A due giorni dalla vittoria delle elezioni da parte dell’ex presidente Lula, gruppi sostenitori del presidente sconfitto Jair Bolsonaro hanno partecipato a un’azione di protesta con 230 blocchi stradali e autostradali in quasi venti stati del Brasile.

Ai blocchi stradali hanno anche partecipato migliaia di camionisti, sostenitori del presidente uscente e che più volte in segno di protesta hanno bloccato le autostrade negli scorsi anni. A quasi 48 ore dal voto tutti si aspettano il primo discorso di Bolsonaro. Secondo diversi analisti c’è rischio che non riconosca la legittimità della vittoria di Lula e che alimenti ancora di più le proteste dei camionisti.

Secondo un ministro della squadra di governo, Bolsonaro parlerà alla nazione il 1º novembre. Nel frattempo, la Corte suprema federale ha dato il mandato alla polizia militare di sgomberare tutti i tratti stradali bloccati dai camionisti e dai manifestanti. 

La protesta si diffonde anche sui social network e sulle app di messaggistica. Gli organizzatori delle manifestazioni scrivono Telegram di «resistenza armata» e stanno incitando i sostenitori del presidente Bolsonaro a radunarsi – bandiere alla mano –  davanti al quartier generale dell’esercito a Brasilia.

La transizione politica

Nel frattempo, però, i vertici dell’attuale amministrazione di Bolsonaro hanno stretto contatti con i collaboratori di Lula per avviare la consueta transizione politica che consiste nel passaggio di dati e informazioni al prossimo governo. Per ultimare le pratiche c’è tempo fino a gennaio quando Bolsonaro dovrà lasciare la carica.

In molti temono che possa verificarsi una situazione analoga a quella accaduta negli Stati Uniti dopo la vittoria di Joe Biden contro Donald Trump, quando al passaggio di consegne nel gennaio del 2021 migliaia di sostenitori del presidente repubblicano uscito sconfitto alle urne hanno preso d’assalto Capitol Hill. Una delle pagine più buie della democrazia contemporanea degli Stati Uniti.

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