi a gennaio. Le linee guida del piano vaccinale americano prevedono di vaccinare per primi i lavoratori della sanità e gli ospiti delle case di riposo e poi di passare ai lavoratori ritenuti “essenziali” per l’economia (una significativa differenza con l'Unione Europea, che invece ha stabilito di dare il vaccino prima alle persone più anziane e vulnerabili).

Anche se l’amministrazione ha pubblicato una lista di lavoratori essenziali, in realtà ogni stato può utilizzare i criteri che preferisce. Il risultato è un mosaico di regole, modalità e pratiche differenti in cui la gran parte degli americani non ha ancora chiaro se appartiene o meno a una delle categorie prioritarie. Il risultato, raccontato dai giornali americani in questi giorni, sono lunghe code ai centri vaccinali, centralini per gli appuntamenti irraggiungibili e vaccini che vengono sprecati quando nei centri vaccinali non si presentano abbastanza persone. Un dato in particolare fa comprendere la scala di queste difficoltà: fino ad oggi gli Stati Uniti sono riusciti a distribuire meno del 50 per cento delle dosi di vaccino che hanno ricevuto. In Italia questa percentuale è quasi all’80 per cento.

La sfida di Biden

Secondo la maggior parte degli osservatori la situazione del piano vaccinale americano oggi è l’opposto speculare di quella in cui si trova il suo equivalente europeo: successo nella fase di sviluppo e acquisto del vaccino, fallimento nella distribuzione («un miracolo tecnologico» accanto ad un «disastro comunicativo e distributivo», come lo ha definito uno dei consiglieri scientifici del governo britannico).

L’Unione Europea, invece, ha gestito in modo disastroso l’acquisto, arrivando tardi e puntando sui produttori sbagliati, ma grazie a una popolazione più facile da raggiungere e potendo contare su sistemi di distribuzione maggiormente centralizzati sta facendo meglio nella fase di somministrazione.

L’amministrazione Biden non ha ancora pubblicato un piano dettagliato su come intende cambiare questo stato di cose, ma il presidente ha promesso l’assunzione di nuovo personale, la semplificazione delle linee guida e una nuova campagna di comunicazione.

Una proposta più controversa è quella di svuotare le riserve federali di vaccino dove al momento sono conservati i vaccini destinati alla seconda dose. Biden e i suoi consiglieri non hanno fornito ulteriori dettagli, ma potrebbe trattarsi di un tentativo di seguire la strada del Regno Unito, che ha deciso di vaccinare quante più persone possibile anche a costo di ritardare la seconda dose oltre il periodo consigliato. Si tratta di una strategia criticata da una grossa fetta della comunità scientifica internazionale.

 

© Riproduzione riservata