L’ex presidente Donald Trump ha ufficialmente appoggiato Jair Bolsonaro nella sua candidatura per la rielezione. In un contesto di crisi economica e di affaticamento generale per l’estremismo del presidente brasiliano, il candidato rivale, l’ex presidente Lula da Silva, è in vantaggio dopo il primo turno: Bolsonaro ha superato il 43 per cento, contro il 48 per cento superato dal fronte guidato da Lula.  

In quale misura una lode di Trump può aiutare Bolsonaro? Di certo Trump crede che lo aiuterà e ha spiegato che «tropical Trump», come viene affettuosamente chiamato, «ha fatto un lavoro incredibile per il meraviglioso popolo del Brasile». E ha aggiunto: «Il presidente Bolsonaro ama il Brasile più di ogni altra cosa. È un uomo meraviglioso e ha il mio completo e totale appoggio!!!».

Amore reciproco

A livello personale l’amore è reciproco. In passato Bolsonaro è arrivato a dire di «amare Trump», ma è importante soffermarsi sulla centralità del culto del leader e sulla previsione di un’obbedienza totale da parte dei suoi sostenitori.

Questo tipo di rapporto non è raro tra fascisti e aspiranti fascisti. Nel 1923 Hitler disse: «Se un Mussolini tedesco fosse consegnato alla Germania, il popolo si inginocchierebbe e lo adorerebbe più di quanto Mussolini abbia mai fatto».

Bolsonaro condivide con Trump anche l’idea di mettere in atto una forma volgare ed esacerbata di macho-populismo, un tema centrale della campagna elettorale. Ad esempio, proprio come aveva fatto Trump nella campagna del 2016, Bolsonaro ha recentemente elogiato il suo pene e la sua potenza sessuale per enfatizzare la sua idoneità di candidato.

Tutto sommato, non è senza logica che un presidente indagato dai tribunali, che non è riuscito a gestire la pandemia ed è stato respinto dalla maggioranza degli elettori, che ha mentito e continui a mentire sul proprio risultato elettorale, sostenga un collega che ha esattamente le stesse caratteristiche.

Peggio ancora: Trump ha in seguito appoggiato la presa del parlamento il 6 gennaio 2021, fatta in suo nome e basata sulla grande menzogna che le elezioni gli fossero state rubate, con lo scopo di mantenerlo  permanentemente al potere nonostante il risultato delle elezioni. È a questo punto, e nelle ripetute minacce di Bolsonaro (che se perderà non riconoscerà i risultati delle elezioni), che emerge un reale pericolo fascista per il Brasile.

Ritorno al fascismo

Il mondo sta vivendo una trasformazione profonda: un tentativo di ritorno dal populismo al fascismo. Nel secolo scorso, il fascismo si è evoluto, i leader ne hanno rimodellato l’aspetto. Anche se il fascismo esplicito è scomparso dal potere dopo la Seconda guerra mondiale, le sue idee antidemocratiche sono sopravvissute, spesso combinate con varie correnti di populismo.

Nonostante la sua mancanza di originalità, Bolsonaro si distingue tra i leader autoritari contemporanei per essere, come Donald Trump, più vicino al fascismo di altri populisti. E a differenza di altri leader vicini al fascismo come Giorgia Meloni, Bolsonaro affronterà la sua, probabile, sconfitta elettorale non essendo disposto ad accettarla. 

Quattro elementi distinguono il fascismo dal populismo. Si tratta di pilastri fondamentali che il fascismo possiede e il populismo no.

Il primo è la violenza e la militarizzazione della politica. È accaduto in Spagna nella Guerra civile e anche nell’Italia fascista e nella Germania di Hitler. Tutti esempi catastrofici di come i problemi politici possano risolversi con la violenza. Il secondo è la menzogna, menzogna totalitaria ed estrema, che non solo distorce la realtà e crea realtà alternative nelle menti delle persone, ma tenta anche di creare una nuova realtà. Il terzo è la xenofobia: il razzismo e la demonizzazione totale del nemico immaginario interno. I fascisti sostengono che qualsiasi problema esistente (reale o inventato) debba essere spiegato e risolto attraverso l’odio per ciò che è diverso. Il quarto, infine, è la dittatura. Non c’è fascismo senza dittatura, anche se può esserci dittatura senza fascismo.

Storicamente sono stati eletti dei populisti, come Juan Perón, Getulio Vargas. O più recentemente Hugo Chávez, Cristina Kirchner o Silvio Berlusconi. Tutti loro, nonostante il loro autoritarismo, hanno riconosciuto la legittimità delle elezioni anche quando non hanno ottenuto buoni risultati o hanno perso.

Qualunque osservatore della politica brasiliana può notare che Bolsonaro, un profondo estimatore di lunga data delle dittature e dei dittatori, manca in sostanza del quarto elemento per diventare un fascista a tutti gli effetti.

Democrazie in pericolo

Nel suo discorso del Giorno dell’Indipendenza, e questo non è irrilevante, Bolsonaro ha definito la parte opposta come «il male». Le parole del presidente sono state le seguenti: «Il male che ha avuto una durata di quattordici anni nel nostro paese, che ha quasi distrutto la nostra patria e che vuole tornare sul luogo del delitto. Non succederà, il popolo sta dalla parte del bene». 

Gli permetterà questo argomento apocalittico di giustificare un colpo di stato in nome del “bene”? Sta promuovendo la violenza come quando nella sua precedente campagna presidenziale del 2018 ha affermato che i suoi oppositori politici, membri del Partito dei lavoratori, dovrebbero essere giustiziati?

Qualche ora dopo, un bolsonarista ha ucciso un collega che sosteneva Lula mentre discutevano sulle elezioni.

Come Donald Trump, Bolsonaro rappresenta un nuovo tipo di sovrano globale autocratico che è legalmente eletto, ma abbraccia anche elementi che figure populiste come Perón hanno trovato troppo controversi o addirittura troppo tossici: bugie totalitarie, glorificazione della violenza, razzismo e mezzi illegali come i colpi di Stato per distruggere la democrazia dal suo interno.

Trump potrebbe essere meglio considerato un “aspirante fascista”. È un populista che aspira a tornare a una forma di fascismo. Il suo governo non era fascismo a tutti gli effetti perché non è sceso nella dittatura. Ma avrebbe potuto esserlo se i suoi tentativi di conservare il potere dopo le elezioni del 2020 avessero avuto successo.

Questo è lo stesso pericolo di fronte al quale si trova la democrazia brasiliana. Bolsonaro è una specie di mini-Trump. Il “Trump tropicale” non solo condivide i falliti desideri fascisti di Trump, ma segue anche passo dopo passo il modello trumpista per distruggere la democrazia dall’interno.


Traduzione a cura di Monica Fava.

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