«Ma dov’è finito Bashar al Assad?», si chiede l’Orient-Le Jour, il principale quotidiano di lingua francese del Libano sull’orlo di una guerra tra le milizie sciite di Hezbollah e Israele, ricordando che il presidente siriano è vistosamente assente da mesi dalla sequenza che contrappone l’asse della resistenza araba allo Stato ebraico.

Uno strano appello incendiario rivolto a un despota, appena rientrato nella Lega araba dopo l’espulsione per le migliaia di morti della guerra civile e un nuovo punto interrogativo da aggiungere al grande puzzle geopolitico del Medio Oriente dopo la esecrabile strage di Hamas del 7 ottobre.

Così nel suo quarto viaggio nella regione da ottobre, in un tentativo finora in gran parte infruttuoso di rallentare il conflitto, il segretario di Stato, Antony Blinken, ha condiviso con il gabinetto di guerra israeliano ciò che ha sentito in due giorni di colloqui con Giordania, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, l’area moderata dei paesi arabi.

Il segretario di Stato ha detto ai leader israeliani che i paesi arabi moderati vogliono l'integrazione con Israele – anch'esso un obiettivo israeliano a lungo termine – ma solo se ciò include un «percorso concreto» verso uno Stato palestinese.

Ma il premier Benjamin Netanyahu ha sempre detto di opporsi ideologicamente a questa ipotesi di creazione di uno stato palestinese decisa con gli accordi di Oslo e il ministro per la Sicurezza nazionale e leader di estrema destra Itamar Ben-Gvir, ha esortato il diplomatico americano rovesciandogli addosso la massima di Teddy Roosevelt : «Segretario Blinken, non è il tempo di parlare dolcemente con Hamas, è tempo di usare quel grosso bastone».

Non esattamente la risposta alla moderazione per evitare la estensione del conflitto che Washington si aspettava in vista di una campagna elettorale per la Casa Bianca senza certezze.

Non solo. Blinken ha sollevato, sempre secondo la Reuters, l'«imperativo assoluto» di fare di più per proteggere i civili di Gaza e consentire che gli aiuti umanitari raggiungano la popolazione dei gazawi.

Non a caso il presidente americano, Joe Biden, aveva dichiarato nella notte che Washington stava silenziosamente spingendo Israele a ritirare alcune forze dalla Striscia.

Il New York Times ha riportato che privatamente gli israeliani hanno detto agli Usa che la famosa nuova fase del conflitto, quella con meno “bombardamenti indiscriminati” e più operazioni mirate, inizierà solo a fine gennaio.

Ma il problema di fondo è che ogni volta l’esecutivo di Tel Aviv sposta la deadline un passo più in là, senza spiegare nel dettaglio quale sia la possibile “exit strategy” del dopoguerra della Striscia. E intanto la situazione nella Striscia, con un bilancio di morti salito a 23.084 si fa sempre più drammatica dal punto di vista sanitario e di pura sopravvivenza alimentare, senza contare i bombardamenti e i raid aerei. Nelle ultime 24 ore sono rimasti uccisi 249 palestinesi e altri 510 sono stati feriti.

Da ultimo, la polizia israeliana ha bloccato il convoglio delle famiglie degli ostaggi israeliani diretti al valico di Kerem Shalom che volevano bloccare l'ingresso dei pochi e insufficienti aiuti umanitari a Gaza. Una trentina di persone sono state fermate ad Avshalom, non molto distante dal valico. I parenti degli ostaggi chiedevano che gli aiuti fossero condizionati al rilascio dei rapiti e alla possibilità che la Croce Rossa li visitasse in prigionia.

Un dialogo tra sordi

Con la quarta visita in Israele del Segretario di Stato, Antony Blinken in tre mesi si compie l'ennesima puntata di un dialogo tra sordi tra il premier Benjamin Netanyahu e il presidente Joe Biden, in forte calo nei sondaggi rispetto allo sfidante repubblicano, Donald Trump.

Il segretario Blinken, nella sua ultima missione per tenere a freno la guerra di Gaza, ha preso atto della nuova strategia di guerra israeliana.

Insomma, azioni mirate come quella rivolta a un alto comandante di Hezbollah, responsabile di decine di attacchi con i droni contro il Nord di Israele negli ultimi mesi, compreso l'ultimo attacco al quartier generale del Comando Nord dell'esercito di Israele a Safed, in cui è stato ucciso in un attacco aereo israeliano nel Sud del Libano.

Ali Hussein Barji, il comandante delle forze aeree di Hezbollah nel sud del Libano, è stato colpito in un'auto nella città di Khirbet Selm, poco prima del funerale dell'alto comandante di Hezbollah Wissam al Tawil, ucciso a sua volta l’altro ieri.

Il cambio di passo

Israele ha dunque rassicurato gli americani informalmente che le sue forze armate stanno iniziando a passare da una campagna terrestre e aerea su larga scala nella Striscia di Gaza a una fase più mirata nella guerra contro Hamas, e sperano che la transizione venga completata entro fine gennaio.

La rivelazione da parte di Israele è arrivata dal New York Times alla vigilia dell’arrivo del Segretario di Stato Antony Blinken in Israele per fare pressione di moderazione. Ma Washington è stanca di promesse mai mantenute e anche il ministro degli Esteri britannico David Cameron, rispondendo alle domande della commissione per gli Affari Esteri della Camera dei Comuni, ha affermato duramente: «Israele potrebbe aver intrapreso azioni tali da violare il diritto internazionale a Gaza».

Un segnale inequivocabile che per Netanyahu è tempo di dare prova di moderazione.

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