Il confine statunitense con il Messico torna protagonista nella campagna elettorale per le presidenziali del prossimo novembre. Oggi ci saranno due visite in parallelo. Joe Biden lascerà la Casa Bianca per arrivare a Brownsville, una delle località più a Sud del Texas mentre lo sfidante repubblicano, l’ex presidente Donald Trump, farà un breve intervento pubblico nella cittadina di Eagle Pass. Non c’è pericolo che i due si incontrino, dato che tra i due centri ci sono circa 500 km di strada di distanza, ma sarà senz’altro visibile il doppio approccio all’immigrazione di due mondi. Entrambi i candidati però vogliono porre in atto misure per restringere i flussi di migranti irregolari. L’approccio però è estremamente diverso. Secondo le informazioni fatte trapelare dallo staff del presidente, il discorso per l’occasione sarà incentrato sull’urgenza di approvare la riforma della sicurezza del confine. “Un set di norme giuste ma severe” secondo i retroscena. I democratici cercano così di rovesciare sui repubblicani la responsabilità della crisi attuale per cercare di riguadagnare consensi sul tema dove i sondaggi rilevano la loro maggiore debolezza in vista del voto di novembre. Un copione che già è stato testato con successo dal neoeletto deputato Tom Suozzi, fresco vincitore di un’elezione suppletiva nello stato di New York, grazie alla sua posizione moderata che ha mostrato l’impreparazione sul tema della sua avversaria trumpista.

Al contrario, invece, Trump ripeterà il suo mantra preferito: solo un suo ritorno alla presidenza può sanare la situazione. Includendo, si capisce, anche una maggioranza repubblicana in entrambi i rami del Congresso.

Se la posizione ragionevole tra le due appare quella di Biden, ci sono profonde ragioni per cui si è arrivati a questo punto e i repubblicani, peraltro comprensibilmente, non vogliono aiutare il presidente in carica.

Una dettagliata inchiesta del magazine Axios però analizza tutti gli step errati dell’amministrazione che hanno condotto a questa situazione. In primis, il sostanziale disinteresse di Biden sulla questione vista come “materia scottante” e politicamente sterile. Finché c’è stata l’emergenza legata al Covid e la possibilità di attuare espulsioni veloci con il pretesto della pandemia, si sono potute attuare politiche restrittive senza troppi problemi, peraltro accontentando pure l’ala progressista della coalizione dem con l’abolizione della norma “Resta in Messico” che spostava sul territorio del paese confinante tutto il processo decisionale sullo status dei migranti in arrivo, per capire se avessero avuto diritto o meno di avere lo status di rifugiato o il diritto d’asilo. In aggiunta a questo modus operandi, la persona ufficialmente incaricata della questione è stata sin dai primi mesi la vicepresidente Kamala Harris che è sempre sembrata poco interessata alla questione, interessandosene solo sporadicamente. Eppure, secondo l’analisi di Axios, avrebbe potuto essere per lei una buona opportunità di apparire matura per la presidenza. Cosa che non ha sfruttato.

Quindi tutta la questione è stata affrontata da una consulente minore dello staff, la consulente per la sicurezza nazionale Liz Sherwood Randall, che aveva una scarsa dimestichezza con le questioni migratorie. Ciliegina sulla torta di questo approccio fallimentare, il conflitto tra i funzionari di governo e i membri del Partito Democratico che chiedevano un nuovo approccio all’immigrazione che si staccasse da un passato fatto principalmente di sole deportazioni (le critiche includevano anche un presidente dem come Barack Obama, definito all’epoca come “Deporter in Chief”) ha portato a politiche sconclusionate e contraddittorie che hanno portato al disastro attuale. Per i repubblicani questa è la prova che l’approccio all’immigrazione dell’amministrazione Biden è stato tutto sbagliato sin dall’inizio e che si dovrebbe tornare alle policy dell’epoca di Trump, omettendo di dire però che non avevano risolto per nulla il problema.

Distrazioni

Lo show parallelo dei due candidati però è solo una piacevole distrazione in forma di show: al ritorno Biden è atteso da un difficile negoziato sul budget annuale a cui però si dovranno abbinare delle misure temporanee per evitare uno shutdown parziale delle attività del governo federale.

Non è chiaro al momento quale sarà la risposta del silenzioso speaker repubblicano Mike Johnson, se sceglierà di appoggiare la linea conservatrice del Freedom Caucus e andare allo scontro con la Casa Bianca, oppure trovare un accordo coi dem che però lo metterebbe a rischio di una nuova mozione di sfiducia, che già ha avuto successo nei confronti del suo predecessore Kevin McCarthy. Anche in quel caso però si discuterà su quanto stanziare per la sicurezza della frontiera con il Messico, il vero tema su cui si decideranno le elezioni di novembre e che sarà il principale terreno di conflitto tra le forze politiche.

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