Il presidente americano Joe Biden ha difeso la sua linea, dicendo che le operazioni di evacuazione continueranno, utilizzando «tutte le risorse possibili per portare al sicuro i cittadini statunitensi e i nostri alleati afghani». Gli Stati Uniti non hanno più interesse a rimanere in Afghanistan, dopo la sconfitta di al Qaida, ha ribadito Biden: «È ora di finire questa guerra, che è costata 3 miliardi di dollari», ha detto nella prima conferenza stampa sulla situazione afghana. I nostri alleati Nato sono con noi, ha detto, precisando che dal 14 agosto gli Usa hanno evacuato circa 13mila persone e aiutato altri voli charter. C’è un accordo con i Talebani, con cui l’amministrazione americana è in constante contatto, e questi hanno l’obbligo di consentire tutte le evacuazioni.

Fonti del Wall Street Journal hanno svelato che un mese fa i vertici dell’amministrazione Biden erano stati avvertiti, con una nota del dipartimento di Stato del 13 luglio, che Kabul sarebbe potuta cadere nelle mani dei Talebani in tempi brevi, appena dopo la scadenza del 31 agosto, termine fissato per il ritiro delle truppe statunitensi. Questa «è la prova che l’amministrazione è stata avvisata dai suoi stessi funzionari sul campo che l’avanzata talebana era imminente e l’esercito afghano non sarebbe stato in grado di fermarla», scrive il Wsj. Un funzionario dell’amministrazione ha riferito al quotidiano che il documento offriva anche raccomandazioni su come mitigare la crisi e velocizzare le evacuazioni. La nota è stata firmata da 23 membri dell’ambasciata statunitense ed è stata consegnata in fretta perché la situazione stava precipitando. Sulla questione Biden si è assunto le sue responsabilità, dicendo che ha ricevuto molte segnalazioni contrastanti e che ha preso la decisione basandosi sul «consenso» fra i consiglieri.

L’aeroporto

La situazione all’aeroporto di Kabul continua a essere drammatica. Scene disperate di civili che cercano di entrare nell’aeroporto, unica via di fuga dal paese. Le persone tentano l’accesso dalla parte nord. I Talebani controllano con posti di blocco le strade principali e l’ingresso, che si trova a sud. Le strade che portano all’aeroporto di Kabul sono congestionate. Sono stati utilizzati anche gas lacrimogeni da parte dei militari per controllare la folla, ha denunciato il Wall Street Journal. Non è chiara la nazionalità dei soldati, che hanno poi sparato in aria per disperdere la massa di persone: potrebbero essere statunitensi, britannici, afghani o di altri contingenti stranieri. Si parla di almeno 10mila persone attorno all’aeroporto in attesa di prendere un volo. «L’accesso all’aeroporto inizia dall’ingresso principale dove ci sono i posti di blocco dei Talebani. C’è una calca di persone, che si spingono, urlano, bambini che piangono. Posso dire che è una delle scene più strazianti che ho visto», spiega l’inviata della Cnn Clarissa Ward, che da giorni sta raccontando la situazione all’aeroporto. «I fortunati che riescono a entrare, passano alla seconda fase dove si aspetta per molte ore. Ho parlato con persone che stanno aspettando da due giorni». Non c’è nulla che descriva meglio il panico, il caos e la paura delle persone, dice l’inviata, delle madri che cercano di lanciare i loro figli ai soldati per salvarli. Ward parla di mancanza di un meccanismo coerente per analizzare la situazione di tutte queste persone.

Le evacuazioni procedono senza sosta ma la situazione si fa sempre più confusa: alla domanda di un giornalista «quanti cittadini statunitensi sono ancora in Afghanistan?», la Casa Bianca ha risposto che non sanno con precisione quanti si trovano ancora sul territorio afghano. Almeno la metà dei 18mila afghani che hanno chiesto di entrare nel programma per il visto speciale, e le loro famiglie, si trovano fuori dall’area di Kabul e sono sotto il controllo talebano. È difficile permettere loro di raggiungere l’aeroporto.

La situazione italiana

Il ministero della Difesa italiano dichiara che, dall’inizio dell’operazione Aquila Omnia, sono state evacuate dall’Afghanistan 1.591 persone, di cui 1.532 afghani, con 19 voli. Sono invece giunte in Italia 991. Testimonianze dirette da Kabul arrivano dal coordinatore medico di Emergency, Alberto Zanin. «Stiamo cercando di prendere contatti con i leader talebani, ma immaginiamo che siano impegnati a prendere i posti di responsabilità e a cercare di mettere insieme la città che sta attraversando questo periodo di transizione», racconta da Kabul Zanin, che precisa: «speriamo il prima possibile per garantire la cooperazione con il nuovo governo ed essere riconosciuti come importante ospedale della città di Kabul e dell’Afghanistan». La situazione nella capitale, secondo l’associazione, sarebbe più stabile. Le persone che raggiungono il Centro sono quasi esclusivamente civili, si parla del 90/95 per cento, e la maggior parte ferite da proiettile. «Abbiamo ricevuto diversi feriti colpiti dalla ricaduta dei proiettili. Dalle ferite che abbiamo esaminato, nessuno dei pazienti sembra essere stato però preso di mira direttamente», racconta il coordinatore in merito alle persone arrivate dopo le manifestazioni del 19 agosto. Molti testimoni poi riferiscono che i Talebani hanno iniziato a cercare “casa per casa” chi ha collaborato con la Nato o con l’esercito afghano.

Le reazioni

Ieri si è tenuta la riunione straordinaria dei ministri degli Esteri della Nato. Era presente anche il ministro Luigi Di Maio. La priorità è portare le persone fuori dall’Afghanistan e «la nostra sfida maggiore è garantire che le persone raggiungano ed entrino all'aeroporto di Kabul», ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, spiegando che gli Stati Uniti hanno intenzione di concludere le operazioni di evacuazione entro il 31 agosto. Nella dichiarazione congiunta dei ministri degli Esteri, si chiede «a tutte le parti in Afghanistan di lavorare in buona fede per stabilire un governo inclusivo e rappresentativo, anche con la partecipazione significativa di donne e minoranze», specificando che è stato sospeso qualsiasi sostegno alle autorità afghane che devono aderire agli obblighi internazionali.


Il popolo afghano negli ultimi quaranta anni ha vissuto sofferenze inimmaginabili. Solo nel 2021 circa 550mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case. Sono le donne e i bambini a pagare il prezzo più alto. Unhcr ed Emergency sono ancora in Afghanistan per aiutarli. Ognuno può dare il proprio contributo con una donazione, bastano pochi click.

Per donare a Unhcr: dona.unhcr.it/campagna/afghanistan

Per donare a Emergency: sostieni.emergency.it/dona-ora

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