Nel pomeriggio, Giorgia Meloni, Joe Biden, Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Rishi Sunak hanno avuto un colloquio multilaterale di coordinamento rispetto agli aiuti che i rispettivi paesi invieranno all’Ucraina. 

In conferenza stampa, Biden ha sottolineato l’impegno dimostrato dall’occidente nel sostenere l’alleato ucraino, diretto esclusivamente a salvaguardarne la sovranità, senza rappresentare «una minaccia per la Russia». 

Le armi italiane

Curiosamente, Biden in conferenza stampa ha parlato di «artiglieria» italiana in rotta verso l’Ucraina come risultato dell’ultimo gruppo di contatto di Ramstein, distinguendola dalle difese anti aeree date dalla Francia e da altri paesi.

Al contrario, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva in precedenza suggerito che l’Italia avrebbe inviato solo armi difensive, in particolare sistemi antiaerei, portando a 1 miliardo di euro il contributo totale del paese alla causa ucraina. 

Se i carri Ariete in possesso dell’esercito di Roma non sono mai entrati nelle discussioni relative ai nuovi aiuti da inviare a Kiev, sono, invece, arrivate esplicite richieste riguardanti i sistemi Samp-T e Skyguard Aspide, entrambi sistemi multimodulo comprendenti missili terra-aria da impiegare per abbattere aerei, droni e missili che minacciano obiettivi militari e civili ucraini e non utilizzabili per colpire target militari russi. Questi sistemi sono pensati, ha sottolineato Biden, per «salvare vite umane».

Gli Aspide sono l’antenato del missile Aster 30 impiegato proprio dal sistema Samp-T, di fabbricazione italo-francese con una portata variabile tra i 25 e i 100 chilometri a seconda del bersaglio, missile o aeromobile. L’Italia possiede attualmente sei batterie in servizio dal 2010, di cui una dispiegata in Kuwait. 

Carri armati

Sul fronte carri armati, l’annuncio di Washington e Berlino non corrisponde temporalmente con il dispiegamento di Abrams e Leopard sul campo. Serviranno diversi mesi, forse quattro, per addestrare i carristi ucraini all’uso dei mezzi occidentali, mentre i reparti di supporto dovranno prepararsi a rifornire e mantenere i veicoli.

Anche il trasporto stesso dei carri potrebbe richiedere tempi dilatati, soprattutto se i militari americani dovessero scegliere un trasferimento via nave fino alle coste europee per poi trasferire il carico su rotaia.

Biden ha parlato di 31 carri americani in arrivo in Ucraina, un numero considerevole se sommato a quanti Leopard gli alleati europei potrebbero a loro volta inviare.

La Germania fornirà nel breve periodo solo 14 carri, l’ampia diffusione dei Leopard 2 potrebbe consentire, uniti gli sforzi, di arrivare ad un centinaio di carri europei in totale. Il piano tedesco è di arrivare a fornire «due battaglioni» di carri, dunque tra i 60 e i 100 mezzi in totale. 

Tra gli alleati, anche la Spagna si unirà al “piano Leopard” secondo una modalità che verrà presto annunciata dal governo. La Polonia chiederà, invece, un rimborso all’Unione europea per i Leopard che cederà a Kiev e il Regno Unito ribadisce il proprio impegno a fornire i Challenger 2. 

Si muoveranno anche i carri di Svezia e Finlandia, ancora impegnate in un complesso processo di adesione alla Nato, in possesso di versioni modernizzate dei Leopard 2.

La reazione russa

I russi non sono rimasti indifferenti di fronte alla “generosa” svolta occidentale. L’ambasciatore russo negli Stati uniti, Anatoly Antonov, ha parlato di «deliberata provocazione» e della volontà di Washington di infliggere a Mosca una «sconfitta strategica» attraverso la conduzione prolungata di una «guerra per procura», minacciando, però, la distruzione di tutti gli Abrams, considerati, al pari dei Leopard, armi esclusivamente offensive. 

Sulla stessa linea il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov che parla di una correlazione tra il «sostegno militare» occidentale e l’aumento delle sofferenze «del popolo ucraino». Peskov ha anche evidenziato la presunta «divisione» nel fronte alleato dicendo che l’Europa, in particolare la Polonia, ha «minacciato» la Germania di attuare una campagna di «isolamento internazionale». 

Parallelamente, l’ambasciata russa di Berlino ha espresso la propria delusione per la mossa tedesca, il cui governo «è venuto meno ala propria storica responsabilità nei confronti della Russia derivante dai crimini nazisti della seconda guerra mondiale». Vladimir Solovyev, giornalista russo vicino al Cremlino, parla, sulla tv russa, addirittura di «denazificazione della Germania» mentre scorrono le immagini dei Leopard. 

L’ambasciata russa in Italia ha inoltre diffuso un tweet in cui si vede bruciare un mezzo di trasporto precedentemente fornito dall’Italia e colpito in battaglia: un monito neppure troppo sottinteso al governo, i cui mezzi «bruciano tutti più o meno allo stesso modo». 

Militarmente, le forze russe sono pronte, secondo l’intelligence britannica, a schierare in Ucraina i carri T-14 Armata, un mezzo presentato come prototipo nel 2015 propagandato come «distruttore di Abrams». 

Enormi dubbi, però, sono stati sollevati sull’opportunità di questa mossa, dal momento che i T-14 sono da tempo in fase di sperimentazione e collaudo e non sono mai stati testati sui campi di battaglia. Inoltre, la produzione è limitatissima (poco più di una decina) rendendo così complesso riparare potenziali danni e sostituire i mezzi distrutti.

Lo scopo potrebbe essere, infatti, principalmente propagandistico, alla maniera dei test su tecnologie emergenti come i missili ipersonici

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